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Cina, la terza via digitale

Mentre continuano le schermaglie commerciali tra Usa e Cina il mondo resta ignorante sulla grande strategia digitale del dragone (conosciuta come Digital Silk Road).

Tutti conoscono ObOr (One Belt One Road): congiungerà la Cina al resto del continente euroasiatico (spingendosi sino ai confini dell’impero verso le lontane provincie Europee e il continente africano). Questo progetto ha notoriamente 2 grandi direttive. Quella terrestre, attraverso il Centro Asia e quella marittima, circumnavigando l’India facendo tappa (a seconda delle rotte) in Pakistan, Iran, Djibouti e sbarcando nel mediterraneo (Pireo e ltalia).

Esiste una ‘terza via’ che sfugge a molti. La sfera sottomarina, nello specifico la strategia dei grandi cavi a fibre ottiche: è una partita tutta da giocare e dove la Cina sta facendo passi da gigante.

Facciamo un passo indietro per comprendere il futuro.

Uno dei grandi successi dell’impero britannico, nel massimo del suo splendore durante il Commonwealth, fu la sua strategia dei cavi telegrafici. Le comunicazioni via telegrafo tra Londra, Mumbay, Canada e tutti gli altri territori dell’Impero erano la spina dorsale di uno dei sistemi di comunicazione più ramificati dell’epoca. In gergo la rete di cavi telegrafici era conosciuta come All Red Line.

La superiorità dell’impero britannico nel campo delle telecomunicazioni d’allora, si suggerisce spesso, sia stato alla base del suo successo in ambito commerciale.

99% del mondo digitale nei cavi

Oggi, parlando di telecomunicazioni, siamo tutti concentrati sulla tecnologia wireless 5g. Si tende a dimenticare che circa il 99% delle comunicazioni digitali passa dai cavi a fibre ottiche sottomarini.

Tutti i settori della nuova industria 4.0 (e relativi servizi) devono la loro efficienza ai cavi dati sottomarini.

Il sempre citato “Internet of things (case smart dove il frigorifero parla con il forno per decidere cosa cucinare e ordina tutto via internet)”, così come i sempre più numerosi contenuti video che passano attraverso piattaforme quali Instagram, Facebook, Netflix o le dirette streeaming, i servizi finanziari i quelli di gaming online, creeranno una mole di dati oggi ancora inimmaginabile.

Ma il 99% di questi dati una volta trasportati via etere a una centralina (il banale modem di casa) faranno il resto del viaggio su un supporto fisico. Per girare il mondo questi dati useranno i cavi sottomarini.

Consideriamo inoltre il mondo degli e-commerce (Amazon o Yoox in occidente, Alibaba in Cina): ci si accorge facilmente come un servizio che noi diamo per scontato è strettamente legato alla banda digitale sottomarina.

Neil Patel, un guru del mondo digitale, spiega come il carrello di un e-commerce viene abbandonato spesso in caso vi sia scarsa responsività (o lentezza) nella fase di acquisto. Immaginiamo se un domani i siti e-commerce che devono la loro velocità di fruizione al digitale cinese fossero veloci il doppio di quelli occidentali. Dove comprerebbe l’utente?

Parliamo di Hardware

Se osserviamo la mappa attuale dei cavi ottici sottomarini notiamo subito una cosa. I collegamenti Europa & Usa, Usa & Est Asia sono molti. Tuttavia i cavi che collegano la Cina (o in generale l’est asiatico) & l’Europa o ancora l’Africa ed Est Asia sono pochi.

