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Cottarelli: con la spending review non si evita aumento Iva

Con la spending review “non c’è modo di trovare i 23 miliardi” che servono ad evitare gli aumenti dell’Iva “partendo adesso, con 5 mesi da qui alla legge di Bilancio”. Così Carlo Cottarelli augura buon lavoro a Laura Castelli e Massimo Garavaglia in qualità di commissari straordinari alla revisione della spesa. A ridimensionare il margine di manovra della spending review c’è anche l’Upb, come scrive nel suo rapporto sul Def: dopo le manovre di contenimento della spesa “dell’ultimo decennio”, “ulteriori riduzioni di spesa potrebbero essere ardue da realizzare”.

Nonostante “sia un po’ tardi per cominciare”, dice all’Ansa l’ex commissario alla spending review, intanto si potrebbe cominciare “a non aumentare le spese”, come si è fatto quest’anno con reddito di cittadinanza e quota 100 che sono “aumenti di spesa corrente che tra l’altro avranno pieno effetto dal prossimo anno”. In questi 5 anni, ricorda l’ex commissario alla spending, si sono aggiunti innumerevoli interventi, anche sotto forma di nuove detrazioni fiscali. Proprio sulle tax expenditures “ci sono tantissime voci” su cui negli anni non si è intervenuti perché “politicamente era difficile. Ora potrebbe essere più facile, se una revisione venisse inglobata in un taglio della pressione fiscale con il progetto della flat tax”. Bisogna poi stare attenti a come si tagliano i trasferimenti: “quest’anno – spiega ad esempio Cottarelli – si è tagliato a Ferrovie 2,5 mld ma alla cieca, senza dire come Ferrovie debba recuperare queste risorse”.

Costi standard, acquisti della Pa, ma anche il proliferare di bonus, a partire da quello per i diciottenni. Sono solo alcune delle voci dalle quali è possibile trarre risparmi di spesa secondo Carlo Cottarelli, che, interpellato dall’Ansa, ricorda come molte delle azioni avviate 5 anni fa quando era commissario alla spending review siano rimaste “aree non toccate”. Si va dagli uffici periferici delle amministrazioni centrali (a partire da quelli della Ragioneria dello Stato) alla presenza stessa sui territori degli uffici provinciali e regionali, che non sono “stati riorganizzati”. Anche sulle “forze di polizia non si è fatto quasi niente”, tranne l’intervento sulla Forestale “per qualche decina di milioni di risparmi”. Sugli acquisti “si sta avanzando troppo lentamente” e “non ci sono dati sulle centrali di acquisto regionale”. Tra i bonus da rivedere, per il direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici, anche lo sconto fiscale, introdotto l’anno scorso, per l’abbonamento ai trasporti pubblici “senza limiti di reddito”.

Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio invece “in prospettiva, le misure di revisione della spesa dovrebbero essere realizzate attraverso interventi più mirati”, orientati alla “riqualificazione” piuttosto che “al taglio delle risorse”. Tra l’altro, si ricorda, “non è stato avviato per il 2019 il processo di revisione della spesa” inserito nella riforma del Bilancio e il Def non individua “gli obiettivi di spesa dei Ministeri”. La mancata implementazione della spending ‘ordinaria’ impedisce “il pieno coinvolgimento delle amministrazioni nella razionalizzazione della spesa, limitando così l’implementazione delle innovazioni alla legge di contabilità che potrebbero contribuire al miglioramento della capacità di indirizzo e programmazione nella politica di bilancio”.

In generale nel documento l’Upb spiega che “la spesa primaria (ossia escludendo quella per interessi) delle amministrazioni pubbliche ha registrato dal 2010 una tendenza alla graduale riduzione dell’incidenza sul Pil delle sue principali componenti, con esclusione di quella relativa alle prestazioni sociali in denaro. Ciò è dipeso da incrementi di spesa in termini nominali contenuti e, in alcuni casi, anche da riduzioni in valore assoluto. Soltanto dal 2016 i tassi di crescita di tutte le componenti della spesa sono tornati a essere positivi sebbene a ritmi simili o inferiori a quelli di crescita del Pil determinandone quindi una stabilizzazione o una flessione dell’incidenza sul prodotto”.

Ora quindi altri tagli sono difficili perché ad esempio “nel pubblico impiego” eventuali “nuovi blocchi del turnover si scontrerebbero con il già avvenuto calo della dotazione di personale e con l’invecchiamento degli addetti, con le inevitabili conseguenze sull’efficienza complessiva dell’organizzazione e sull’utilizzo dell’innovazione tecnologica”. Insistere ancora “sulla spesa sanitaria rischierebbero di incidere sulla qualità dei servizi offerti oppure sul perimetro dell’intervento pubblico in questo settore”. In più nel documento si ricorda che “le prestazioni sociali sono state aumentate dagli interventi introdotti con la legge di bilancio per il 2019 e il decreto dello scorso febbraio” e la spesa, “nelle previsioni tendenziali del Def salirebbe dal 2018 al 2019 di 15,2 miliardi e nel triennio 2020-22 di ulteriori 33 miliardi in buona parte per effetto del reddito di cittadinanza e di quota 100”.

In prospettiva, per l’Upb, “le misure di revisione della spesa dovrebbero essere realizzate attraverso interventi più mirati, possibilmente più orientati verso la riqualificazione della spesa verso ambiti strategici e più innovativi piuttosto che al taglio delle risorse. In ogni caso si tratterebbe di misure che richiedono una chiara determinazione delle priorità delle politiche pubbliche e tempi di analisi e di realizzazione incompatibili con l’urgenza di reperire coperture finanziarie per la manovra”.

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