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Samantha Cristoforetti: “In orbita verso la fine del 2022”

L’astronauta dell’Esa Samantha Cristoforetti si sta preparando a partire per lo Spazio ancora una volta. E intanto, sulla Terra, lavora a un progetto rivoluzionario. Ecco cosa ci ha detto nell’intervista pubblicata sul numero di aprile di Fortune Italia.

Dopo i 199 giorni in orbita tra 2014 e 2015, ha una nuova missione nella stazione spaziale. Quando partirà?

È presto per conoscere una data precisa, ma suppongo verso la fine del 2022. Recentemente è stato annunciato che il mio collega francese Thomas Pesquet inizierà a breve ad addestrarsi per un lancio presumibilmente alla fine del 2021. Io dovrei essere all’incirca un anno dietro a lui. Si tratterà di una missione di lunga durata sulla ISS, probabilmente di circa sei mesi, come la volta scorsa. È presto per conoscere le attività specifiche che andrò a svolgere. In attesa di cominciare l’addestramento continuo il mio lavoro di supporto tecnico al programma Gateway.

In cosa consiste il progetto della stazione Gateway?

Il Gateway è una piccola stazione spaziale che orbiterà attorno alla Luna, un primo avamposto umano permanente oltre l’orbita bassa terrestre. Ma non sarà abitato con continuità come la ISS. Sarà invece visitato periodicamente dagli astronauti, per missioni inizialmente di circa 30 giorni, poi più lunghe, che includeranno escursioni sul suolo lunare. Il lancio del primo modulo, un modulo propulsivo e di alimentazione elettrica, è previsto per il 2022. Verso il 2025 verrà aggiunto il modulo abitativo a guida ESA, l’iHAB. La nostra industria, sotto la guida del capo commessa Thales Alenia Space Italia, è responsabile della costruzione e della costruzione di iHAB. Ma abbiamo anche un ruolo importante nel modulo di servizio di Orion, l’astronave che permetterà agli astronauti di raggiungere il Gateway.

Il settore spaziale trova con facilità nuovo personale e giovani ingegneri, anche in Italia? O il tema Spazio è in qualche modo assente dall’offerta formativa e educativa tradizionale?

Non sono addentro alle problematiche di reclutamento, quindi può darsi che il mio punto di vista sia parziale, o anche sbagliato, ma a me sembra che le nostre università e i nostri politecnici formino giovani ingegneri estremamente preparati, con l’unica pecca che a volte c’è ancora qualche difficoltà con l’inglese, soprattutto nella comunicazione orale. Io sono convintamente a favore dell’introduzione di corsi anche esclusivamente in inglese, se non altro nelle materie tecnico-scientifiche e a partire dalla laurea specialistica. Tornando al reclutamento, forse l’industria fa più fatica a trovare operai specializzati. Mi piacerebbe davvero che si recuperasse l’orgoglio di svolgere lavori manuali, che richiedono spesso competenze elevatissime e costruite in anni di esperienza.

Ci sono tecnologie e sperimentazioni, magari toccate con mano sulla ISS o durante il suo lavoro a Colonia, che secondo lei potrebbero avere (o hanno avuto) un impatto importante sulla Terra?

La Stazione spaziale internazionale non è stata progettata per monitorare il clima, ma per certi aspetti è un perfetto modello da applicare anche sul nostro pianeta. Basti pensare che l’obiettivo di chi lavora al supporto vitale per i veicoli spaziali è lo stesso di quello perseguito per la salvaguardia del clima: mantenere un ambiente sano per gli esseri umani, sull’astronave Terra come sulla ISS. Ecco allora che i progressi fatti per l’esplorazione spaziale trovano applicazioni nella nostra quotidianità e portano benefici diretti per il nostro pianeta. Molte delle ricerche dell’Esa confluiscono negli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite, come i nostri sforzi per purificare le acque reflue o produrre alimenti da batteri e alghe che possono crescere ovunque. La ricerca sulla Stazione spaziale internazionale è però solo una parte di ciò che fa l’Esa. Con il programma Copernicus, siamo infatti insieme alla Commissione Europea uno dei maggiori operatori e fornitori al mondo di dati di monitoraggio climatico. Le cosiddette Sentinelle, ovvero i satelliti del programma Copernicus, forniscono informazioni accurate, tempestive e facilmente accessibili a tutti per migliorare la gestione dell’ambiente e comprendere e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Recentemente per esempio è stata pubblicata un’immagine della missione Sentinel-3 che mostrava i ghiacci dell’arcipelago artico canadese la scorsa estate. Mettere a paragone nel tempo immagini come questa ci permette di monitorare l’andamento dello scioglimento dei ghiacci nel corso degli anni e capirne la gravità. Gli astronauti possono ‘dare voce’ ai satelliti, diventando importanti ambasciatori per la salvaguardia del clima, proprio come ha fatto il mio collega Parmitano durante la recente conferenza sui cambiamenti climatici COP25 a Madrid.

 

La versione originale di questo articolo è disponibile anche sul numero di Fortune Italia di aprile. Si può comprare in edicola e in versione digitale, oppure ci si può abbonare:

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