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Vino, le sfide della produzione di qualità

La storia della famiglia Toso si intreccia da oltre 100 anni e da quattro generazioni alla tradizione piemontese del vino, con un approccio sempre attento alla sperimentazione e alla ricerca di nuove sfide. Un’esperienza nata con il capostipite Vincenzo Toso, bisnonno degli attuali titolari, che nel 1910 trasferì la sua attività dall’astigiano (terra vocata al vitigno Barbera) a Santo Stefano Belbo nel cuneese, dove le colline erano invece vestite dai filari del Moscato. Ed è proprio in queste zone che l’attività di famiglia avrebbe messo radici durature. Nel susseguirsi delle generazioni alla guida dell’impresa familiare il Moscato d’Asti e l’Asti Spumante, come racconta Gianfranco Toso, attuale direttore generale, sono diventati i veri protagonisti della produzione dell’azienda.

Quali sono i vostri prodotti di punta?

Dal moscato bianco, la principale uva gestita dalla Toso, otteniamo ben tre tipologie di vino, che spaziano dal vino allo spumante, dal secco al dolce. Il Moscato d’Asti docg e l’Asti docg nella sua versione dolce sono i due vini che hanno maggiormente segnato la storia della nostra famiglia. Dal lavoro dell’agricoltore supportato da quello dei nostri enologi è nato uno spumante molto ben bilanciato, dai profumi aromatici e dal piacevole finale secco, che lo rendono ideale come aperitivo e adatto ad accompagnare l’intero pasto. Vinificando in assenza di solfiti, è nato Sarunè, il primo Asti secco docg senza solfiti aggiunti. Per ottenerlo è stata fondamentale la sinergia con gli agricoltori, che ci ha permesso di selezionare i vigneti con le caratteristiche più adatte.

Qual è la vostra quota di mercato in Italia nella produzione vinicola?

Nel 2018 la nostra azienda ha prodotto circa 25 milioni di bottiglie, per un totale di 200mila ettolitri, una quota molto bassa nel complesso del panorama vinicolo italiano, tuttavia importante per quanto riguarda spumanti e vermouth.

Secondo Riccardo Cotarella – presidente Assoenologi – la produzione vinicola italiana ha avuto difficoltà più complesse rispetto allo scorso anno perché è più semplice affrontare la siccità che l’eccesso di piogge e di umidità. Voi avete incontrato difficoltà in tal senso?

È certamente vero che un’annata siccitosa come quella del 2017 avrebbe potuto presentare delle difficoltà, ma ci ha anche fornito uve di eccellente qualità e, grazie all’ampiezza del nostro bacino di viticoltori, siamo riusciti a trovare un equilibrio tra le uve provenienti dalle zone più secche e quelle coltivate nelle zone più fresche. Allo stesso modo, anche se con caratteristiche opposte, il 2018 è stata un’annata che ha presentato delle sfide a livello di produzione. L’andamento climatico è stato generalmente molto piovoso, ma la metà di agosto, con una buona escursione termica tra giorno e notte, ci ha regalato un profilo aromatico molto ricco. La gestione attenta del vigneto e la sinergia tra i nostri tecnici e gli agricoltori, infine, ci hanno permesso di ottenere, nonostante le possibili difficoltà, uve di buona qualità.

L’Italia torna ad essere leader mondiale nella produzione di vino. 55,8 milioni di ettolitri (+21% rispetto al 2017). Voi come affrontate la sfida della concorrenza nazionale?

Credo che il picco di crescita del 2018 vada visto in un’ottica complessiva di crescita e diminuzione del volume di produzione vinicola italiana, che ha portato, negli ultimi 10 anni, ad annate molto ricche, come quella del 2018, che si sono alternate ad annate più scarse, come quella del 2017. La crescita del 2018 è stata, comunque, molto evidente, ma non ritengo debba essere vista come una sfida da parte dei possibili concorrenti sul territorio nazionale, bensì come un’opportunità, per tutte le aziende del settore, di poter lavorare sulla qualità del prodotto e far crescere il made in Italy. La nostra azienda, in particolare, si trova in un territorio in cui eccellenza e qualità sono concetti fondamentali. Le materie prime che ci regala il nostro territorio, infatti, sono materie prime eccellenti e le aziende hanno il dovere di lavorare sulla qualità del proprio prodotto, per ottenere,appunto, prodotti di qualità.

Cosa pensa dell’intenzione del Ministro Centinaio di limitare le barriere doganali (tariffarie e non) che oggi penalizzano l’esportazione dei vini italiani in alcuni Paesi, per favorire accordi internazionali che aiutino a combattere le imitazioni?

Ritengo che qualsiasi aiuto da parte delle istituzioni per favorire l’esportazione e la presenza delle aziende italiane all’estero non possa che essere considerato in modo estremamente positivo. Per quanto riguarda la nostra azienda, l’estero vale complessivamente il 65% del fatturato.

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