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Lo statuto del Pd e la diatriba per le donazioni dei militanti

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Per il momento il Partito democratico potrà continuare a ricevere contributi e donazioni da parte dei propri simpatizzanti. Ma la discussione definitiva sulle decisioni della Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, contestate dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, è ancora aperta e sarà affrontata nella primavera del 2021.

 

L’organismo, presieduto da Amedeo Federici, un magistrato della corte dei Conti, a luglio, ha segnalato al Pd alcune incongruenze dello statuto approvato nell’autunno del 2019. Incongruenze che avrebbero potuto comportare l’esclusione dai benefici, finanziari, previsti dalle norme sul finanziamento della politica.

 

La normativa, infatti, prevede che per poter ottenere donazioni e finanziamenti da iscritti e simpatizzanti le formazioni politiche siano iscritte in un apposito registro a cui si accede solo dopo aver superato il vaglio della commissione di garanzia prevista dalla legge 149 del 2013.

 

Ma il recente statuto del Partito democratico, approvato a novembre dell’anno scorso, non ha superato l’esame in quanto, all’articolo 37, prevede che “il tesoriere ha la rappresentanza legale del partito”. Una opzione che va contro le linee guida adottate dalla commissione a gennaio del 2020 e che prevedono invece che “la rappresentanza legale debba essere riferita ad un solo organo, esclusivamente quello di vertice del partito, nelle denominazioni usuali di presidente o segretario generale” e non possa essere ripartita fra le varie funzioni.

 

Insomma, per Federici lo statuto del Pd non è a norma e la commissione ha notificato a Zingaretti e company le proprie osservazioni e chiesto di modificare la carta fondante riportandola all’interno delle linee guida per la redazione messe a punto dall’organismo di controllo a gennaio. I vigilanti hanno anche segnalato altre incongruenze minori rinvenute nel testo statutario, come i rinvii a future normazioni non meglio specificate per alcuni aspetti di dettaglio. Il tutto con l’obbligo di adeguare lo statuto entro un tempo massimo due mesi.

 

La decisione che mette a rischio il finanziamento dai simpatizzanti e altre agevolazioni ha ovviamente scatenato la pronta reazione del Partito democratico che ha affidato all’avvocato Gianluigi Pellegrino il compito di stoppare con un ricorso le deliberazioni della Commissione di garanzia. Il legale del Pd ha fatto presente che una modifica dello statuto imposta da un organismo diverso dall’assemblea degli iscritti, ed esterno, sarebbe incongruente con i principi della libera associazione. Interpretazione che in via provvisoria il Tar ha fatto propria. Nel dispositivo si legge infatti, che “considerato che, all’esame sommario tipico della fase cautelare, appare fondata la censura che investe il rilievo della Commissione relativo all’organo dotato di rappresentanza legale, la cui individuazione è rimessa all’autonomia statutaria e non pare suscettibile di eteronoma imposizione”. Per questo il tribunale ha disposto la sospensione dell’efficacia delle decisioni dei vigilanti e il rinvio all’udienza del 14 aprile per affrontare nel merito la diatriba.

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