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Olbia, aerei fermi e tensioni Usa: tutti i problemi di Air Italy

Air Italy

Non c’è solo Alitalia che soffre nei cieli. Anche Air Italy, compagnia controllata dal Qatar Airways e dal fondo che fa capo all’Aga Kahn, non se la passa troppo bene. Anzi. In una missiva mandata ai 1400 dipendenti della compagnia aerea agli inizi del mese, l’amministratore delegato Rossen Dimitrov ha scritto che, dopo le ingentissime perdite del 2018, la società andrà incontro ad altri anni complessi. E difficilmente si raggiungeranno gli obiettivi annunciati appena 18 mesi fa al momento dell’ingresso del nuovo azionista che contava di far volare 50 aerei con la livrea verde viola della compagnia nel 2020.

Oggi la realtà è ben diversa. La società si muove con appena nove aerei, di cui più della metà noleggiati con tutto l’equipaggio, e così fra i sindacati, in attesa dell’incontro in calendario fra dieci giorni per discutere del piano industriale e nuovo orario estivo, si teme il peggio.

Il gruppo nel 2018 ha perso 168 mln di euro, ma la continuità aziendale è stata garantita dall’intervento degli azionisti che hanno versato mezzi freschi per 240 mln coprendo vecchie e nuove perdite e ristabilito l’equilibrio finanziario. Nel bilancio dell’anno scorso però già si prevedeva un 2019 “ancora in significativa perdita”.

Oltre ad una ridotta operatività, frutto del riavvio dopo l’ingresso del socio qatariano appena 18 mesi fa, Air Italy ha dovuto fare i conti anche con gli imprevisti. Il fermo dei 3 Boeing 787 Max imposto dalle autorità di controllo aeronautiche, a causa dei problemi al software del veicolo. Solo questa voce ha comportato un maggiore esborso di 15 mln di euro per fronteggiare i costi di noleggio di velivoli affittati per sostituire le tre macchine messe a terra. Ma anche le attività normali hanno sofferto: le ore volate, nell’intero 2018, sono diminuite del 16,4%, i passeggeri trasportati del 21,8% e i ricavi complessivi si sono ridotti di 74 mln: da 334,8 a 261.

Nella lettera Dimitrov ha spiegato che anche il 2019 sarà un anno straordinario, leggi complicato, durante il quale la società dovrà continuare a pagare i noleggi per coprire gli aerei messa a terra, affrontare la chiusura dell’aeroporto di Olbia all’inizio del 2020, per manutenzioni alle piste, e continuare ad operare la cosiddetta continuità territoriale senza contare sul sostegno pubblico che viene riservato, con il placet dell’Unione europea, a quelle tratte che uniscono aree di territorio difficilmente raggiungibili, come è il caso della Sardegna, dove Air Italy ha la sua base.

Ai lavoratori del gruppo l’Ad ha ricordato “Air Italy è una piccola compagnia aerea ma, allo stesso tempo, ha elevati costi operativi” e che nel “nel 2019, 19 compagnie aeree sono fallite, con la francese Aigle Azur, Thomas Cook, XL Airways e Adria che si sono unite all’elenco solo nell’ultimo periodo. Ryanair ha inoltre dichiarato che chiuderà una serie di basi in tutta Europa”. Parole che sono state interpretate nel peggiore dei modi dalle varie sigle sindacali.

Secondo l’Anpav, la principale associazione professionale di piloti, hostess e steward, solo quando si conoscerà il prossimo orario estivo si potranno “capire le intenzioni dell’azienda sul futuro di Air Italy”, soprattutto delle attività del medio raggio, oggi in gran parte volate con aerei e personale in affitto e quindi a rischio.

L’azienda, spiega una fonte del settore, “ha tre contratti leasing, senza equipaggio, che stanno per finire e malgrado abbia tre Boeing 787 messi a terra dalle autorità non sembra intenzionata a bloccare l’uscita degli aerei allungando i noleggi”.

I sindacati sono spazientiti perché il contratto di lavoro stipulato al momento dell’ingresso di Quatar Airways nell’azionariato, prevede buste paga che crescono, molto, ma solo se si vola. Altrimenti il trattamento base, soprattutto per hostess e steward è piuttosto basso, intorno ai mille euro. Ed è questo che permette alla società di utilizzare i noleggi, cosiddetti wet lease, ovvero comprensivi di aereo ed equipaggio, senza sopportare oneri esagerati.

Ma i sindacalisti temono che questo escamotage possa non essere sopportabile nel lungo periodo e spiegano perché. L’ingresso della compagnia qatariota nell’azionariato di Air Italy, nel febbraio del 2018, era stato spiegato anche con la possibilità di usufruire di alcune tratte con gli Stati Uniti che gli accordi internazionali consentono ai vettori stranieri, non di paesi Ue, presenti in Europa. Si tratta della cosiddetta quinta libertà, molto osteggiata dalle grandi compagnie americane, Delta in primis, che non vogliono cedere fette del mercato americano ai concorrenti, soprattutto a quelli del Golfo. E ne hanno fatto motivo per una battaglia dai toni violentissimi.

La quinta libertà è una delle cinque regole interstatali definite dalla convenzione di Chicago al termine della seconda guerra mondiale. Quelle intese prevedono la possibilità per le compagnie degli stati che hanno sottoscritto, volontariamente, l’accordo di poter imbarcare, in scali intermedi, passeggeri e merci da trasportare nelle destinazioni successive. In pratica, gli statunitensi non vogliono che la compagnia del Qatar unisca e operi, come se fosse un unico volo, i voli fra Doha e Malpensa e fra Malpensa e i vari aeroporti americani e hanno deciso di alzare un muro. Si sono unite nella guerra alle compagnie del Golfo che ritengono operare al di fuori delle regole di mercato.

Neanche un anno fa, Ed Bastian il numero uno di Delta, fece questa dichiarazione, ancora disponibile sul sito della compagnia: “Il Qatar sta usando la piccola e morente Air Italy, per aggirare la promessa fatta [al governo] degli Usa di non utilizzare i cosiddetti voli della quinta libertà verso gli Stati Uniti. Per fortuna, queste preoccupazioni hanno ottenuto l’attenzione del Congresso. Più di una dozzina di senatori statunitensi hanno recentemente inviato lettere all’amministrazione sollevando le loro preoccupazioni circa la connessione Air Italia-Qatar e il suo impatto sui posti di lavoro negli Stati Uniti”. Impatto probabilmente esagerato dal manager di una delle maggior compagnie aeree del mondo, visti i numeri dei passeggeri di Air Italy.

Ma se il futuro di Air Italy si basa su un piano industriale, oggi al vaglio degli azionisti, “molto, forse troppo ambizioso” secondo alcuni sindacalisti e per di più tutto puntato sull’intercontinentale senza il mercato americano è difficile che la compagnia possa raggiungere gli obiettivi di crescita. Di qui le preoccupazioni dei sindacati, in vista dell’incontro fissato per il 22 novembre, subito dopo il Cda che dovrebbe prendere atto delle decisioni dell’azionista e deliberare anche sul calendario estivo per il 2020. Un documento importante, secondo i sindacalisti, perché se l’azienda deciderà di andare avanti con la politica dei wet lease “c’è da temere che prima o poi decida di abbandonare il medio raggio magari cedendo l’attività”.

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