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Autostrade, uno scontro dal prezzo altissimo

autostrade atlantia castellucci

Da una parte l’arma finale, sventolata subito, con le macerie del Ponte Morandi ancora calde: la revoca delle concessioni ad Autostrade per l’Italia. Dall’altra la reazione dura, altrettanto definitiva, di Atlantia che controlla Aspi: la risoluzione del contratto, con indennizzo pieno del valore della concessione per 23 mld. Due minacce contrapposte, nel più classico dei ‘muro contro muro’. In mezzo le decisioni della politica, ultima quella contenuta in un articolo del decreto Milleproroghe che, di fatto, ridimensiona l’unico elemento che può ‘salvare’ il gruppo dei Benetton, proprio l’indennizzo che lo Stato deve in caso di passo indietro rispetto al contratto che lo lega alla concessionaria. Lo scontro sulle autostrade, in corso da un anno e mezzo e accompagnato da una lunga scia di polemiche politiche, comporta comunque un prezzo altissimo da pagare.

Ci sono responsabilità che vanno accertate fino in fondo, pene e risarcimenti che dovranno essere severi. La famiglia Benetton, che controlla Atlantia, e a cascata Aspi e anche Adr, sta pagando e dovrà continuare a pagare le conseguenze della gestione dei suoi manager, comunque almeno discutibile fino a quando gli sviluppi giudiziari non dovessero accertare la colpa, o il dolo, dell’omessa manutenzione. Ma gli stessi Benetton hanno anche il diritto di tentare di difendere, con gli strumenti legali che hanno a disposizione, i propri interessi. Senza dimenticare che il crollo definitivo della galassia di imprese che fanno capo alla famiglia trevigiana avrebbe ripercussioni gravi su migliaia di lavoratori e migliaia di risparmiatori. E anche che alla revoca delle concessioni deve seguire una immediata soluzione alternativa, perché le autostrade non possono essere abbandonate a se stesse. In questo quadro, parlare con leggerezza di revoca, punizioni e sommarie rese dei conti sembra abbastanza irresponsabile. Anche nel caso in cui l’opzione della revoca si rivelasse l’unica possibile.

E qui siamo alla cronaca di queste ore. La possibilità che il Milleproroghe spiani la strada a una revoca delle concessioni senza indennizzo (stimato da Mediobanca in 22 miliardi per Aspi) e ne affidi la gestione all’Anas, ha spaventato gli investitori. Atlantia ha perso il 4,85% bruciando 883 milioni di euro. In caso di revoca Aspi andrebbe in default, non avendo le risorse per rimborsare 10,8 miliardi di bond e 7 mila posti di lavoro sarebbero a rischio. Il rating di Atlantia diventerebbe ‘spazzatura’, con effetti a catena sulle sue controllate, da Adr ad Abertis.

L’ipotesi di modificare “ex lege alcune clausole” della convenzione, ha affermato Aspi, presenta “rilevanti profili di incostituzionalità e contrarietà a norme europee”, in relazione ai quali la società “sta valutando ogni iniziativa” per tutelare i suoi diritti. Aspi ha avvertito Mit, Mef e il premier Conte che l’adozione di una norma simile determinerebbe la risoluzione della convenzione (art.9-bis comma 4), facendo scattare il diritto al maxi-indennizzo.

In questo clima di scontro – anche nel governo, dove il M5s cavalca la revoca, Italia Viva frena e il Pd cerca di mediare – la Corte dei Conti ha demolito, con una relazione di 200 pagine, il sistema delle concessioni, invitando a “trovare un equilibrio tra profitto e interesse pubblico”, con il primo che ha avuto fino ad ora la meglio sul secondo. Le concessionarie hanno goduto di rendimenti ingiustificati potendo permettersi “investimenti sottodimensionati ed extraprofitti” grazie a un sistema regolatorio inadeguato. Il settore soffre di “mancata apertura al mercato” e produce “inefficienze” quali “l’irrazionalità degli ambiti delle tratte, dei modelli tariffari, di molte clausole contrattuali particolarmente vantaggiose per i privati”. “Un grave errore demonizzarci”, ribatte l’Aiscat: le concessionarie sono “un patrimonio industriale fatto di occupazione e competenze, capacità d’investimento e innovazione tecnologica”.

In ogni caso, il prezzo da pagare per uscire dal corto circuito è alto. E servirebbe un’assunzione di responsabilità condivisa da parte del governo, delle forze politiche, e anche dei Benetton e di Atlantia, per trovare una soluzione che possa tenere insieme l’intransigenza nella valutazione e la sanzione degli errori con futuro sostenibile per le autostrade, le società, i lavoratori e i risparmiatori coinvolti.

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