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Scocchia, Ceo Kiko: “Promuoviamo il concetto di bellezza italiana”

Kiko nasce nel 1997 da un’idea di Stefano Percassi, uno dei sei figli di Antonio Percassi, il fondatore del gruppo di famiglia. Il primo punto vendita della nuova linea di cosmetici è costituito da un corner di 8 metri quadrati all’interno dello storico negozio Fiorucci di piazza San Babila, a Milano. La scelta iniziale colloca i prodotti in una fascia alta, le vendite non decollano, i prodotti sono ritirati e messi in svendita in uno dei centri commerciali della famiglia Percassi. Con i prezzi contenuti, le vendite s’impennano e i prodotti terminano in pochissimi giorni. Viene allora studiato un nuovo modello di business basato su prezzi bassi e prodotti di qualità adatti a tutte le fasce di età. Nel 2001 è firmata la joint venture con Inditex, la società spagnola proprietaria di Zara, e per Kiko, ancora un piccolo marchio che all’epoca registra circa 2 milioni di euro di ricavi, è l’inizio di un periodo di successo. Abbiamo incontrato Cristina Scocchia, ceo di Kiko.

Qual è la mission di Kiko?

La missione di Kiko è offrire un’ampia varietà di prodotti, texture e colori, di grande qualità e ad un prezzo sempre accessibile. Grazie al suo dna profondamente italiano, Kiko unisce la tecnologia e l’innovazione di prodotto con la creatività della moda e dell’arte del make up.

Quali sono i numeri con cui avete chiuso il 2019?

Il 2019 è stato un anno molto importante che ci ha permesso di concludere la prima fase del processo di trasformazione e riorganizzazione avviato nel 2018 al fine di aumentare l’efficacia finanziaria e operativa dell’azienda. Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti: in due anni abbiamo quasi raddoppiato l’Ebitda e siamo tornati a crescere il like-for-like (che misura l’aumento delle vendite), il che dimostra l’efficacia delle nostre scelte strategiche.

Cosa ha imparato soprattutto in questi anni di management e cosa vorrebbe insegnare?

Ho imparato che un leader deve avere una visione strategica chiara, il coraggio di prendere decisioni anche difficili o rischiose ma soprattutto deve avere la capacità di creare una team forte in cui ognuno è motivato a dare il meglio di sé per il raggiungimento del successo collettivo.

Va più fiera del titolo di Cavaliere della Legione d’Onore, del Ceo Award o della sua stretegia manageriale?

La legione d’onore mi è stata assegnata grazie ai risultati raggiunti in L’Oreal Italia, il Ceo Award grazie a quelli di Kiko. Sono onorata di aver avuto la possibilità di guidare aziende di questo calibro e per entrambi i riconoscimenti ringrazio tutte le persone che hanno lavorato con me. Nulla è possibile senza una squadra forte.

Quali sono i punti di forza di Kiko che ha permesso un’espansione del brand con 900 punti vendita?

Tra i punti di forza citerei in primis l’italianità. La nostra visione tutta italiana del concetto di bellezza è un punto di differenziazione innegabile. Noi cresciamo immersi nella bellezza e la riproponiamo in oggetti di moda e design che il mondo ci invidia. Questo è il nostro dna: un concetto italiano di bellezza universalmente attraente. Ma non sottovaluterei neppure l’importanza della creatività. Oggi l’assortimento deve essere ampio, perché il mercato richiede molteplici opzioni creative, che portino ad una ricerca di inclusività. E la capacità di innovare con estro e creatività è sicuramente un tratto distintivo di Kiko.

Microplastiche bandite dai cosmetici in Italia, il divieto è diventato legge. Qual è la politica di sostenibilità di Kiko?

Nel 2018 abbiamo lanciato la collezione Green Me, una gamma completa di prodotti make-up e skincare formulati con percentuali altissime di ingredienti derivati da materie prime naturali e con packaging a basso impatto ambientale. È stato solo l’inizio, vogliamo ridurre l’impatto ambientale di tutti i nostri prodotti e degli espositori presenti nei nostri negozi.

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