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Genovese e lo stupro, un passo indietro

Ci sono storie, brutte, in cui devono contare solo le persone. La sofferenza delle persone che sono vittime. E le conseguenze degli atti, criminali, delle persone che sono carnefici. È il caso della storia di Alberto Genovese e della ragazza diciottenne che ha subito da lui una violenza, sessuale, fisica e psicologica.

 

Lo status di imprenditore dello stupratore, è il fondatore di Facile.it (in cui non ha incarichi operativi dal 2014) e di altre realtà significative, come Prima Assicurazioni, non può essere associato in alcun modo ne’ al successo ne’ all’impresa. E, ancora di più, la sua presunta genialità imprenditoriale non deve essere in alcun modo un’attenuante. Neanche solo affidata all’interpretazione.

 

Non servono riferimenti ad altre testate. Si può sbagliare e gli errori vanno riconosciuti e affrontati, perché non si ripetano. Il problema però riguarda, in maniera più generalizzata, la responsabilità della stampa. E, in particolare, la necessità di fare un passo indietro, quando le circostanze lo richiedono.

 

Non vuol dire rinunciare al diritto di cronaca. Mai. Vuol dire, al contrario, che la cronaca deve prevalere sul resto. Anche sulle analisi economiche e sulla ricostruzione dei percorsi professionali. Devono diventare accessori e rimanere separati dalla narrazione principale, quella del carnefice e delle vittime. Altrimenti, si fa confusione o, peggio, disinformazione.

 

Per questo, è la risposta a chi ci ha chiesto perché non ci siamo occupati di Genovese, e delle altre imprese a lui legate, abbiamo deciso di rimanere un passo indietro. Perché ci sono altri che fanno, bene, la cronaca. E le nostre analisi economiche possono attendere.

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