Lo sviluppo dei cavi sottomarini, da parte della Cina (e consorzi da essa partecipati), è un capo saldo della strategia di ObOr. Per dare un idea attualmente lo sviluppo di cavi sottomarini che collegano la Cina si compone di 10 unità. Le aziende cinesi operano con una forza totale (in Tbps, terabyte per secondo) di 43.4 Tbps. Verso gli Stati Uniti il cavo principale è il Trans-Pacific Express (TPE). Il New Cross Pacific (NCP) è in costruzione e ci si aspetta divenga operativo entro fine 2019. Il cavo China-US Cable Network (CUCN) è stato dismesso nel 2016. I principali cavi sottomarini nel Sud Est Asiatico includono l’Asia Pacific Gate (APG), South-East Asia Japan Cable (SJC), Asia Pacific Cable Network 2 (APCN2), East Asia Crossing (EAC), e il City-to-City (C2C).

I principali cavi sottomarini verso l’Europa sono il South-East Asia – Middle East – Western Europe 3 (SEA-ME-WE 3, or SMW3), il Fiber-Optic Link Around the Globe (FLAG), e il Asia-Africa-Europe 1 (AAE-1).

“La strategia di sviluppo digitale cinese ha un taglio estremamente pratico. Ha scelto di operare velocemente e di sostenere le proprie aziende e il loro business nel mondo. Una modalità, quella cinese, che ha permesso una penetrazione virale nei continenti (ex Cina) dove le aziende del dragone operano: Africa, Medio Oriente, Centro Asia e America Latina. Di fatto la Cina in questo modo riesce a dotarsi di ambasciatori commerciali, le aziende stesse, che diffondono la sua strategia e presenza digitale interagendo anche con i fornitori locali, autoctoni” ha sottolineato Federico Protto di Retelit, azienda di TLC e partner italiana del consorzio del cavo sottomarino AAE-1 (Africa-Asia-Europe-1) che unisce il Mediterraneo e Hong Kong passando per Bari. Il gruppo ha concluso inoltre, circa due anni, fa un accordo ventennale per la vendita anni di 1,1 Tbps di capacità proprio del cavo, con un primario player internazionale asiatico di telecomunicazioni, operativo a livello internazionale.

Per comprendere come le strategie della ObOr acquatica siano integrate in quella sottomarina consideriamo l’esempio due porti. Gwadar, una delle posizioni chiave della strategia commerciale navale cinese. Il porto è anche un landing point per i cavi sottomarini. Lo stesso si può dire del Djibouti: il porto, ammodernato con i soldi cinesi, ha un landing point ai cavi sottomarini verso e dalla Cina e, di fatto, quella piccola nazione, rappresenta un collo di bottiglia per i passaggi di cavi sottomarini dall’Asia e Africa verso l’Europa.

In entrambi i casi il punto di emersione dei cavi sottomarini (appunto chiamati in gergo landing point) è quello di partenza da cui si diramano i cavi verso server farm e tutte le infrastrutture hardware digitali che poi servono l’intera nazione e l’area geografica delle nazioni vicine.

Per intenderci la stessa cosa succede al cavo AAE-1 che sbarca a Bari a cui sono agganciati data center di operatori TLC.

Anche l’Africa, oltre ad Asia e pacifico, sta acquisendo banda e tecnologia divenendo digitale in tempi record. Queste nazioni si abitueranno a soluzioni digitali cinesi e ne saranno dipendenti. Per comprendere cosa c’è in gioco si pensi a come possa essere “traumatico”, come utente medio, il passare da un ambiente Apple ad uno Windows. L’approccio cinese è molto veloce e conta sul supporto di un’intera industria e legislazione nazionale favorevole all’espansione digitale. L’esempio di servizi e strutture proposte alle smart city (fuori dalla Cina) ci arriva da Kuala Lumpur dove Alibaba ha fornito la sua versione di “AWS Amazon” chiamata city Brain. Una infrastruttura per rendere più smart la città. City Brain utilizza i bigdata e le IA (algoritmi per la precisione) sfruttando le capacità di gestione dell’ecosistema del cloud di Alibaba. In Cina questo processo ha già avuto un grande successo nella città natale di Alibaba, Hangzou. “Le infrastrutture e la competenza digitale sono oggi il vero valore aggiunto che muove l’economia. Non a caso si parla di quarta rivoluzione industriale che è basata proprio sulla digitalizzazione dei processi per cui è fondamentale avere una rete di connettività ad alta capacità e velocità. L’Europa in questo è rimasta un po’ indietro, al contrario di Stati Uniti e Cina, in particolare quest’ultima, che hanno un passo più veloce, grazie ad investimenti strategici e ad una progettualità a lungo raggio”. Conclude Federico Protto di Retelit.

