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Meno prodotti e più tecnologia: come vendere dopo il Coronavirus

commercio retail ecommerce

Anche dopo la fine della crisi del Coronavirus, i clienti potrebbero continuare a tenersi alla larga dagli scaffali. Solo i commercianti più tecnologici riusciranno a sfruttare i loro negozi. Articolo di Phil Wahba apparso sul numero di Fortune Italia di giugno 2020.

SEMBRA FUORI LUOGO CHIAMARE ‘VINCENTE’ qualsiasi attore del retail, dopo le misure di distanziamento sociale che hanno costretto a chiudere centinaia di migliaia di negozi, mettendo a rischio i consumi del futuro. Ma se si guarda alle poche catene che se la sono cavata, si trovano indizi su cosa sarà necessario per tornare ad avere successo, sia durante l’emergenza sia una volta sconfitto il virus.

 

Le vendite statunitensi di Walmart sono salite del 20% a marzo, grazie a chi ha fatto incetta di beni essenziali, ma anche grazie all’aumento del 190% di download mensili della sua app per la spesa online, secondo il data tracker App Annie. Nike ha evitato che il suo business cinese precipitasse grazie a un’app per il fitness che ha aiutato gli allenamenti dei consumatori in quarantena. E Lululemon Athletica ha anche riaperto qualche negozio in Nord America, non per servire i clienti fisici, ma per utilizzare le giacenze per soddisfare gli ordini online. Quello che sembra chiaro da questi esempi è che l’integrazione tra tecnologia e negozi è diventata centrale per i grandi rivenditori. “I rivenditori più innovativi saranno quelli che si riprenderanno prima”, dice Kimberly Becker, direttore ricerca di Gartner. E in futuro, quando i consumatori avranno ancora remore a stare a lungo in un negozio (se mai ci vorranno entrare), solo le catene più tecnologiche sopravviveranno.

 

I grandi rivenditori sono stati messi alla prova con le razzie di marzo, quando gli americani si sono avventati sugli scaffali di carta igienica e lievito per dolci. Mentre le prolungate attese per le consegne ostacolavano lo shopping su Internet, Target e Walmart sono riuscite con successo a offrire l’opzione di ritiro per gli ordini online effettuati sulle loro app. Questo diventerà sempre più importante ora che entrambe le catene stanno limitando gli ingressi nei loro negozi. E il fatto che adesso entrambi i retailer utilizzino una maggiore quota dell’inventario dei negozi per la vendita online li aiuta ad evitare carenze di merci. “Stiamo usando i negozi come centri locali di smistamento, e così abbiamo potuto affrontare volumi di vendita online degni delle vacanze natalizie”, ha detto a Fortune il chief operating officer di Target, John Mulligan. I cambiamenti della crisi hanno anche comportato un’accelerazione nella ‘semplificazione’ dell’inventario. Per avere scaffali sempre ben riforniti, i retailer hanno lavorato con i fornitori per limitare la varietà di dimensioni, colori e sapori di ogni sorta di prodotto, concentrandosi solo su quelli costantemente apprezzati dai consumatori. Unilever, per esempio, ha detto lo scorso mese che si sarebbe concentrato sui prodotti più grandi, come vasi di maionese da 850 grammi, per poter velocizzare produzione e distribuzione. Rivenditori come Walmart e giganti dei supermercati come Kroger si muovono da tempo in questa direzione, scegliendo di dedicare più spazio sugli scaffali ai prodotti più venduti invece di riempirsi con 50 varietà diverse dello stesso detergente. “C’e sicuramente stato un processo di esclusione di cose che non riescono a ‘vendersi da sole’, che rappresentano solo un altro colore, o un altro sapore”, dice Laura Kennedy, lead consumer e retail analyst di CB Insights. In futuro, se ci verrà voglia del settimo best seller tra i biscotti di una determinata azienda, ci toccherà trovarlo su Internet.

 

La tecnologia aiuta i rivenditori a spremere più entrate dai loro inventari. Lululemon ha investito pesantemente nella tecnologia Rfid (radio-frequency identification), che gli permette di sapere in tempo reale la posizione di qualsiasi felpa o reggiseno, che si trovino in negozio o da un distributore. Così si aumenta l’efficienza della preparazione degli ordini effettuata direttamente nei negozi, in un’epoca in cui l’e-commerce è l’unica fonte di guadagno dell’azienda. “Adesso tutti si chiedono quanti soldi si possono ricavare dai prodotti attualmente in negozio”, dice Nikki Baird, vicepresidente all’innovazione di Aptos, azienda di soluzioni tecnologiche per rivenditori. I negozi che tengono traccia del loro inventario aiutano anche i consumatori: le migliori app dicono ai clienti quali prodotti sono disponibili in quali negozi, un’idea che piace a molti. Anche Walmart e Target hanno fatto passi avanti da questo punto di vista.

 

I successi tecnologici dei retailer non sono solo pensati per la logistica e l’efficienza: generano anche interesse dei clienti verso un determinato brand. Dopo che la maggior parte dei suoi 7.000 locali in Cina sono stati chiusi, Nike ha reso disponibile a tutti la versione premium della sua app per allenamenti on-demand, Nike Training Club. Un applicativo, tra l’altro, perfettamente integrato con il suo e-commerce. Con la crescita degli accessi, sono cresciute del 30% anche le vendite online delle sei settimane di serrata cinese. E il business dei negozi si è ripreso subito, una volta riaperti. Nike sta usando la stessa strategia in Nord America. “Sappiamo che i consumatori hanno bisogno di tenersi in forma, anche mentalmente”, dice Heidi O’Neill, presidente consumer e marketplace di Nike.

 

Eppure, anche dopo la fine della crisi, nessuno si aspetta che i consumatori tornino senza paura nei negozi. Alcuni dei miglioramenti implementati da Nike, come il self-checkout e i sistemi di pagamento contactless, sembravano solo simpatici accessori prima del coronavirus; dopo la riapertura diventeranno necessità improrogabili. “Gli investimenti fatti in passato diventeranno ancora più importanti, quando i clienti torneranno in negozio”, dice O’Neill.

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