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Le tappe del progetto Rete unica approvato da Cdp e Tim

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“Oggi il fattore decisivo per lo sviluppo è la connettività: il nostro compito è esserci”, ha detto a Repubblica Fabrizio Palermo, l’amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, il giorno successivo all’approvazione da parte del Cda di Tim del piano (messo a punto da Cdp e Tim) per la costituzione della rete unica della fibra italiana, unendo quella di Tim con quella di Open Fiber. Un progetto di cui si parla da anni, ma per il quale solo ora si è trovato un inquadramento che fornisse le garanzie necessarie (soprattutto dal punto di vista della governance) a tutti gli interessati.

 

La prima tappa: Fibercop, nel 2021

 

Un percorso che passa dall’accordo di Tim con il fondo americano Kkr Infrastructure e con Fastweb, che prevede la costituzione (approvata nel cda di ieri) di FiberCop, la newco in cui verranno conferite la rete secondaria di Tim (dall’armadio di strada alle abitazioni dei clienti) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture partecipata da Tim (80%) e Fastweb (20%). In FiberCop, KKr Infrastructure avrà il 37,5% del capitale sociale (Tim ha accettato l’offerta vincolante di 1,8 mld) mentre Fastweb avrà il 4,5% di FiberCop a seguito del conferimento del 20% attualmente detenuto in FlashFiber (ovvero la società dove già collabora con Tim). La quota di Tim sarà del 58%. Si prevede che FiberCop avrà un ebitda di circa 0,9 miliardi di euro ed ebitda – Capex positivi a partire dal 2025 e non richiederà iniezioni di capitale da parte degli azionisti. L’apporto di risorse finanziarie che deriva dall’ingresso di Kkr Infrastructure in FiberCop darà un ulteriore importante contributo al rafforzamento della struttura patrimoniale del Gruppo Tim. Il closing dell’operazione è previsto entro il primo trimestre del 2021, una volta ottenute le autorizzazioni delle Autorità competenti.

 

La società che gestirà la rete unica: AccessCo

 

Questo, come era già stato anticipato nei giorni scorsi, è il primo passo. Perché il board di Tim ha anche approvato la lettera d’intenti con Cdp Equity per la costituzione di una società della rete unica nazionale, con la successiva fusione con Open Fiber.

 

Con la lettera di intenti firmata da Tim con Cdp Equity (Cdpe) si punta infatti alla realizzazione del più ampio progetto costituito da AccessCo, società aperta anche ad altri investitori e destinata a gestire la rete unica nazionale, e che verrà formata attraverso la futura fusione tra FiberCop e Open Fiber. Secondo quanto previsto dall’intesa, Tim deterrà almeno il 50,1% di AccessCo e attraverso un meccanismo di governance condivisa con Cdpe sarà garantita l’indipendenza e la terzietà della società (sono previsti meccanismi di maggioranze qualificate e regole di controllo preventivo). Cdp tra l’altro ha evidenziato come AccessCo sarà caratterizzata “dall’assenza di legami di integrazione verticale rispetto ai servizi di accesso alla rete”, e sarà anche aperta al co-investimento di altri operatori, con l’apertura di un tavolo tecnico sull’infrastruttura di rete che servirà a capire come gli interessati possano contribuire, in termini di asset e risorse. La collaborazione tra Tim e Cdp, poi, potrebbe estendersi ad altri campi: “CDP Equity e TIM daranno immediato avvio alle valutazioni in merito ad ulteriori aree di possibile cooperazione per perseguire lo sviluppo di altre tecnologie (5G, hedge computing, Data Center, Cloud e altro), così da facilitare la rapida introduzione di tecnologie innovative che migliorino l’ accessibilità del Paese”, ha scritto Cdp.

 

L’accordo a inizio 2021

 

Per definire i valori degli asset destinati a confluire in AccessCo, e le relative quote di partecipazione nella società, le parti incaricheranno valutatori terzi, cioè studi e società esterne, per avviare i relativi processi di due-diligence relativi a FiberCop e Open Fiber. Prima della fusione, è previsto che Tim conferisca in FiberCop un ulteriore ramo d’azienda che consiste nella rete primaria funzionale alle attività operative di FiberCop. Il processo di due-diligence è atteso entro la fine dell’anno nell’ottica di raggiungere un eventuale accordo di fusione non oltre il primo trimestre del 2021. Il closing dell’operazione, va ricordato, è condizionato alle autorizzazioni delle Autorità competenti. E prima ancora, ha sottolineato ai microfoni di ‘Radio Anch’io’ Franco Bernabè, ex amministratore delegato di Telecom e presidente di Cellnex, “ci sono i cda di società quotate che dovranno esprimersi dopo aver valutato le implicazioni. È un percorso complicato il cui esito non è scontato”.

 

Almeno due anni per l’integrazione della rete

 

I tempi finali per l’integrazione operativa tra la rete di Tim e quella di Open Fiber non sono ancora certi. Una stima l’ha data proprio Fabrizio Palermo, a Repubblica: “Noi correremo, ma non dipende solo da noi”, ha detto. L’obiettivo di tempo entro cui gli italiani avranno una rete unica in fibra “è molto più vicino a due anni. Cinque anni sono troppi. Puntiamo ad una forte accelerazione perché non è affatto banale l’integrazione delle reti e bisogna superare l’esame delle Autorità di controllo, nazionali ed europea”.

 

 

 

Il ruolo di Cdp

 

Nella sua intervista, Palermo ha parlato molto del ruolo di Cassa Depositi e Prestiti, che è ormai protagonista di una quota sempre maggiore della vita industriale e infrastrutturale del Paese. “Questa non è la nuova via italiana al capitalismo misto, pubblico e privato. Questo è il capitalismo paziente che investe lì dove ci sono i fattori per lo sviluppo”, ha detto l’Ad. “E’ nel dna della Cassa, da 170 anni: abbiamo dotato il Paese delle principali reti e infrastrutture, dalle scuole agli ospedali, dagli acquedotti alle strade, dalle reti elettriche a quelle del gas, e siamo azionisti delle principali società strategiche”, dice ancora. “La rete in fibra impatta sui diritti fondamentali dei cittadini e sulla competitività delle imprese. Quindi – dice a proposito dell’interesse della politica nel progetto fibra – penso che sia normale il ruolo della politica, visto che c’è in ballo un interesse pubblico. Il consiglio di Cdp peraltro risponde al Tesoro e anche alle Fondazioni bancarie che sono azioniste di minoranza. La formazione del cda della Cassa è molto particolare, con il direttore generale del Tesoro, un rappresentante della Corte dei conti e uno della Ragioneria generale dello Stato, oltre alle Fondazioni. Resta il fatto che operiamo secondo criteri privatistici”. Infine, spiega, nell’accordo “abbiamo definito una governance congiunta, un governo bilanciato che prevede la nomina condivisa dell’amministratore delegato. L’equilibrio che è stato individuato serve a garantire la terzietà della rete, la possibilità che non ci siano impedimenti nell’accesso alla rete da parte di tutti i soggetti. Tutto questo, ovviamente, dovrà passare al vaglio delle Autorità di garanzia”, conclude Palermo.

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