Psicologia dell’innovazione e dipendenza delle nuove generazioni

Il cambiamento veloce e l’accesso a banda larga sui dispositivi mobili hanno fatto si che ormai in tutta l’Asia chi ha un cellulare sia digitalizzato e dipendente da queste soluzioni di comunicazioni, in un modo più esasperato rispetto ad Americani o gli stessi giapponesi. L’anno scorso le vendite di smartphone indiani hanno superato quelle in America. Esiste un diffuso ottimismo da parte delle popolazioni di queste nazioni emergenti verso la tecnologia. Ottimismo che ha portato a supportare, anche a livello di consenso popolare durante i confronti tra la società civile e i decisori politici nazionali, una rapida diffusione di strategia digitali per risolvere problemi generati da storiche lacune infrastrutturali e/o economiche (pensiamo al sopra citato caso di Kuala Lumpur).

Questo scenario per le bigdata cinesi è ideale.

Lo stesso Jackma ha dichiarato che “(…) pensiamo che l’e-commerce e internet siano delle grandi opportunità. Andiamo in molte nazioni dove esiste una popolazione giovane, curiosa e una serie di realtà di Pmi che ancora necessitano di una integrazione digitale, mentre alle grandi aziende non gli serviamo più di tanto”.

Alibaba e Tencent forniscono differenti servizi che coprono varie aree di vita del consumatore digitale. Questo ha permesso loro di acquisire mole di dati impressionanti (da fare invidia ai Big Data Occidentali).

Cosa corre sul digitale cinese?

Se osserviamo cosa corre sulle reti cinesi, se cosi possiamo dire, la parte del leone la fa la applicazione Wechat: sconosciuta a noi occidentali, per i cinesi è praticamente fondamentale. È un po’ come unire Facebook, WhatsApp, Google, Instagram ed aggiungere sistemi finanziari quali pagamento e trasferimenti di valuta. WeChat è evoluta ormai in un ecosistema completo, qualcosa che in occidente ancora deve succedere. Se consideriamo la diaspora cinese (coloro che lavorano all’estero come Expat) usano tutti Wechat. In pratica questa piattaforma, con tutti i prodotti finanziari e di comunicazione ad essa legati, si sta espandendo in modo virale. Le nazioni più interessate sono ovviamente quelle con cui la Cina ha maggiori interessi commerciali: Asia, Centro Asia, Africa e lentamente il Latino America. Unendo i servizi finanziari, i servizi di e-commerce e tutte le altre applicazioni legate a sicurezza e Pubblica Amministrazione digitale possiamo comprendere come la strategia digitale cinese eclissa di gran lunga, per visione e proiezione futura, le strategie navali e terresti di ObOr. Se andiamo fondere in un’unica realtà (la digital silk road appunto come menzionata in origine) gli elementi descritti possiamo comprendere con facilità come la “terza via” di ObOr, One Belt One road, sia una strategia molto più complessa e articolata di quello che si pensi. In sinergia con gli investimenti infrastrutturali importanti, sul fronte terrestre e navale, ci sono quelli digitali, forse meno evidenti per i più ma, in verità, essi rappresentano il vero futuro della Cina.

Dove le miniere, le autostrade e le ferrovie hanno definito il successo economico cinese nel continente e all’estero in questi decenni, la strategia cinese digitale è il passaggio evolutivo dal mondo “fisico” al mondo digitale che definirà nei prossimi decenni. Ricordiamoci che la supremazia nelle comunicazioni del Commonwealth britannico aiutò “l’impero” ad espandersi e restare stabile e forte per almeno un secolo.

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