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La mossa di Renzi apre comunque una crisi

Se non è l’apertura di una crisi formale, ci manca poco. Anche perché la mossa di Matteo Renzi, l’intervista a un importante testata straniera come El Pais, è un segnale forte. “Se Conte vuole pieni poteri come Salvini, io dico no”, è la frase che sceglie il leader di Italia Viva per mettere in difficoltà il premier Giuseppe Conte, proprio durante la riunione del Consiglio Ue a Bruxelles. Una frase a cui aggiunge una risposta secca, alla domanda del quotidiano spagnolo se sia pronto a far cadere il governo nel caso in cui Conte non faccia marcia indietro: “Sì, perché questo non è un problema di posti, che pure mi hanno offerto”.

 

Quella di Renzi è una scelta che alza ulteriormente i toni dello scontro in atto e che entra di diritto tra i passaggi più significativi della via renziana all’esercizio dell’influenza politica. Non ha lo stesso peso di “Enrico stai sereno”, la frase che anticipò il colpo di mano che lo portò a Palazzo Chigi al posto di Enrico Letta, perché sono cambiati i tempi e il peso di Renzi non è certo lo stesso di allora. E non è ancora ‘la mossa del cavallo’, secondo la definizione che lo stesso leader di Italia Viva ha dato alla manovra che, nella sua riscostruzione, ha consentito di evitare che Matteo Salvini assumesse ‘pieni poteri’ e portato alla formazione del governo giallo-rosso.

 

Ma la stessa citazione dei pieni poteri rende il messaggio di oggi sufficientemente chiaro, come dimostrano le reazioni pronte dei suoi diretti interlocutori.

 

Il ministro della Giustizia e capodelegazione cinquestelle Alfonso Bonafede: “E’ irresponsabile attaccare il governo di cui si fa parte, per di più da un quotidiano estero, minacciando addirittura una crisi mentre il Consiglio Ue è ancora in corso e l’Italia sta facendo valere le proprie ragioni. Questo vuol dire indebolire deliberatamente l’Italia a livello internazionale. Non solo non è accettabile ma è irrispettoso nei confronto di tutti gli italiani”.

 

Poi il segretario del Pd, Nicola Zingaretti: “Nessuno deve chiedere marcia indietro a nessuno. Sul recovery oggi il ministro Amendola ha confermato che dopo l’ok al testo si apre una fase di confronto in cui chiamare tutti a contribuire per arricchire e migliorare la proposta. Questo è lo spirito giusto che si deve avere: impegnarsi a trasformare in realtà quanto il Governo ha conquistato in Europa. Questo è il senso delle scelte che abbiamo fatto insieme il 5 novembre al vertice a Palazzo Chigi, l’opposto che parlare di crisi, per altro in pieno Consiglio Europeo, ma la scelta di affrontare i problemi aperti”.

 

Quindi, la risposta di Conte: “Continuerò finché ci sarà una maggioranza a sostenermi. Conto di incontrare presto le delegazioni di maggioranza”.

 

Per il Premier e per il Paese, in una fase resa ancora più complicata dalla gestione dell’emergenza Coronavirus, c’è un problema reale: non si può governare con un livello di instabilità così alto. Al Senato i numeri rendono precario qualsiasi provvedimento e la partita del Recovery Fund ha bisogno di una maggioranza capace di prendere decisioni che abbiano un respiro più ampio. Non di galleggiare, o resistere, tra un agguato e l’altro. Non è ancora una crisi formale ma è comunque una crisi da sminare. E, a questo punto, è probabile che ci pensi il Quirinale. Almeno con la richiesta di una verifica della tenuta della maggioranza.

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