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Coronavirus, Confindustria: Il Dl liquidità non basta

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Se “la fase acuta” dell’emergenza sanitaria provocata dal Coronavirus terminerà a maggio, e se la riapertura delle imprese industriali si completerà entro giugno, il Pil italiano crollerà del 10% nei primi due trimestri del 2020. A dirlo è il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci, che in audizione davanti alle commissioni riunite Finanze e Attività produttive sul dl Liquidità cita le “stime prudenziali” del Centro Studi di Confindustria.

 

Il dl Liquidità, secondo Confindustria, è “un intervento necessario e nel complesso condivisibile, anche se ancora insufficiente rispetto all’impatto pesantissimo, e senza precedenti nella storia moderna del Paese, che la pandemia sta provocando sul tessuto produttivo italiano”, ha detto il Dg. “Il fabbisogno di liquidità per le imprese nel 2020 provocato da tale caduta dell’attività economica e dei fatturati, è stimato a 57 miliardi con fine dell’epidemia a giugno, che salirebbero a 138 miliardi con fine epidemia a dicembre. Di questi, 31 miliardi sono relativi alle piccole e medie imprese nello scenario migliore, 75 miliardi in quello peggiore”.

 

Panucci consiglia di “completare” gli strumenti di sostegno alle imprese, in vista del decreto-legge. Considerando che una parte delle perdite subite dalle imprese, almeno nel breve periodo, “non potrà ragionevolmente essere recuperata”, servirebbe un mix di misure che preveda anche strumenti “volti a compensare le perdite”. Un intervento del genere “richiederebbe un’adeguata attività istruttoria riguardo a definizione della platea dei beneficiari, limiti delle perdite da indennizzare e, quindi, impatti sulla finanza pubblica”, afferma.

 

Al centro del discorso della Dg di Confindustria, ovviamente, ci sono le garanzie statali sui prestiti alle imprese: vanno concesse subito, perché eventuali ritardi potrebbero risultare fatali per le aziende. Nel Dl sarà “essenziale assicurare, anche rispetto alle eventuali modifiche al provvedimento durante l’iter di conversione, un assetto che punti su meccanismi di autocertificazione da parte delle imprese – con conseguente assunzione di responsabilità, anche penale – per quanto concerne sia i requisiti di accesso alle garanzie, sia la destinazione delle risorse ottenute per le finalità previste dal decreto”. Inoltre “la sua efficacia è legata a uno sforzo straordinario, da parte di tutti gli attori coinvolti, sempre per assicurare la celere implementazione delle misure di sostegno”.

 

La Dg di Confindustria precisa che i prestiti con garanzia pubblica non sono l’unica strada da percorrere per affrontare l’emergenza Coronavirus. Si possono contemporaneamente “prevedere indennizzi per tutto il sistema produttivo”, ovvero “strumenti che consentano di generare un moltiplicatore tra le risorse pubbliche stanziate e il flusso di liquidità attivato, così da supportare le imprese di tutte le dimensioni e di tutti i settori”. Infatti “la soluzione scelta dal Governo fa leva sull’indebitamento delle imprese, con il rischio di appesantirne la struttura finanziaria. Impatto che verrebbe attenuato, fino anche a renderlo del tutto marginale, se si seguisse la strada proposta da Confindustria di prevedere debiti rimborsabili a 30 anni, così da diluire molto nel tempo il peso della restituzione”. Al riguardo, aggiunge, “non condividiamo la scelta della Commissione europea di fissare – nel Temporary Framework sugli aiuti di stato alle imprese danneggiate dall’emergenza – a 6 anni la durata degli affidamenti garantibili”.

 

Infine “risulta indispensabile una decisa accelerazione dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni per sostenerne la liquidità e rafforzarne la struttura finanziaria. Per le stesse ragioni, occorre accelerare l’utilizzo di eventuali crediti di imposta incidendo significativamente sui vincoli che ne frenano la fruizione, a partire dal limite massimo annuo per le compensazioni orizzontali, garantendo, al contempo, tempi più celeri per il recupero dei crediti, specie quelli Iva”.

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