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Suolo e clima a rischio. La ricerca può salvarli

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Il Rapporto speciale che l’International Panel on Climate Change (IPCC) ha reso noto nelle scorse settimane lancia l’allarme su una tematica cruciale per il clima, la sopravvivenza di milioni di esseri umani e la salute del Pianeta: si tratta del grave degrado del suolo e della desertificazione causati dal cambiamento climatico che minaccia l’agricoltura e la stessa sicurezza alimentare per il crescendo di eventi atmosferici estremi, come le ondate di calore e le precipitazioni molto intense.

L’IPCC avverte che siamo di fronte ad un vero e proprio circolo vizioso: al centro vi è il suolo, risorsa essenziale per fronteggiare il cambiamento climatico grazie anche alla capacità di ‘assorbire’ emissioni, ma il suo eccessivo sfruttamento con pratiche agricole, di allevamento e di deforestazione intensive, accelera il global warming che, a sua volta, impatta sulla salute del suolo. E un suolo degradato è meno produttivo, meno capace di assorbire carbonio. Un suolo degradato amplifica la crisi.

Questa minaccia accomuna i Paesi più avanzati, che rischiano gravi situazioni di stress e depauperamento dei suoli, e le aree meno sviluppate e più povere del Pianeta dove, soprattutto nelle regioni tropicali e subtropicali, il cambiamento climatico ha già causato desertificazione, degrado del territorio, calo di rendimento delle colture e insicurezza alimentare. Oggi oltre 500 milioni di persone vivono in zone desertificate e più di 800 milioni soffrono di malnutrizione cronica. In futuro, se si raggiungesse un riscaldamento globale di 2.5°C, l’impatto sulle produzioni agricole e le difficoltà a reperire cibo potrebbero innescare vere e proprie emergenze, specialmente nelle nazioni più povere, con tutte le conseguenze che ciò può comportare anche in termini di migrazioni di massa e conflitti.

E anche il nostro Paese subisce già adesso le ricadute negative dell’innalzamento delle temperature e dei fenomeni estremi, con danni a livello idrogeologico, per l’agricoltura, la scarsità di acqua e la progressiva salinizzazione delle falde, fino al moltiplicarsi di fenomeni di aridità e desertificazione soprattutto al Sud.

Come affrontare, allora, un’equazione altamente complessa, che richiede di evitare pericolose ‘competizioni’ sull’utilizzo del suolo e frenare l’ulteriore degrado degli ecosistemi, quando le attività umane hanno già danneggiato circa un quarto della superficie terrestre non coperta da ghiaccio? E come nutrire una popolazione mondiale che a metà secolo avrà raggiunto i 10 miliardi di persone e, allo stesso tempo, contrastare il riscaldamento globale? E ancora, come ridurre gli sprechi di cibo (un terzo degli alimenti prodotti, secondo le stime) che persistono, per motivazioni diverse, nei Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, per diminuire le emissioni di gas serra e migliorare la sicurezza alimentare?

Il messaggio dell’IPCC è chiaro: è necessario un cambio di paradigma urgente nelle abitudini di consumo, nelle pratiche agricole e nell’uso del territorio, puntando su una gestione sostenibile delle risorse, sul riuso delle materie prime, sulla riduzione degli sprechi, sul contrasto a pratiche agricole iper-intensive e alla cementificazione incontrollata che stanno portando alla sistematica perdita degli ecosistemi naturali. E, a livello nazionale, sarebbe necessaria una revisione delle politiche di gestione del territorio che metta al primo posto la conservazione e il ripristino degli ecosistemi e dei suoli degradati, che incentivi la riforestazione, la piantumazione di alberi a livello urbano e che riduca in maniera decisa l’uso del suolo.

In questo contesto, il mondo della ricerca può dare un contributo efficace ed effettivo a un cambio di passo sostanziale, rendendo disponibili soluzioni tecnologiche innovative, servizi, proposte, diffusione di buone pratiche, progetti, ma anche dati e analisi di scenario a livello scientifico e di supporto alle decisioni strategiche dei policy makers sul clima.

