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Recovery, si avvicina l’accordo: piano da 750 mld, 390 mld di trasferimenti

Conte recovery

“So che gli ultimi passi sono sempre i più difficili, ma sono fiducioso: anche se è difficile, anche se sarà importante continuare a lavorare, sono convinto che un accordo è possibile”. Sono le parole di questo pomeriggio del presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, la cui proposta per il piano di aiuti del Next Generation Eu (Recovery Plan) sta avvicinando tutti i leader dei paesi Ue a una bozza condivisa. “Questa proposta è il frutto di un lavoro collettivo estremamente intenso. È un negoziato estremamente difficile e sappiamo bene che l’obiettivo di questi negoziati è rimanere uniti per assicurarci che l’Europa sia all’altezza della sfida che abbiamo di fronte”, ha aggiunto.

 

Nella proposta di compromesso inviata da Michel alle delegazioni nazionali, la Recovery and Resilience Facility viene rafforzata, passando da un totale di 560 mld a 672,5 mld di euro, dei quali 312,5 mld di trasferimenti (rispetto a 310 mld) e 360 mld di prestiti (rispetto a 250 mld). L’ammontare totale del Recovery Plan dovrebbe essere quindi di 750 mld di euro, invariato rispetto alla proposta iniziale. Di questi, 360 mld sono prestiti (rispetto a 250 mld iniziali), 390 sono trasferimenti (rispetto a 500). Pertanto, il 48% del piano è costituito da prestiti, che si restituiscono (ma saranno a tassi molto bassi), il 52% da trasferimenti, cioè liquidità a fondo perduto.

 

Il piano, che interagirà e potenzierà il Quadro Finanziario Pluriennale, è stato rimodulato in modo da concentrare molta forza finanziaria sulla Recovery and Resilience Facility, lo strumento destinato a finanziare i piani nazionali di ripresa e di resilienza, che i Paesi membri dovranno presentare alla Commissione, possibilmente entro l’autunno. Il 70% dei trasferimenti va impegnato negli anni 2021 e 2022; il restante 30% entro la fine del 2023.

 

L’iter di approvazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza prevede l’approvazione del via libera dato dalla Commissione da parte del Consiglio, con un voto a maggioranza qualificata, come nella prima proposta negoziale di Charles Michel. Per quanto riguarda l’attuazione dei piani stessi, è la Commissione che la segue, ma chiedendo
l’opinione del Comitato economico e finanziario, organo tecnico del Consiglio. Viene prevista la possibilità di sollevare la questione davanti al Consiglio Europeo, ove mai “uno o più” Stati membri nel Comitato Economico Finanziario ritenessero che sussista il rischio di una “seria deviazione” dal “soddisfacente raggiungimento” delle “tappe” e degli obiettivi rilevanti.

 

Il taglio dei trasferimenti si fa sentire su tutti gli altri programmi di Next Generation Eu: React Eu, destinato a potenziare i fondi di coesione, dai 50 mld della proposta di Michel del 10 luglio a 47,5 mld (React Eu è l’altro programma che stava molto a cuore all’Italia, e viene penalizzato poco). I tagli penalizzano i fondi Nge destinati a potenziare HorizonEurope, il programma per la ricerca, che passano da 13,5 a 5 mld; InvestEu, erede del piano Juncker, che passa da 30,3 mld a 2,1 mld; dimezzato il rafforzamento allo sviluppo rurale, da 15 a 7,5 mld; il potenziamento del Just Transition Fund passa da 30 a 10 mld; a RescEu, il programma di rafforzamento della risposta alle emergenze passa da 2 mld a 1,9 mld; Ndici, i fondi per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale, passano da 15,5 mld a 3,5 mld.

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