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Il derby sulla legge 81 e il futuro dello smart working

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Sulla legge 81, e quindi su quale sarà il destino dello smart working, gli avvocati giuslavoristi si dividono. Parlano Angelo Zambelli, Aldo Bottini e Patrizia Tullini. La versione completa di questo articolo, a firma di Marco Barbieri, è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2020.

 

Tutto potrebbe ridursi in una partita tra pro e contro la legge 81 del 2017. Un derby. Come nelle migliori tradizioni italiane si vedono già in campo due schieramenti, non solo nell’agone politico, ma anche tra avvocati giuslavoristi. Chi vorrebbe approfittare del ritorno alla normalità post-Covid per modificare una legge considerata troppo vaga. E chi teme che si voglia ingabbiare la libertà che in essa era contenuta, quella di definire individualmente il ricorso o meno allo smart working. Per mesi abbiamo visto proliferare l’istituto – o un suo succedaneo – e si è animata una discussione sulla natura dello smart working. Lavoro davvero ‘smart’ o semplicemente telelavoro, o per dirla con le espressioni anglofone che tanto piacciono, home working?

 

Oggi siamo alla vigilia di un ritorno alle norme ordinarie, non più emergenziali. O il 15 ottobre, se l’emergenza non verrà ribadita, o al più tardi il 31 dicembre, scadranno le norme che hanno reso lo smart working una scelta unilaterale delle aziende, trasformandolo da modalità organizzativa di lavoro in procedura obbligata di distanziamento sociale. E si tornerà alla piena vigenza della legge 81. “La legge del 2017 ha introdotto e codificato le norme che regolano il lavoro da remoto – spiega Angelo Zambelli, avvocato partner di Grimaldi studio legale (37 soci e 130 avvocati) – a valle dell’esperienza sul telelavoro definita con gli accordi interconfederali del 2004. Ma con una novità sostanziale: il telelavoro si manifestava come una sostanziale trasposizione domestica dei processi produttivi tayloristici e fordisti della fabbrica. Lo smart working, o lavoro agile, introduceva invece una nuova modalità, una nuova organizzazione che non coincide con la delocalizzazione: una modalità di lavoro flessibile e decontestualizzata dai vincoli di luogo e di tempo, acquisita con ampia e assoluta discrezionalità da parte del dipendente”.

 

La versione completa di questo articolo, a firma di Marco Barbieri, è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2020. Ci si può abbonare al magazine mensile di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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