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I fondi sovrani si rifugiano nell’oro. E all’Europa preferiscono la Cina

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I fondi sovrani, con loro le banche centrali, sembrano aver trovato due risposte principali a un contesto economico mondiale incerto. Hanno scelto infatti di puntare su un mercato più in forma di quello europeo, ovvero la Cina, e su un bene che garantisca un certo grado di solidità: l’oro. Nel 2018 hanno acquistato 651,5 tonnellate di oro, per la precisione, il secondo picco più alto di sempre (+74% rispetto al 2017). Le due tendenze emergono dall’ Invesco Global Sovereign Asset Management Study, il report annuale che analizza le attitudini all’investimento condotto con interviste a 139 singoli investitori sovrani e responsabili di banche centrali di tutto il mondo (71 banche centrali rispetto alle 62 del 2018), rappresentativi di asset per 20,3 trilioni di dollari.

Dal rapporto di Invesco risulta che un investitore sovrano su tre ha diminuito le proprie allocazioni nel 2018 nel Vecchio Continente e un numero analogo intende procedere nello stesso modo nel 2019. Solo il 13% prevede quest’anno di incrementare le allocazioni all’Europa rispetto al 40% che aumenterà quella all’Asia e al 36% che aumenterà le allocazioni ai mercati emergenti.

Quanto gli altri risultati, reduci da un 2018 difficile, gli investitori sovrani le cui performance si stanno indebolendo, in linea peraltro coi mercati mondiali, si stanno spostando dall’azionario verso il comparto obbligazionario. Tuttavia, il contesto incerto, unitamente a una Federal Reserve sempre più aggressiva, ha indotto alcune banche centrali a trovare una sicurezza nelle allocazioni nell’oro. Oltre un terzo (35%) delle banche centrali ha incrementato le allocazioni nel corso degli ultimi tre anni, e il 32% prevede ulteriori aumenti nei prossimi tre anni, ma nel complesso gli investimenti in oro rimangono attorno al 4% dei portafogli complessivi di riserva. Gli intervistati hanno segnalato alcune difficoltà legate all’oro come bene di riserva tra cui la volatilità, i costi di deposito e le implicazioni politiche della vendita.

Sempre le banche centrali, in cerca di diversificazione e di alternative ai rendimenti negativi dei titoli di Stato (soprattutto in Europa) e al dollaro Usa, puntano sui depositi bancari. Il principale beneficiario è stato il renminbi e tra il 2017 e il 2018 le allocazioni alla valuta cinese hanno superato quelle al dollaro australiano e canadese con il 43% delle banche centrali che ora detiene renminbi in portafoglio a fronte del 40% nel 2018. Oltre un quarto (27%) prevede di aumentare le riserve di renminbi nel 2019.

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