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Welfare, il nuovo rapporto tra provider e aziende

welfare terzo settore

Il 2021 comincia con una rinnovata attenzione delle imprese alle proprie risorse umane. La “persona al centro” non sembra solo uno slogan, ma un obiettivo di medio lungo periodo. Quindi il welfare in azienda assumerà un ruolo sempre più centrale. E i provider potranno svolgere con rinnovata attenzione il loro servizio di partnership con le direzioni Hr delle aziende. Di questo scenario parliamo con Stefania Rausa, Direttore Marketing e Comunicazione di Edenred, la società francese che controlla Easy Welfare, il leader di mercato tra i provider che operano in Italia.

La pandemia ha cambiato la relazione tra provider e aziende?

 

Le faccio l’esempio dei buoni pasto. Durante l’emergenza Covid-19 e il conseguente lockdown, il 40% delle aziende ha iniziato a fornire il buono pasto a meno del 30% dei dipendenti, cioè a coloro che potevano continuare a recarsi sul posto di lavoro anche nel periodo di chiusura totale. Ma alla fine del lockdown molte aziende hanno ripreso ad acquistare buoni pasto e qualche società ha deciso di acquistarne il doppio per poter risarcire i propri dipendenti della perdita di Ticket Restaurant nel periodo in cui hanno lavorato in smart working. Riteniamo sia una scelta di grande maturità da parte di queste aziende, perché sebbene la società non sia obbligata a offrire i buoni pasto ai propri dipendenti, si tratta di un benefit che permette ai lavoratori di avere circa 200 euro in più ogni mese oltre a rappresentare, soprattutto in questo periodo, un sostegno all’economica locale. Chi è in smart working svolge le stesse mansioni di prima, l’unica differenza è la modalità. Resta quindi il diritto del lavoratore a una pausa pranzo di qualità anche a casa. Dopotutto il principio del buono pasto è questo: garantire al dipendente un’alimentazione sana durante la pausa pranzo dal lavoro. Per questo per noi è una forma di welfare che non si dovrebbe interrompere nemmeno in modalità di lavoro agile. In questo senso si stanno muovendo sindacati e Parlamento europeo: servono regole per tutelare i lavoratori in smart working.

 

Ma più in generale, per quanto riguarda il welfare aziendale nel suo complesso…

 

I cambiamenti ci saranno necessariamente, perché cambiando in modo così radicale le modalità di lavoro si modificheranno le richieste che verranno dai dipendenti. Resterà comunque prioritaria la questione salute: i sistemi di sanità integrativa sono considerati un supporto fondamentale per il sistema sanitario nazionale e rispondono ai bisogni di protezione della salute che sono in continuo cambiamento. Oltre a questo, ci saranno necessariamente nuove esigenze sociali legate agli sviluppi di questo particolare periodo basati su una nuova gestione del tempo, del lavoro, della vita privata. Ci dobbiamo preparare a un nuovo welfare con proposte sempre più innovative.

 

Nuovi bisogni, nuove richieste, nuovi servizi?

 

La pandemia ha sicuramente modificato le priorità e le abitudini dei dipendenti e delle loro famiglie. Edenred risponde alle nuove necessità di queste persone attraverso il dialogo e il confronto costante con le aziende. Come ho già detto, resta prioritaria la salute e quindi l’assistenza sanitaria integrativa e l’assistenza ai familiari, che potrebbe essere rimodulata in base alle nuove necessità. Cambieranno poi altri servizi: i benefit per la mobilità tradizionale potrebbero spostarsi ad esempio sulla mobilità sostenibile con acquisti di monopattini o biciclette elettriche o ancora per il car sharing. La richiesta di benefit per l’area ricreativa è scesa, ma necessariamente si tornerà a fare sport, a seguire corsi, a vedere spettacoli, anche lì potrebbe esserci una maggiore richiesta per eventi e corsi online. Cambieranno le modalità, ma difficilmente rinunceremo a trascorrere il nostro tempo libero seguendo le nostre inclinazioni, i nostri interessi e le nostre necessità. Il welfare aziendale potrebbe essere sostenuto grazie all’aumento della soglia massima di esenzione fiscale per beni e servizi offerti dall’azienda ai propri dipendenti da 258,23 a 516,46 euro per lavoratore: una spinta importante per la ripresa dell’economia, che ha funzionato fino alla fine del 2020. Il nostro auspicio è che questi incentivi possano essere riproposti, anche se per ora sono stati riportati al livello precedente. In questo modo si potrebbero far ripartire i consumi in modo molto più deciso in tutto il Paese. Parlando ancora di cambiamenti, durante il lockdown abbiamo assistito a un aumento dei pagamenti digitali, trend che sembra confermarsi anche nella fase post emergenziale, perché il cashless è più pratico, veloce e sicuro. Noi di Edenred, che abbiamo sempre puntato sul digitale, abbiamo riscontrato un aumento del suo utilizzo tra i nostri clienti: oltre il 70% usa spesso o sempre il bancomat e il 38% le carte di credito, meno del 30% usa i contanti. Sono aumentati anche i lavoratori e i merchant che sono passati alla app per i buoni pasto: dal 2019 ad oggi abbiamo registrato oltre 5 milioni di transazioni.

