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Così il coronavirus sta bloccando i trasporti

Il panico da coronavirus sta bloccando il settore dei trasporti, con l’area della logistica in testa. Un danno che si somma a quelli che il settore già sta subendo per le limitazioni dei Tir al Brennero imposte dall’Austria. Un tema, quest’ultimo, che Conftrasporto avrebbe dovuto affrontare in una conferenza stampa a Verona che, proprio a causa delle misure precauzionali legate all’emergenza di questi giorni, è stata annullata.

”Da almeno 30 anni siamo ostaggio di Vienna, che viola il principio della libera circolazione delle persone e merci sancito dall’Ue – spiega il vicepresidente di Confcommercio e Conftrasporto Paolo Uggè – Imporre divieti in assenza di alternative valide è quantomeno assurdo. A complicare le cose, con il suo carico da novanta, è arrivato il coronavirus, con ricadute pesantissime in tutta la filiera dei trasporti”.

L’emergenza di queste settimane è al centro di un fitto calendario di incontri con il ministero dei Trasporti e con la Protezione civile, ai quali la Confederazione sta partecipando con le federazioni associate del trasporto marittimo (merci e passeggeri), su gomma, e della logistica. Su tutto pesa la psicosi che dilaga in tutta Europa: ieri un autotrasportatore tedesco ha rifiutato di consegnare la merce in Friuli e l’ha abbandonata al Brennero; il coronavirus spaventa gli autotrasportatori stranieri che non vogliono entrare in Italia per paura del virus e per timore di restare bloccati sul territorio nazionale dalle misure anti Covid-19.

Tra le imprese più colpite della filiera dei trasporti ci sono quelle della logistica, soprattutto nelle regioni della Lombardia e del Veneto. ”Ci sono siti di stoccaggio da cui dipende il funzionamento di tutta la filiera distributiva, che si trovano all’esterno delle zone rosse, e che, in ragione di questo, dovrebbero essere operativi – spiega il segretario generale di Conftrasporto Pasquale Russo – Ma in diversi casi i dipendenti risiedono nelle zone rosse, dalle quali non possono uscire per recarsi al lavoro. Stiamo parlando di centinaia di lavoratori. Dire che quei depositi stanno lavorando a ranghi ridotti è un eufemismo: il tasso di assenteismo stimato è del 30-40%”.

Sul fronte marittimo il quadro diventerà più nitido solo a partire dalla primavera, anche se i porti dell’Alto Adriatico, da Trieste a Venezia, già registrano un sensibile calo di arrivi dei container dalla Cina. Un’onda lunga che avrà effetti pesanti sia sul piano crocieristico – dove già si registra una discesa di prenotazioni del 50% – che del trasporto merci, toccando il punto peggiore nel mese di maggio.

”Il calo dei traffici potrebbe impattare anche sulle finanze dello Stato – spiega il presidente di Federlogistica Luigi Merlo – poiché i porti italiani potrebbero essere sostituiti con quelli esteri, con un conseguente mancato incasso dei dazi. Considerato che questi ammontano a 13 mld di euro all’anno, se anche solo il 10% delle navi venisse ‘dirottato’ in scali diversi dai nostri la perdita sarebbe di 1 miliardo e 300mila euro”.

Anche alla luce di questo, Conftrasporto-Confcommercio chiede come prime misure una riduzione della tassa di ancoraggio e dei canoni di concessione. Conftrasporto-Confcommercio chiede di considerare, in tema di sostegno alle imprese del settore, anche quelle che operano al di fuori delle zone rosse perché sono già molte le aziende di autotrasporto che non riescono a lavorare, o lavorano fra mille difficoltà e senza la certezza di poter raggiungere le zone di destinazione. Conftrasporto-Confcommercio propone da un lato di allungare di almeno 4 mesi le domande per il superammortamento; dall’altro che il governo specifichi con un decreto dirigenziale che anche i corsi obbligatori per il conseguimento e il rinnovo della patente per condurre camion (la cosiddetta CQC) siano oggetto di proroga.

Infine, occorre che il governo valuti in anticipo eventuali azioni volte a limitare possibili criticità sulla filiera per l’approvvigionamento del GNL (Il Gas Naturale Liquefatto), fortemente dipendente dalla Francia e dalla Spagna. Per Confcommercio-Conftrasporto il problema, che coinvolge tre Paesi dell’Ue (Italia, Germania e Austria), va risolto dall’Europa. ”Contrariamente si darebbe ragione a chi ne sostiene l’inutilità, il che va evitato”, avverte Uggè. Che aggiunge: ”Forse l’Austria punta a diventare l’hub degli scambi commerciali che attraversano il valico alpino? Se così fosse si potrebbe parlare di dumping”.

I divieti. Le limitazioni dell’Austria ai Tir più inquinanti sono una misura comprensibile, un principio a favore dell’ambiente condiviso anche da Confcommercio-Conftrasporto, che da tempo sostiene la necessità di rinnovare il parco circolante con mezzi sempre meno inquinanti (cosa che sta avvenendo). Il paradosso è che, con il pretesto ambientale, vengono colpiti anche i Tir ‘più puliti: gli ‘euro6’ immatricolati prima del 31 agosto 2018 che subiscono i divieti sono ben 900mila.

