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Radio, l’avviso Agcom: garantiremo il pluralismo, anche su M&A

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Al momento Rai e Mediaset, nella radiofonia, se la giocano praticamente alla pari, ma solo se nel conto dei fatturati si calcola anche il canone. Altrimenti contando solo i ricavi da pubblicità, nel settore radio il gruppo che fa capo a Silvio Berlusconi è diventato in questi ultimi anni il principale operatore. Non ha raggiunto quote di mercato tali da costringere l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ad intervenire per riequilibrare il livello di concorrenza del comparto. Ma a fronte di eventuali ulteriori acquisizioni future, molto probabili nel settore secondo l’Autorità, verranno valutate attentamente per evitare che l’aumento della concentrazione si trasformi in una riduzione di concorrenza e pluralismo.

L’avviso è contenuto nelle conclusioni dell’Analisi delle posizioni dominanti nel settore dei servizi radiofonici che l’Agcom ha pubblicato nei giorni scorsi. Proprio mentre nel dibattito politico, il movimento cinque stelle sta cercando di far approvare una legge più stringente sul conflitto d’interessi, arriva l’analisi di mercato nel settore della Radio che mostra la Fininvest, di proprietà della famiglia Berlusconi, in forma smagliante e che nell’ultimo triennio ha ampliato in modo consistente, oltre 16 punti, la propria quota di mercato nel settore mentre la Rai è rimasta a guardare.

Il lavoro è la seconda parte dell’analisi avviata alla fine del 2015, con l’obiettivo di individuare i mercati rilevanti, gli attori del sistema, saggiarne la forza e i rapporti, ma anche il loro modo di fare impresa guardando sia alle tematiche concorrenziali sia alla tutela della pluralismo delle fonti informative che l’Agcom è chiamata a salvaguardare. Quello che viene fuori è la descrizione di un mondo decisamente effervescente e dai numeri tutt’altro che marginali, soprattutto sotto il profilo del pluralismo politico.

L’editoria radiofonica fattura oltre 600 milioni, compresi i canoni Rai, operano più di 1000 emittenti che trasmettono in analogico, digitale e anche in streaming e vi prestano l’orecchio poco meno di 26,5 milioni di italiani ogni giorno, oltre il 51% della popolazione, e questo contando solo gli ascolti dei principali network nazionali e la sintonizzazione unica, altrimenti si sale a 35,5 milioni e passa.

A livello nazionale oltre alla Rai che conta la bellezza di 10 diversi marchi oltre ai tre canali principali e le edizioni regionali nelle regioni a statuto speciale. Segue Radiomediaset a cui fanno capo, Radio Studio 105, Radio Subasio e Radio Aut, RMC Italia e al 99% la società Virgin Radio Italy. Elmedia che fa capo al gruppo editoriale l’Espresso esercita tre concessioni radiofoniche (Radio Deejay, Radio Capital, m2o). Poi c’è la famiglia Suraci che controlla Rtl 102,5 Zeta e Radio freccia, una radio dedicata alla musica, che altri non è che la vecchia Radio Padania, riconvertita dalla cattiva gestione leghista. Un posto di rilievo lo raggiunge anche Radio Maria.

Sono proprio i big che si sono conquistati la gran parte delle risorse pubblicitarie del sistema. Come ha rilevato l’autorità garante: “considerando le emittenti radiofoniche e le concessionarie di pubblicità che hanno realizzato ricavi si osserva come, nel 2017, circa il 12% siano riconducibili al mercato nazionale, mentre il restante 88% opera in ambito locale. La distribuzione delle risorse economiche evidenzia, invece, una ripartizione opposta. L’incidenza sul totale dei ricavi dei soggetti attivi nel mercato nazionale si attesta fra il 76% e il 78% . La restante parte delle risorse (fra il 22% e il 24%) è, invece, realizzato dagli operatori”.

La Rai la fa da padrona e da sola ha assorbito il 17% delle risorse complessive del mercato, grazie ai 120 milioni di canone annui che vengono dati alla concessionaria del servizio pubblico. Al secondo posto si colloca il Gruppo Fininvest con una quota in decisa crescita in tutti gli anni osservati che ha raggiunto il 15,4% (registrando un incremento di 11 punti percentuali rispetto al 2015). Più staccati tutti gli altri: RTL nel 2017, ha raggiunto una quota del 13,5%. Seguono GEDI e Radio Dimensione Suono che ottengono quote rispettivamente del 12,9% e del 9,2%.

L’autorità registra la forza economica di Rai e Radiomediaset, ma sostiene che al momento gli indicatori di concentrazione del mercato, applicati al totale dei ricavi del settore, non hanno fatto scattare i campanelli di allarme per nessuno dei due operatori. Ma i problemi non ci sono solo se si guarda al totale degli introiti. Viceversa, se si tiene conto dei soli ricavi pubblicitari, canone escluso, il quadro cambia decisamente.

Sempre con gli occhi rivolti a Fininvest, l’Autorità, spiega che la consistente evoluzione della quota di mercato del gruppo di proprietà di Silvio Berlusconi è il frutto di acquisti multipli prima con l’acquisto del controllo esclusivo del Gruppo Finelco nel 2016 e, successivamente nel 2017, con quello di Radio Subasio e Radio Aut. E infine attraverso l’acquisizione della società RMC Italia, nel 2018”

Una intenza campagna di acquisizioni che ha fatto sì che le quote di mercato calcolate considerando solo i ricavi pubblicitari hanno” portato Radiomediaset, ad una quota del 21% nel 2017, in crescita di 16 punti percentuali rispetto al 2015 in ragione dei processi di crescita orizzontale realizzati dall’operatore negli ultimi anni. Al riguardo, occorre, come detto, osservare che nel 2018 avrà effetto l’acquisizione di RMC da parte di Radiomediaset, così che la quota di mercato di Fininvest è destinata ad incrementarsi ulteriormente”.

Un rafforzamento rilevantissimo realizzato anche con il contributo passivo della Rai, che in patica è rimasta a guardare.

Spiega l’Autorità nelle conclusioni: “nonostante l’analoga capacità di RAI di attrarre audience rispetto a Fininvest, la quota di ricavi pubblicitari dell’operatore pubblico è decisamente più contenuta. Tale contesto di riferimento, nel quale Fininvest ha la possibilità di competere su tutta la domanda residuale non soddisfatta da RAI, potrebbe, in prospettiva, accrescere gli incentivi dei due operatori ad attuare politiche commerciali accomodanti”.

Di qui l’avviso ai naviganti. Dopo aver ricordato che, al momento, non risultano posizioni dominanti sul mercato della radioemittenza , l’Autorità spiega che “intende esercitare un’attenta azione di monitoraggio, specialmente in occasione di processi di M&A, al fine di evitare che possa determinarsi un’alterazione delle condizioni competitive del mercato e del livello di pluralismo”.

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