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Martina Rogato: “Mettete il bavaglio alla sindrome dell’impostore”

È una parola che negli ultimi tempi va di moda, sostenibilità. Forse anche per questo Martina Rogato, che fa la consulente aziendale in tema di sostenibilità ambientale e sociale, ed è anche la Presidente di Young Women Network, tiene subito a precisare che “è una cosa che si fa con i fatti e non con le parole”, altrimenti si tratta semplicemente di green washing, cioè una doccia di buoni propositi senza nulla di concreto. Rogato è stata la protagonista del terzo appuntamento di #illimitHER, il programma di incontri con role model femminili e under 35 promosso da banca illimity insieme a un ecosistema di organizzazioni che promuovono la diversità, l’inclusione e l’empowerment delle giovani donne, di cui fa parte anche la comunità Most Powerful Women.

 

Incalzata dalle domande della giornalista Cecilia Greco, Rogato ha raccontato la sua storia per offrire al pubblico collegato online un modello di percorso “diverso” che l’ha portata a lasciare una carriera già tracciata per intraprendere una strada non convenzionale. Una scelta che le è valsa, proprio in questi giorni, la nomina di sherpa nel prossimo W20, l’engagement group del G20 sulla parità di genere, fatto di esperte e rappresentanti della società civile. Il prossimo G20 si terrà nel 2021, e sarà a presidenza italiana.

 

“Dopo la laurea mi sono candidata per fare la volontaria di Amnesty, una delle prime ONG a parlare dell’impatto delle aziende sui diritti umani. Quella esperienza ha ispirato tanto il mio percorso”. Rogato racconta di come la sua carriera si componga di tante esperienze in settori diversi “ma alla fine tutte con il filo rosso della sostenibilità e dei diritti umani”. Dall’idea iniziale di fare la giornalista (“mi è servito per imparare a scrivere e parlare bene”) fino a occupare un posto “sicuro” in una grande azienda di consulenza. Ma era una scrivania che le andava stretta: “A un certo punto ho deciso di cambiare lavoro perché pensavo di non poter più crescere. Avevo un percorso tracciato da consulente ma volevo di più. Il destino ha voluto che proprio mentre cambiavo lavoro la relazione che avevo col mio fidanzato arrivasse alla fine. Nel giro di pochi mesi mi sono trovata senza lavoro e senza fidanzato. L’ho chiamato il mio Big Bang: tutti i punti di riferimento personali e professionali che avevo sono saltati in aria”.

 

Ma Rogato non si abbatte, anzi. “I drammi capitano a tutti, ma è come si reagisce che fa la differenza”. Torna all’associazione che aveva fondato anni prima, Young Women Network, ed è “come se avessi resettato anche me stessa”. Questa storia Martina Rogato l’ha raccontata anche in TedX di cui è stata speaker, a Catania. “Ho parlato della sindrome dell’impostore, cioè di quella sensazione di non essere all’altezza del posto che si ricopre. E che si combatte aumentando la consapevolezza rispetto a noi stesse. Mettendo il bavaglio a quella voce dentro di noi che ci dice di essere inadeguate”. Grazie all’associazione Rogato inizia ad avviare una rete di contatti; gira il mondo seguendo eventi e conferenze sul clima e sulla sostenibilità, “temi poco dibattuti in Italia”, che le danno visibilità. Nel 2016 decide di fare la consulente free lance per le aziende. “Fare consulenza sulla sostenibilità è molto lontano dalla consulenza classica. Significa studiare l’azienda, guardare le caratteristiche di posizionamento, che visione ha, e poi creare dei progetti che abbiano un impatto ambientale o sociale. La base è l’ascolto del mondo che circonda l’azienda. Rispetto alle grandi aziende di consulenza, che fanno un lavoro automatizzato, quello della libera professionista è un lavoro da boutique, è sartorializzato. In più io ho molta passione in quello che faccio e quello fa la differenza”.

 

Se le chiedete cosa ci vuole per fare il suo lavoro, Rogato risponde “studio delle lingue, orientamento al lavoro, perché si continua sempre a studiare, ed etica professionale”. In più, una buona dose di coraggio per scegliere ciò che gli altri lasciano: “Sono specializzata sul sociale, ovvero sui diritti umani. In Italia gli specialisti sui diritti umani sono pochissimi e anche questo è un vantaggio competitivo”.

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