L’Enea è da tempo impegnata in questa direzione, nell’ambito della sua mission di Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile e di Agenzia Nazionale per l’efficienza energetica. Centinaia di ricercatori e tecnologi dei nostri centri di ricerca lavorano in progetti nazionali ed europei che spaziano dalla gestione sostenibile dei territori, dell’agricoltura e delle risorse naturali all’eco-innovazione di processo e di prodotto in una prospettiva di economia circolare, dall’uso efficiente delle risorse alle tecnologie per il riuso ed il riciclo, dalla riduzione degli sprechi alla produzione di beni a basse emissioni di gas a effetto serra, al monitoraggio dell’ambiente e quello del territorio. Siamo inseriti nei principali progetti e programmi internazionali dedicati alla ricerca sul clima e possiamo contare sulle infrastrutture di calcolo e tecnologie avanzate fornite dal supercomputer CRESCO, che figura fra i 500 più potenti al mondo.

In questo quadro, la ricerca ENEA si concentra sullo sviluppo di modelli per la valutazione degli impatti idrologici e agricoli del riscaldamento del clima per fornire supporto scientifico alle istituzioni politiche ed amministrative e sullo studio dell’area Euro-Mediterranea, riconosciuta come particolarmente vulnerabile dall’IPCC anche in considerazione dell’alta densità abitativa e dello sfruttamento economico intensivo.

Su questo fronte, siamo i coordinatori del progetto europeo MED-GOLD che ha fra i suoi partner Barilla, il Barcelona Supercomputing Centre, il Joint Research Centre della Commissione Europea, il Met Office britannico, il National Observatory of Athens e l’Università di Leeds, in Gran Bretagna. Finanziato dal programma quadro dell’Unione europea Horizon 2020, l’obiettivo MED-GOLD è di sviluppare servizi climatici innovativi per gestire i rischi di perdita dei raccolti o di calo delle rese a causa della diffusione di organismi nocivi, di disastri naturali come ondate di calore, alluvioni o inondazioni e di altri potenziali pericoli per vite, olivo e grano duro, le principali colture dell’agricoltura della regione mediterranea. E il nostro laboratorio di modellistica climatica e impatti di recente ha contribuito al miglioramento del modello di clima europeo, sviluppando un modulo numerico in grado di riprodurre in maniera più realistica la variabilità della vegetazione, l’uso del suolo e le complesse interazioni tra cambiamento climatico, desertificazione e degrado del suolo. Il nuovo modello europeo è ora in grado di fornire previsioni molto più accurate delle principali variabili climatiche (tra le quali temperatura e precipitazioni) e di stimare le probabilità di alterazioni climatiche nei prossimi anni, con importanti ricadute sul settore energetico ed agricolo.

Si tratta solo di due esempi di attività che vengono portate avanti con forte determinazione nella convinzione che la problematica del cambiamento climatico e dei suoi impatti ambientali, ma anche sociali ed economici, debba essere affrontata con tutti gli strumenti disponibili e con un rafforzato impegno anche sul lungo periodo, un approccio trasversale che coinvolga la sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali, l’efficienza energetica e, non da ultimo, lo sviluppo di tecnologie innovative di frontiera, come ad esempio la fusione nucleare che apre grandi prospettive anche sul fronte del cambiamento climatico.

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Clima, volontari anti desertificazioni rinforzano un barriera contro la sabbia a Zhangye, nella provincia cinese di Gansu, il 27 marzo 2018. Ap Images.

 

Nel 2014 Federico Testa è stato nominato Commissario dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ente di ricerca pubblico che si occupa di tematiche energetiche e ambientali. È diventato presidente Enea nel 2015. Professore ordinario di economia e gestione delle imprese presso l’Università di Verona, alle elezioni politiche del 2008 è stato eletto deputato per il Partito Democratico.

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