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Anas e il bilancio record di Fs

Vuoi vedere che l’ex ministro delle infrastrutture e Trasporti, Graziano Delrio, e l’ex amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Renato Mazzoncini, avevano visto lungo nel decidere di fondere le Fs con l’Anas, la società pubblica che gestisce le strade statali? Che l’operazione non era poi così balorda come per mesi l’hanno descritta l’attuale ministro Danilo Toninelli e il Movimento 5 Stelle? A rileggere le parole pronunciate dal nuovo amministratore delegato delle Ferrovie, Gianfranco Battisti, alla presentazione del bilancio consolidato 2018 e gli articoli di giornale che riportano i risultati, parrebbe proprio di sì.

Lo stesso Battisti ha segnalato i vantaggi dell’operazione, ammettendo esplicitamente che l’arrivo di Anas ha contribuito a cambiare le dimensioni del gruppo, a renderlo un player più forte a livello internazionale e a segnare tanti record. “Anas è parte integrante delle Ferrovie dello Stato e se la politica non decide diversamente, Anas è perfettamente integrata”, ha risposto in conferenza stampa. Dopo tutte le contumelie pronunciate in Parlamento e fuori, dello scorporo di Anas non c’è traccia. La politica, evidentemente, è contenta così.

Vediamoli, dunque, questi record: ricavi operativi a 12,1 miliardi contro i 9,3 miliardi del 2017 con un balzo del 30%, grazie all’apporto dei 2,319 miliardi di Anas; Ebidta a 2,476 miliardi (2,3 miliardi nel 2017) con un dato positivo di Anas per 284 milioni, utile netto consolidato a 559 milioni (552 milioni nel 2017), in aumento dell’1,3% con un apporto di 85 milioni di Anas. Record anche per gli investimenti che hanno toccato i 6,32 miliardi, su cui pesa il 22% destinato alle infrastrutture stradali mentre la posizione finanziaria netta è migliorata di 618 milioni a 6,7 miliardi. “E’ il risultato più importante della storia del nostro gruppo – ha commentato Battisti – risultato di un percorso iniziato nel 2006”, quando Fs perdeva 2 miliardi l’anno.

Ora spostiamo il calendario indietro di qualche mese, all’estate scorsa, quando la fusione Fs-Anas viene costantemente attaccata come operazione meramente finanziaria e clientelare, per distribuire stipendi più alti ai vertici. Fino ad arrivare al culmine dell’offensiva politico-mediatica: il 7 novembre, su richiesta diretta del ministro Toninelli, l’amministratore delegato Gianni Armani e i due rappresentanti in Consiglio d’amministrazione delle Fs rassegnano le dimissioni. La loro colpa? Aver promosso la fusione, tanto che Armani motiva le proprie dimissioni con un “in considerazione del mutato orientamento del governo sull’integrazione Fs e Anas”.

All’epoca Toninelli commentava via tweet: “Il vento sta cambiando anche in Anas. Al passato lasciamo sprechi, stipendifici e manovre meramente finanziarie. Per il futuro lavoriamo a una nuova Anas con meno gente dietro alla scrivania e più tecnici che progettano, costruiscono e mantengono sicure le nostre strade”.

Una settimana dopo, il 15 novembre, al question time al Senato il ministro ribadiva: “Esperti e operatori interessati consultati dal mio Dicastero sul tema dell’integrazione Anas in Fs hanno evidenziato dal punto di vista tecnico tutti gli elementi di debolezza dell’integrazione, anzitutto sul piano industriale, oltre alla totale mancanza di sinergie”. Nulla chiariva, però, Toninelli, né sui tempi dello scorporo della società delle strade, né sul futuro assetto azionario, né soprattutto sulla sua collocazione alternativa. Il rientro nel perimetro della Pubblica amministrazione, dove era prima, non è fattibile, i conti pubblici peggiorerebbero. E Fincantieri o Fintecna sono più improbabili delle ferrovie.

Dimenticate le promesse di presentare entro l’anno un decreto per scorporare Anas, nulla più si muove su quel fronte. Le sole novità arrivano dal pacchetto delle nomine: il 19 dicembre il Consiglio di amministrazione delle Fs, su indicazione del Governo e il via libera di Toninelli, ufficializza il nuovo vertice della controllata stradale, Claudio Andrea Gemme presidente e Massimo Simonini, nuovo amministratore delegato.

Da allora sullo scorporo di Anas scende un’impenetrabile cortina di silenzio. Vuoi vedere che l’unico obiettivo del “can can” era riprendersi le appetibili poltrone della società? Per citare un autorevolissimo politico della Prima Repubblica, a pensar male del prossimo si fa peccato ma spesso ci si azzecca.

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