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La resa all’emergenza Coronavirus

La discussione è stata lunga, a tratti accesa. La comunicazione, come troppo spesso sta accadendo, confusa. Ma se si è arrivati alla decisione di chiudere le scuole e fermare tutti gli eventi che prevedono assembramento di persone, evidentemente la situazione è considerata seria, forse più del previsto. La giornata di oggi segna un passaggio importante nella gestione della crisi nata dalla diffusione del Coronavirus: è il segnale di una resa, inevitabile viste le indicazioni che arrivano dalla comunità scientifica, alle logiche dell’emergenza. Tutte le altre considerazioni che si sono fatte in questi giorni sull’opportunità di arrivare, o meno, a questo tipo di misure restrittive passano in secondo piano. Il messaggio è chiaro: ora viene prima di tutto l’esigenza di limitare il contagio. A qualsiasi costo.

Le scuole, i cinema e i teatri chiusi in tutta Italia, si aggiungono agli eventi rinviati, alle fiere annullate, alle aziende costrette allo smart working. La sospensione della vita ‘normale’, per ora fino al 15 marzo ma senza sapere oggi quale sarà il termine reale, comporta una presa di coscienza collettiva che finora non c’era stata. Anche perché i provvedimenti di oggi, volendo escludere la possibilità che non si sia fatta una accurata valutazione del rapporto costi-benefici, cambiano lo scenario. Prendere questa strada vuol dire avere la certezza che tutte le ricadute sul piano economico e sociale, sicuramente ingenti, siano il male minore rispetto ai danni che potrebbe provocare un incontrollato aumento dei contagi. Non solo. Evidentemente, questa possibilità è considerata concreta. Tanto da imporre di mettere da parte le precauzioni legate all’effetto simbolico e psicologico di quella che di fatto è una ‘chiusura’ del Paese.

Un capitolo a parte meritano le scelte di comunicazione. Con un balletto che non aiuta a gestire i non pochi problemi da affrontare: prima le indiscrezioni, supportate da conferme informali ma autorevoli, poi i tentativi di frenare la diffusione delle informazioni, alla fine un annuncio ufficiale del ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina arrivato con evidente ritardo rispetto alle esigenze di milioni di italiani coinvolti.

Si pone, ancora una volta, il tema del rispetto dei ruoli. I giornalisti devono fare informazione, cercare e verificare notizie; gli uomini di Governo e quelli delle Istituzioni devono prendere decisioni e fare in modo che vengano comunicate in maniera corretta. Scaricare sulla stampa l’accusa, più o meno esplicita, di procurato allarme non solo è sgradevole ma denota l’incapacità di gestire in maniera corretta il rapporto con l’informazione, proprio in un momento in cui l’emergenza richiederebbe una collaborazione maggiore rispetto ai tempi ‘normali’.

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