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Coronavirus, in Asia crescita zero: è la prima volta dagli anni 60

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L’economia dell’Asia si fermerà per la prima volta dagli anni 60: il Fondo Monetario Internazionale ritiene che lo stop causato dalla pandemia di coronavirus sarà di gran lunga peggiore della crisi finanziaria globale del 2008-9 e del crollo asiatico del 1997-98.

 

La regione sperimenterà una crescita zero per la prima volta dagli anni ’60, ha detto Chang Yong Rhee, direttore del Dipartimento Asia e Pacifico del Fmi, che prevede che l’impatto economico della pandemia sarà “grave, generale e senza precedenti”. Parlando in una conferenza stampa a Washington, Rhee ha detto che anche se l’Asia “se la caverà meglio di altre regioni”, fattori come “il deterioramento della domanda esterna” in Europa e Nord America, dove sono previste gravi recessioni, “sconvolgeranno le economie asiatiche”.

 

Dopo la pubblicazione del World Economic Outlook dell’Fmi l’attenzione si è rivolta principalmente ai numeri previsti per le economie occidentali, con l’Italia che, tra le grandi economie mondiali, potrebbe pagare il prezzo più alto della crisi del coronavirus. Il Pil quest’anno potrebbe crollare a -9,8% per poi registrare un limitato rimbalzo nel 2021 a +4,8%. Una stima peggiorata di 9,6 punti rispetto alla previsione formulata appena tre mesi fa (che prevedeva per l’Italia una crescita dello 0,5%). L’emergenza coronavirus e il suo impatto sull’economia porteranno in alto il tasso di disoccupazione in tutte le economie mondiali: per l’Italia nel 2020 la stima del Fondo Monetario Internazionale è del 12,7% (2,7 punti in più rispetto all’anno precedente) seguita da un calo al 10,5% nel 2021. In generale le conseguenze della crisi legata alla pandemia da coronavirus potrebbero portare a ”una brusca contrazione del Pil globale del 3% nel 2020, molto peggiore rispetto alla crisi finanziaria del 2008-2009” seguita da un rimbalzo a +5,8% il prossimo anno (una stima su cui c’è “estrema incertezza”, basata su un’ottimistica scomparsa dell’epidemia nel 2020, ha detto l’Fmi).

 

La pandemia ha ucciso oltre 136.000 persone in tutto il mondo, spingendo i governi a imporre blocchi che hanno ostacolato il commercio, generando quella che Rhee, nella sua conferenza, ha definito “una crisi come nessun’altra” per l’Asia. A differenza della crisi del 2008-9, infatti, la crescita economica in Cina (la più grande economia asiatica e dove la pandemia ha avuto origine alla fine del 2019), precipiterà dal 6,1% nel 2019 all’1,2% quest’anno. Le economie che dipendono dal commercio con la Cina, come l’Australia e la Malesia, vedranno probabilmente forti recessioni, con contrazioni del 6,7 per cento e previsioni dell’1,7 per cento. Altrove, secondo il Fmi, fattori come “la riduzione del turismo, la perturbazione del commercio e dell’industria manifatturiera” peseranno molto. Il Giappone, la seconda economia più grande dell’Asia, potrebbe subire una contrazione del 5,2 per cento, con la Thailandia, dove il turismo rappresenta circa il 10 per cento del prodotto interno lordo, potrebbe registrare una crescita negativa del 6,7 per cento.

 

D’altronde il World Economic Outlook parla chiaro: per via dell’emergenza coronavirus ”è molto probabile che l’economia globale sperimenterà la sua peggiore recessione dai tempi della Grande Depressione” del 1929 con una contrazione che ”supererà quella della crisi finanziaria dello scorso decennio”. Quella del ‘Grande Lockdown’, come è stata ribattezzata, ”è una crisi come nessun’altra”.

 

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