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Lo sport americano celebra Biden. E viceversa

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The Donald in direzione Florida, Lady Gaga che emoziona con l’inno nazionale, più volte boicottato per protesta contro le violenze sugli afroamericani. Per l’America, un giorno nuovo. E anche l’avvio verso la normalizzazione dei rapporti con lo sport, preso di mira dalla precedente amministrazione. La presenza tra gli invitati all’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca anche di Kareem Abdul Jabbar, leggenda del basket americano e mondiale, recordman di punti segnati nella Nba, nonché leader per la difesa dei diritti civili, è uno dei segnali forti del primo giorno di Biden presidente, il primo passo del nuovo corso a stelle e strisce. Un riconoscimento del ruolo svolto dal basket soprattutto, ma anche da football e soccer, per la tutela delle diversità negli anni del mandato di Trump e in particolare negli ultimi mesi, dopo l’assassinio di George Floyd a Minneapolis.

 

Contro le violenze ai danni dei neri, contro le politiche intolleranti e le parole sprezzanti di Trump verso omosessuali, latinos, verso la comunità lgbt. Jabbar nelle tribunette alla cerimonia di insediamento era in compagnia di Sarah Fuller, prima donna a giocare e a segnare punti per un college in un campionato nazionale, a Vanderbilt. E chi non era presente allo storico insediamento ha dato un segnale di partecipazione emotiva attraverso i social.

 

I Golden State Warriors tre volte campioni Nba, che avevano rinunciato a sfilare alla Casa Bianca in più occasioni per non stringere la mano a Trump, hanno pubblicato sul loro profilo ufficiale su Twitter una fantastica clip in onore di Kamala Harris, figlia di Oakland (la città degli Warriors): una bimba afro che indossa la casacca preparata da Golden State, la numero 49 con la scritta sulle spalle MADAME VIP., con le immagini intervallate dalla sequenza di foto sulla vita e la carriera della neo vicepresidente. Un video che ha collezionato migliaia di rimbalzi su Twitter ed è stato rilanciato anche dall’allenatore di Golden State, Steve Kerr, figlio di un diplomatico ucciso in un agguato in Libano nei primi anni Ottanta, in aperto conflitto con Trump, e sostenitore del movimento Black Lives Matter.

 

E a proposito della sfilata dei campioni alla Casa Bianca, che è una specie di liturgia nello sport americano, qualche giorno fa i Los Angeles Lakers della stella della Nba, Lebron James, avevano annunciato la loro presenza, prevista in aprile, per incontrare il nuovo presidente e mettersi in posa per celebrare il titolo Nba vinto lo scorso ottobre, cinque anni dopo l’ultima sfilata di una squadra Nba campione, i Cleveland Cavaliers, a quei tempi trascinati dallo stesso James.

 

Il palazzetto dello sport dei Lakers, a Los Angeles, si è illuminato, come molti altri stadi americani del football, del baseball, dall’Hard Rock Stadium di Miami al Levi’s Stadium di San Francisco in onore dell’insediamento del ticket Biden-Harris e per ricordare la memoria degli oltre 400 mila americani che sono deceduti a causa della pandemia da Covid-19. Sono solo alcuni degli attestati di stelle e franchigie che non vedono l’ora di cambiare marcia, nella consapevolezza che la spirale di odio, di intolleranza, alimentata da Trump, non si è spenta con il giuramento del nuovo presidente degli Stati Uniti.

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