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Lo spread usato per intimorire (cit. Salvini)

Lo spread usato per intimorire, copyright il vicepremier Matteo Salvini, è un concetto che spiega molto. C’è qualcuno che manovra per intimorire (i soliti poteri forti), qualcuno che deve essere intimorito (l’elettore) e qualcuno che può impedirlo (il fronte sovranista in Europa e la Lega in Italia). E’ una rappresentazione di parte che ha una sua coerenza. Soprattutto a dieci giorni dalle elezioni europee. Le parole di Salvini non ne fanno mistero. “Stanno tentando gli ultimi colpi di coda perché hanno capito che l’Europa può cambiare”, dice parlando a San Severo, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se fosse preoccupato per l’aumento dello spread. “Con il voto del 26 maggio – sottolinea il ministro dell’Interno – non solo in Italia, in Olanda si può cambiare rimettendo al centro il lavoro, la famiglia, i diritti e non la finanza e il business. Quindi usano lo spread per intimorire”.

Quindi, la teoria è lineare. Disinteressarsi dello spread, manovrato per intimorire, vincere le elezioni e cambiare le regole. Potrebbe avere un senso se la realtà fosse in qualche modo legata alla narrazione. Il problema principale, non tanto per Salvini e per la Lega ma soprattutto per il Paese, è che le cose non stanno così. A muovere lo spread sono banalmente gli investitori (chi scommette denaro per guadagnare) e lo spread si muove in base al livello di fiducia che il Paese può assicurare. Per questo pesano le parole di chi ha responsabilità di governo, come certificato dalle analisi indipendenti di due banche come Unicredit e Mps. Chi rischia di essere intimorito (sempre l’elettore) è sicuramente sensibile alle conseguenze dell’aumento dello spread (perde soldi, sempre banalmente) ma lo è anche rispetto alla propaganda elettorale. Anche per questo, per evitare che si diffonda il timore, che poi è la sfiducia che frena l’economia, sarebbe meglio raccontare la realtà, rinunciando a un po’ di narrazione, tenendo magari lo spread entro una soglia ragionevole.

Questo, soprattutto perché una vittoria del fronte sovranista alle prossime elezioni non produrrebbe altro che un sostanziale inasprimento dei vincoli che impediscono all’Italia di creare altro deficit lì dove c’è un enorme debito accumulato. A meno che non si pensi veramente che si possano sciogliere i legami economici che legano i Paesi membri. E su questo fronte, la replica più efficace è del ministro dell’Economia Giovanni Tria: “Mi aspetto che l’atteggiamento (della Commissione Ue, ndr) rimanga uguale, abbiamo un’interlocuzione continua e quella rimarrà dopo le elezioni”. Dopo il voto “la Commissione resterà la stessa per un po’”, aggiunge.

Invece, tornando a Salvini, è ancora il momento delle promesse. “Se gli italiani ci fanno forza col voto del 26 maggio, sono convinto che riusciremo a ridiscutere i vincoli europei per abbassare le tasse e rilanciare il lavoro in Italia. Spero che gli amici dei 5Stelle, come previsto nel contratto, sostengano questa battaglia di giustizia fiscale”, dice, annunciando che “è pronta” la proposta della Lega per la riduzione delle tasse. Una priorità assolutamente condivisibile, per cui però servono risorse disponibili. Che l’aumento dello spread, inevitabilmente, brucia.

 

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