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Coronavirus, Arcuri smentito dalla prima linea

Anestetisti e rianimatori contro il Commissario per l’emergenza Coronavirus. Ovvero, gli uomini in prima linea contro l’uomo che deve garantire loro gli strumenti essenziali per non piegarsi all’epidemia. Le parole e i dati rassicuranti di Domenico Arcuri sulla situazione nelle terapie intensive degli ospedali italiani non trovano conferme nella realtà.

 

La tesi del Commissario è che le terapie intensive non siano sotto pressione. “In Germania a marzo c’erano 30 mila posti di terapia intensiva, sei volte di più che in Italia, dove erano 5 mila; al picco abbiamo avuto nel nostro Paese circa 7 mila pazienti in rianimazione, duemila di più della totale capienza dei reparti. Oggi abbiamo circa 10 mila posti di terapia intensiva e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese. Attualmente ci sono circa 3300 ricoverati in terapia intensiva, quindi la pressione su questi reparti non c’è”. Evidentemente, Arcuri parla dei soli ricoveri in terapia intesiva per Covid, quando, altrettanto evidentemente, vanno considerati tutti gli accessi in terapia intensiva: altre patologie, incidenti, emergenza di varia natura.

 

Non solo. I rianimatori contestano la tesi ma anche i dati che la sostengono. “Viene affermato che la pressione sulle terapie intensive sia sostenibile ma in realtà nelle regioni a zona rossa la pressione è quasi insostenibile e in quelle arancioni è molto, ma molto pesante. Sostenere che 10.000 ventilatori possano garantire un sufficiente margine per sostenere questa crescita esponenziale di ricoveri in terapia intensiva significa pensare che basti saper accendere un ventilatore per salvare una vita. Purtroppo non è cosi”, sostiene in un videomessaggio mandato in onda ad Agorà, su RaiTre, Antonio Giarratano, presidente Siaarti, (anestesisti e rianimatori).

 

Prima era arrivata la reazione del Presidente dell’Associazione anestesisti e rianimatori ospedalieri, Alessandro Vergallo. “La pressione c’è e sfido chiunque a dire che non è così”, ha detto a Radio Capital, aggiungendo: “Tutti quei posti declamati non risultano, è un dato sovrastimato. Forse per raggiungere i diecimila si stanno sommando i posti letto preesistenti con il numero di ventilatori che sono stati forniti . Ma fornire un ventilatore non significa trasformarlo in un posto di rianimazione. La brutta sensazione è che nonostante i nostri richiami si continui ad affermare questa equivalenza. Se metto un ventilatore in un posto letto di medicina non ho trasformato un bel nulla. Il numero reale è di 7.500”.

 

Quindi, smentite secche. Che fanno male alla credibilità di Arcuri e anche del Governo che lo ha nominato. Visto che il Commissario non è un manager sprovveduto, e neanche l’ultimo arrivato, viene da chiedersi perché. Perché, nonostante la situazione, si continua a parlare senza considerare il punto di vista di chi, a partire da anestetisti e rianimatori, affrontano quotidianamente l’emergenza? Perché si vuole mandare un messaggio rassicurante che non trova riscontro nella realtà? Perché non viene concordata una linea di comunicazione coerente?

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