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Ricostruzione, Zurino: “Le geografia dell’export è cambiata, esplorare nuovi mercati”

“Il 2020 sarà un anno da dimenticare, ma allo stesso tempo credo che in questi giorni il Made in Italy, che io chiamo sempre ‘Made in Italy Spa’ perché è la nostra più grande azienda di Stato, che fattura quasi 500 miliardi di euro nel mondo, pian piano stia ricominciando a ricostruire”. È il pensiero di Lorenzo Zurino, founder di The One Company e presidente dell’Italian Export Forum nonché imprenditore nel settore food, intervenendo al ciclo di incontri ‘Ricostruzione’ di Fortune Italia.

 

Necessario, secondo Zurino, capire come è cambiata la domanda dell’export nel tempo post-Covid: “Chi come noi è un umile missionario del Made in Italy deve tentare di rimettere insieme questa Italia e soprattutto le aziende che come nel mio caso si occupano di food nei Paesi dove pian piano si sta tornando alla normalità. Le geografie commerciali sono completamente cambiate. Quello che per noi era un mercato saturo, probabilmente non lo è più, e oggi diventa un imperativo categorico trovare nuovi mercati. La mia azienda ha aperto una struttura in Australia per puntare sullo sfasamento che c’è tra un continente e l’altro sulla ripartenza covid-free. Siccome l’Australia è quel continente che ha iniziato prima a liberarsi dal Covid sarà uno di quei paesi che ricomincerà quasi subito a riattivarsi. Così come gli States probabilmente avranno qualche contraccolpo un po’ più forte”.

 

Il 2020 sarà un anno difficile, e sarà necessario capire come il commercio estero – che Zurino preferisce al termine internazionalizzazione – possa rappresentare un fiore all’occhiello per il nostro Paese: “Mi sento di dire che il 2020 sarà un anno di transizione e che la vera rinascita inizierà nel 2021. L’export deve essere trattato con grande competenza. Il mio consiglio è cerchiamo di capire le geografie commerciali: sarà molto complicato andare a vendere in Brasile domani; sarà molto meno complicato vendere in Australia o in alcune zone dell’India. Dobbiamo tornare al piacere del commercio estero. Io credo che l’imprenditore voglia sempre più spesso sentire parlare di commercio estero e sempre meno di internazionalizzazione, dietro la quale sono nate mille e più consulenze non si capisce di quale natura”.

 

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