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Il Maxxi dopo il Covid, Melandri: “Resistiamo, ma il governo ci deve aiutare”

giovanna melandri

Il Maxxi, museo nazionale delle arti contemporanee del XXI secolo, progettato da Zaha Hadid, compie dieci anni in un anno difficile. Quello del lockdown. Quello del Covid-19. Quello dell’84% di ingressi in meno rispetto al luglio 2019. Quello della trasformazione. “Si perché la nostra sfida oggi è la trasformazione – dice Giovanna Melandri, da sette anni alla guida della Fondazione Maxxi – il governo ci deve aiutare ma anche i giovani, le scuole, le università perché a loro guarderemo oggi come sostegno, in un momento dove il 50% del nostro pubblico, i turisti internazionali non entrano nemmeno in Italia causa pandemia e paura e noi stiamo ripensando tutto”. Ma il Maxxi ce la farà perché è un modello di museo unico al mondo. A dieci anni di attività conta tre milioni di visitatori, quasi 13 milioni di incassi e ad ottobre c’è l’impegno di aprire una sede a L’Aquila. Frutto di una intelligenza collettiva, negli anni è diventato strumento di diplomazia culturale internazionale e oggi è un museo fecondo, non solo intellettualmente, perché ha anche visto nascere circa 27 bambini grazie all’alto tasso delle dipendenti donne che sono circa l’80% del totale. Il suo presidente, Melandri appunto, sembra più un amministratore delegato, una responsabile esecutiva che la rappresentazione di un ruolo formale.

 

Donne e ruoli di dirigenza, come vede sviluppato questo binomio in Italia lei che è stata ministro della Repubblica per ben due volte, nel 1998 e nel 2006, e che oggi presiede la fondazione del Maxxi?
Dipende da quale punto vista vogliamo osservare questo tema. Rispetto al passato, a dieci anni fa, ad esempio, sono stati fatti molti passi avanti anche in virtù di norme che hanno obbligato a cambiare paesaggio. Oggi ci sono più donne in ruoli di dirigenza nelle imprese ma la cosa importante secondo me è che la componente di genere si esplichi davvero in questi contesti, perché se le donne continuano a tenere un atteggiamento patriarcale sono solo ruoli di forma. Le donne sono portatrici di un soft power più degli uomini e alcuni lo stanno intuendo.

 

Come donna, da un punto di vista professionale nella sua carriera, si è mai sentita messa in una posizione secondaria rispetto ad un uomo?
Certo, è successo mille volte. Mi è successo anche pochi giorni fa di provare un certo disagio, anche se non ero direttamente coinvolta. Stavo seguendo un bellissimo convegno e tra i relatori c’erano dieci maschi e una sola donna. Ci sono rimasta. Mi sono sentita in dovere di fare un tweet e sottolineare questa debolezza. Personalmente invece, durante la mia carriera politica ovviamente anche io ho battuto la testa contro il famoso tetto di cristallo dell’egemonia maschile. Oggi c’è una nuova sensibilità e credo che il mondo dell’impresa in questo senso sia più avanti del mondo delle istituzioni. La battaglia è aperta e continua ma più che un contro è un con, prospettive femminili e prospettive maschili.

 

Quando si dice Maxxi, almeno in Italia, non importa chi sia il direttore artistico o i curatori, ma l’associazione più veloce e immediata nell’immaginario collettivo è con il nome di Giovanna Melandri. Perché secondo lei?
Non lo so. Forse perché effettivamente ne ho seguito tutta la nascita e lo sviluppo. Il Maxxi è stato costruito nella stagione in cui ero ministro ai beni culturali. Ho ereditato il progetto da Walter Veltroni ma poi sono state mie le azioni legate all’esecuzione dal 1999 al 2001. Tanti anni dopo sono stata chiamata dal governo Monti perché il museo non stava decollando. Quando sono arrivata il museo era una meravigliosa istituzione architettonica, uno spazio. Oggi stiamo vivendo una fase durissima, di sopravvivenza perché il 50% del nostro pubblico era fatto dal turismo internazionale. Ma lasceremo una istituzione che ormai è nella mappa culturale internazionale e che è anche diventata uno strumento di diplomazia culturale, le nostre mostre vanno in giro per il mondo e l’arte è veicolo di diplomazia. All’inaugurazione di African Metropolis si sono incontrati qui i presidenti del consiglio di 40 paesi africani. Un grande risultato e una soddisfazione per noi tutti.

 

Quali sono le anime del Maxxi?
Oggi il Maxxi è una intelligenza collettiva che ha varie anime. L’anima trasversale è la ricerca e l’esplorazione intellettuale critica in campi differenti. Non solo arte. Non solo architettura. Non solo fotografia. Ogni mostra ha un suo team di ricerca. Per Gravity abbiamo avuto proprio degli scienziati. Siamo una macchina produttiva costante con una collezione permanente che produce opere che restano qui ad ogni mostra. Poi c’è l’anima della didattica, del rapporto con la scuola e con i giovani. Abbiamo coinvolto circa 120 mila studenti e fatto più di 5 mila laboratori, quindi abbiamo una dimensione sociale ed educativa ma anche di diplomazia internazionale. Poi l’attenzione alla creatività artistica italiana. In questo senso, abbiamo fatto crescere e diventare internazionale il Premio Maxxi per il sostegno ai giovani artisti, affiancati da Bulgari.

 

C’è un modello di museo internazionale al quale vi siete ispirati per costruire l’identità del Maxxi?

Li abbiamo studiati tutti i musei di arte contemporanea e forse se devo trovare un modello ispiratore è quello del New Museum di New York. anche se il Maxxi è un modello unico e diverso. Quando abbiamo iniziato eravamo gli ultimi arrivati sulla scena del contemporaneo forse anche a causa della pesante storia antica del nostro paese e abbiamo dovuto lottare nella giungla per costruirci un modello ed una identità. Il consiglio di amministrazione era tutto di donne e anche oggi la maggioranza è femminile. l’80% dei dipendenti è donna e posso dire che il Maxxi è un museo fecondo non solo intellettualmente perché da quando abbiamo cominciato a fare contratti a tempo indeterminato c’è stata una esplosione di maternità e abbiamo avuto 27 gravidanze delle nostre dipendenti. Qui si è potuto fare e non è scontato. Io mi sento e lavoro più come un amministratore delegato che come un presidente con un ruolo formale. Mi sono presa il dipartimento marketing e comunicazione e curo fondamentalmente le relazioni, sto otto passi indietro rispetto alla direzione artistica anche se sempre in dialogo con Hou Hanru, e Bartolomeo Pietromarchi e fino a poco fa anche con Margherita Guccione che sono i direttori artistici e curatori delle varie sezioni.

 

Quali sono stati i danni della pandemia e del lockdown?
Da cinque anni continuavamo a crescere. A gennaio di quest’anno stavamo a +35% di ingressi rispetto ad un anno fa. A febbraio eravamo già a -12%. Oggi, tocchiamo -84% rispetto a luglio 2019. Siamo una macchina produttiva costante e il governo ci dovrà aiutare perché io sto per tagliare circa 2 milioni e mezzo che non abbiamo più. Durante il lockdown abbiamo reagito e ci siamo trasformati in un broadcaster di contenuti toccando 14 milioni di contatti ma tutto questo solo grazie alla generosità degli artisti. Adesso è giusto che anche gli artisti tornino ad essere pagati, il Maxxi deve trovare nuove strade e trasformarsi ancora per riuscire a sopravvivere. Chiediamo ai giovani e a Roma di sensibilizzarsi, noi stiamo ripensando tutto per questo target.

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