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Governo, è l’ora di Mario Draghi

mario draghi bce

È il nome che tutti pronunciano da giorni. L’unico nome che mette d’accordo quasi tutti. Sarà Mario Draghi, che salirà al Quirinale domani a Mezzogiorno, l’uomo incaricato dal Capo dello Stato Sergio Mattarella di formare quel “governo di alto profilo”, indispensabile per uscire dallo stallo, incredibile e indecoroso, in cui si è impantanata la politica italiana. Si è verificata l’unica condizione possibile per il coinvolgimento dell’ex presidente della Bce. Serve un governo istituzionale e il candidato migliore a guidarlo è lui.

 

Draghi poteva accettare solo un incarico di questo tipo. Sarà alla guida di un governo che cercherà di mettere insieme le migliori capacità di questo Paese, nel momento più difficile, per rispondere proprio alle priorità indicate con chirurgica precisione da Mattarella: servono decisioni importanti per disinnescare la combinazione esplosiva dell’emergenza sanitaria, tutt’altro che risolta, e di quelle sociale ed economica, che devono ancora mostrare il loro lato peggiore. A Palazzo Chigi ci sarà l’uomo che, di fatto, ha salvato l’Euro e l’Europa da un’altra tempesta perfetta, quella innescata dalla crisi del 2008-2012.

 

L’ex presidente della Bce non ha ambizioni politiche personali e mai avrebbe accettato di schierarsi in un governo politico. Formare il nuovo esecutivo e presentarsi in Parlamento per chiedere a tutti la fiducia rende il passaggio che si consumerà nelle prossime ore inevitabilmente assimilabile all’esperienza dei ‘tecnici’ del 2011, con Mario Monti premier. Eppure, ci saranno questa volta delle profonde differenze.

 

Primo perché Draghi non è Monti, da ogni punto di vista si tenti il paragone. Chi conosce bene l’ex presidente della Bce sa quale sia la sua alta considerazione della politica ma anche quanto sia ferma la sua convinzione di non essere e di non voler essere un politico. L’esperienza alla guida dell’Eurotower è stata però anche profondamente politica. La leadership che ha espresso Draghi è servita a prendere decisioni senza precedenti, nonostante la durissima opposizione della Bundesbank e dei Paesi del Nord Europa, e a difenderle portando sistematicamente dalla sua parte non solo il Consiglio della Bce ma l’intera politica europea.

 

La posizione che ha espresso nel suo intervento sul Financial Times allo scoppio della pandemia, sdoganando in estrema sintesi la necessità di accumulare debito pubblico per reagire, è l’attualizzazione del celebre “whatever it takes” pronunciato per difendere ad ogni costo l’Euro. Il successivo invito fermo a distinguere tra ‘debito buono e debito cattivo’, quello che serve a risolvere problemi e quello che serve a crearne di nuovi, completa il suo manifesto.

 

Draghi assumerà l’incarico di ‘salvare l’Italia’ convinto di avere le possibilità per farlo ma consapevole che per riuscirci serviranno anche ministri capaci e un Parlamento in grado di capire una volta per tutte la gravità di quello che sta accandendo. Ha sempre lavorato così: leadership, collaborazione con le altre figure istituzionali, profondo rispetto ma mai deferenza verso la politica. E da qui ripartirà.

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