Lo smart working determinerà nuovi servizi/benefit fuori dalla sede aziendale?

 

Sì, senza dubbio. Il welfare nelle organizzazioni ha subìto profonde modifiche, la pandemia ha infatti accelerato alcuni processi. Basti pensare che, come sottolinea Secondo Welfare in una recente indagine su un campione di 500 organizzazioni, il 75,9% ha introdotto nuove prestazioni per i propri dipendenti, che riguardano non solo lo smart working, ma anche la sanità integrativa, indennità e assicurazioni, servizi per educazione, infanzia e istruzione. Ciò che fino a qualche mese fa veniva speso per la mobilità o per il tempo libero ora si sta quindi spostando su servizi di altro tipo, soprattutto incentrati sulla salute e la sicurezza della persona e della famiglia. Le necessità delle persone sono già cambiate e probabilmente cambieranno ancora una volta passata l’emergenza, ma quello che rimarrà in eredità di questo periodo sarà l’impegno costante ad individuare soluzioni customizzate sulle esigenze dei dipendenti, proprio per questo il 35,9% delle organizzazioni investirà in nuove iniziative, mentre solo il 14,3% tornerà a seguire la strategia adottata nella fase pre-Covid.

 

People care: una retorica irrinunciabile o una modifica dei piani di welfare?

 

Mai come ora il concetto di “people care” assume ancora più valore rispetto a qualche mese fa. Una pandemia mondiale ha portato dei cambiamenti mai visti prima nella quotidianità delle persone e il lavoro è uno dei principali settori che uscirà rinnovato da questo periodo drammatico. L’impegno non deve essere semplicemente quello di far ripartire il lavoro, ma di ripensarlo. Abbiamo visto in questi mesi come le persone si siano adattate a cambiamenti radicali e improvvisi: in alcuni casi la produttività è addirittura aumentata. Ora è necessario uscire dall’emergenza e concentrarsi su un nuovo concetto di lavoro che parta dal benessere del lavoratore, dalla conciliazione tra impiego e vita privata, dalla condizione della donna nel mondo del lavoro, dal giusto reddito e dal diritto alla salute e alla sicurezza. E su questi concetti costruire nuovi piani welfare sempre più completi, attuali, pensati partendo dai bisogni e dalle necessità delle persone.

 

Come si evolve la relazione tra azienda, rappresentanza sindacale e provider?

 

Durante il lockdown le aziende sono state costrette a ricorrere velocemente allo smart working ma non sempre è stato applicato nel modo corretto. In molti casi non si è trattato di lavoro agile, ma di lavoro da remoto senza le giuste tutele e senza un vero e proprio coordinamento per svolgere il lavoro in maniera realmente produttiva. La realtà post-Covid dovrà vedere le imprese impegnate a ripensare la relazione tra mission, struttura aziendale, ambiente di lavoro, trasformazione digitale e produttività. Questo nuovo modo di pensare e programmare il lavoro richiede necessariamente delle regole che favoriscano il bilanciamento tra diritti e doveri dei dipendenti e obiettivi di sviluppo delle aziende. Si deve dunque aprire una nuova fase di contrattazione; servono norme adeguate ai tempi che stiamo vivendo, che tengano conto delle caratteristiche di un lavoro sempre più “ibrido” e contemperino queste nuove modalità con le esigenze di tutela dei lavoratori. Questo è l’unico modo per assicurare, da un lato, efficacia e stabilità al sistema; dall’altro, riconoscimento dei diritti, (ri)qualificazione professionale, forme di welfare più avanzate e flessibili e quindi una migliore work-life balance per la forza lavoro.

 

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