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Intesa Sp-Ubi, la finestra ‘obbligata’

Sono passate quasi 48 ore dall’annuncio, a sorpresa, del lancio da parte di Intesa SanPaolo di un’offerta su Ubi Banca. Si è scritto e detto molto. Degli aspetti tecnici e delle ragioni che hanno spinto il Ceo Carlo Messina a fare questo passo. Ora, quando anche il cda della banca ‘preda’ ha espresso la sua posizione formale, “prendendo atto” e dando mandato al Ceo, Victor Massiah, per individuare gli advisor finanziari e legali per rispondere all’Ops, un’offerta carta contro carta rivolta agli azionisti delle due banche, si può ragionare con qualche elemento in più in mano.

Due i passaggi chiave nelle parole di Massiah. Primo, la conferma del carattere ‘non concordato’ e quindi ‘non amichevole’ dell’operazione. Ubi ha appreso la notizia da “un comunicato stampa” e l’operazione “non era concordata né a conoscenza del nostro consiglio di amministrazione e del nostro management”, come “rappresentato” da Intesa, ha evidenziato il Ceo. Questo, nonostante il progetto non sia ovviamente frutto né di improvvisazione né di una rocambolesca fuga in avanti. Anche perché il piano è stato abilmente architettato, visto il coinvolgimento di Bper e Unipol, e il contributo non certo secondario di Mediobanca. Nonostante questo, l’affondo ha realmente sorpreso tutti, inclusa buona parte della prima linea di management di Intesa SanPaolo. Il precedente della fuga di notizie sul piano di aggregazione con Generali, poi fallito, ha suggerito di usare la massima discrezione.

È stata individuata la finestra migliore per uscire allo scoperto: la sera del 17 febbraio, tra la comunicazione del nuovo piano industriale della banca guidata da Massiah e la prevista presentazione del giorno dopo a Londra. Quello che può sembrare uno sgarbo, è invece un calcolo condiviso dalla ristretta cerchia di persone che, intorno al ceo Carlo Messina, ha condiviso le modalità e il timing dell’operazione. “Andava fatta così, in quel momento preciso. Era una finestra obbligata, per diverse ragioni”, racconta una fonte bene informata.

Secondo aspetto rilevante, siamo di fronte a un’operazione di mercato. E in quanto operazione di mercato seguirà le regole del mercato. “L’offerta sarà, secondo quanto dichiarato da Intesa Sanpaolo, depositata in Consob entro il 7 marzo prossimo. Prima dell’inizio del periodo di adesione, previsto entro fine giugno, il cda di Ubi dovrà esprimersi al riguardo, a valle di una adeguata istruttoria”. Non solo. “Prima di diventare progetto, dovrà passare attraverso un complesso, e per nulla scontato, iter autorizzativo delle autorità vigilanti e di approvazione da parte delle assemblee”, ha spiegato ancora Massiah. Nessuna indicazione rivoluzionaria ma una puntualizzazione che serve a chiarire che per la condivisione di un progetto del genere servono le condizioni necessarie, a partire dai numeri e dal tempo.

I numeri vogliono dire soprattutto valutazione sulla congruità del concambio proposto. E, in questo senso, il legame con il fattore tempo può essere rilevante. La reazione dei mercati all’annuncio, anche grazie alla finestra scelta, è stato significativo. E le parole del presidente di Intesa SanPaolo, Gian Maria Gros-Pietro, sono eloquenti: “credo che la reazione del mercato abbia dato una misura del vantaggio che tutti gli azionisti ottengono da questa operazione”. E qui resta un interrogativo di fondo: vantaggio per gli azionisti ma anche per il sistema, per i clienti e per i risparmiatori? E per il management di Ubi? E per i piani del governo su Mps? Difficilmente potrà esserci un vantaggio per tutti.

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