Il 72% del traffico in un giorno feriale è costituito da veicoli leggeri, mentre il 28% da mezzi pesanti (per il 70% sono euro5 o 6). Tra i mezzi leggeri l’80% circa è di classe euro4 o 5. Quello che non si dice è che, in base alle principali emissioni parametrate all’incidenza inquinante, un veicolo leggero euro6 inquina quanto 2 camion e mezzo della stessa categoria.

Oltre a quelle sui Tir, l’Austria ha esteso le limitazioni anche a molte tipologie di merci. Dal 1° gennaio 2020, infatti, i divieti riguardano categorie di prodotti che vanno ad aggiungersi a quelle già ‘colpite’, con danni agli scambi import-export da e per l’Italia. Le nuove merci ‘vietate’ sono: carta e cartone; prodotti a base d’oli minerali fluidi; cemento, calce e gesso; tubi e profilati cavi; cereali. In precedenza era stata vietata una vasta serie di merci compresi rifiuti, pietre, terre, materiali di risulta/detriti, legname in tronchi, sughero, minerali ferrosi e non ferrosi, marmo, piastrelle. Sono esclusi da tutti i divieti i mezzi che hanno origine e destinazione in Austria.

Il danno. Se agli interventi di manutenzione annunciati al tunnel del Bianco e alle difficoltà nella viabilità ligure si sommano gli ostacoli al Brennero, l’Italia avrà grandi limiti a competere nei mercati europei. L’asse del Brennero garantisce l’integrazione dell’Italia con il mercato unico europeo. È il principale valico alpino per volumi di merci in transito (oltre 40 milioni di tonnellate nel 2018), ed è percorso da 4,5 milioni di Tir all’anno che non hanno come origine né destinazione l’Austria. Chiudendo le porte alla libera circolazione, per ogni ora di ritardo nell’attraversamento del valico, la nostra economia paga già più di 370 milioni di euro su base annua. Per i maggiori tempi di percorrenza legati al passaggio su rotaia, il danno per il sistema economico italiano è stimato in 100 milioni di euro all’anno. Non solo: secondo un sondaggio di Unioncamere, l’11% delle aziende produttive afferma di aver ricevuto offerte per la fornitura di servizi di trasporto da parte di imprese tirolesi e austriache, forti del fatto di non essere soggette ai limiti dei divieti settoriali. ”Come vogliamo chiamarlo questo genere di concorrenza?” chiede Uggè.

L’alternativa ferroviaria (che non c’è). Alternative alla strada per ora non ce ne sono: la risposta ferroviaria sarà attiva solo fra 10 anni, con il completamento del tunnel. Allo stato attuale, lungo la linea ferroviaria del Brennero alcune tratte raggiungono livelli di saturazione oraria dell’85% e giornaliera dell’80%, con un carico di circa 130 treni su 160 di capacità commerciale. Ammesso di voler e poter impiegare tutte le tracce disponibili per transiti di treni merci con portata media di 30 mezzi, si potrebbero, al massimo, togliere dalle strade 900 camion ogni giorno, pari a circa 300mila mezzi all’anno.

Limiti della linea. La linea ferroviaria non possiede gli standard necessari per essere competitiva: le pendenze raggiungono il 260,contro il necessario 120, che la nuova linea garantirà. La stazione Brennero si trova a 1.371 metri di altitudine ed è il punto più alto della rete ferroviaria italiana e austriaca. Da ciò discendono essenzialmente 2 problemi: 1) La limitazione della velocità in alcune tratte a 60 Km/h (contro uno standard ritenuto necessario per la competitività di almeno 100 Km/h); 2) la necessità di adottare la trazione con doppio o triplo locomotore.

Non sono tra trascurare i tempi necessari di trasbordo sull’autostrada viaggiante e le esigenze di investimenti in materiale rotabile e spazi nei terminal per ospitare i traffici incrementali che si dice di voler attivare. Attualmente la stima è di un aumento dei tempi di attraversamento di 4 ore rispetto al traffico stradale.

I servizi delle Autostrade Viaggianti (RoLa) devono essere ampliati in maniera massiccia nel tentativo di trasferire più traffico dalla strada alla ferrovia lungo il corridoio del Brennero. Secondo i piani concordati dei funzionari ÖBB, la capacità verrebbe aumentata dagli attuali 200mila a 450mila camion all’anno entro il 2021. Il punto è che già oggi l’offerta di RoLa supera la domanda: nel 2019 sono transitati 151.000 Tir sulla tratta Wörgl – Brennersee, a fronte di un’offerta superiore del 30%.

In ogni caso, se tutti i 300mila ulteriori posti disponibili fossero utilizzati, per la dilatazione dei tempi e i conseguenti extracosti il danno per l’autotrasporto sarebbe di circa 44 milioni di euro all’anno, cui si aggiungerebbero circa 51 milioni di euro per il resto del sistema economico. D’altra parte, il trasporto ferroviario è notoriamente più efficace sulle medie e lunghe percorrenze: concentrare gli sforzi su una tratta di soli 90 chilometri appare decisamente inefficiente, e non risponde alla definizione di trasporto combinato, che prevede tratti alternativi alla strada di almeno 100 chilometri in linea d’aria (Direttiva 92/106/CEE).

Concommercio-Conftrasporto chiede l’immediato stop ai divieti settoriali imposti dall’Austria in assenza di una valida alternativa, che al momento appare ancora lontana, e l’intervento deciso dell’Europa per garantire la libera circolazione delle merci all’interno dell’Ue. Anche alla luce delle gravi limitazioni che per effetto del coronavirus si stanno verificando nei settori trasporti e logistica.

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