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Dai vaccini mRNA allo Spazio: la rivoluzione da 200 mld del Deep tech

Quando si parla di Deep Tech, ci si riferisce a quelle startup (o scaleup) che hanno come scopo quello di affrontare sfide scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche profondamente innovative, quando non proibitive. Un esempio sono le imprese di Elon Musk, che cercano di rivoluzionare completamente le tecnologie e il modello di business del proprio settore (Tesla quello automobilistico, SpaceX quello spaziale) o praticamente di crearne uno (Neuralink nelle neurotecnologie). Secondo un report di Bcg, queste deep tech stanno creando un giro d’affari sempre maggiore: gli investimenti hanno raggiunto più di 60 miliardi di dollari nel 2020 e potrebbero triplicare, arrivando a circa 200 miliardi entro il 2025.

 

 

Nella categoria deep tech si possono far rientrare le innovazioni più disparate: la fusione nucleare, il primo aereo supersonico dopo il Tupolev, la rivoluzione della biologia sintetica, i taxi volanti, i robot ‘morbidi’. E qualcosa che in tempo di pandemia si sta rivelando particolarmente utile: un vaccino per il COVID sviluppato in nove mesi e basato su mRNA. Qualsiasi sia il settore, l’approccio comune è quello orientato alla risoluzione di un problema, piuttosto che allo sfruttamento di una tecnologia (non è detto che ne sfruttino una sola). Molte sviluppano principalmente prodotti fisici, piuttosto che software (l’83% delle imprese Deep Tech sta attualmente costruendo un prodotto con una componente hardware). E, di solito, le imprese Deep Tech si basano su un ecosistema di attori profondamente interconnesso, senza il quale non potrebbero prosperare: forse senza la spinta delle agenzie spaziali come la Nasa e l’Esa, gli obiettivi delle aziende della new space economy come SpaceX sarebbero veramente impossibili da raggiungere.

 

 

Il deep tech, ricorda il report BCG (“Deep tech: the great wave of innovation”), è stato definito come la ‘quarta ondata’ di innovazione. E, proprio come ogni ondata, anche la quarta si prepara ad essere di maggiore portata rispetto alla precedente. Ha appena preso il via, e secondo Bcg ricorda un po’ la situazione all’inizio degli anni ’90, quando nessuno poteva immaginare cosa sarebbe diventato il web.

 

I numeri

 

Queste grandi ondate hanno bisogno di soldi per crescere, e quindi passano anche dal loro successo tra gli investitori. Che sono sempre meno spaventati dai rischi d’investimento. Lo studio Bcg ha rilevato un massiccio aumento degli investimenti dal 2016 al 2019, passati da 20 a 52 miliardi di dollari rispettivamente, con un corrispondente aumento degli importi per investimento da 360 mila a 2 milioni di dollari. Anche gli investimenti privati in Deep Tech da parte di Smart Investor sono aumentati tra il 2016 e il 2019, passando da 0.8 miliardi di dollari a 3.9, e portando il numero di deal da 19 a 47. Le stime BCG più recenti segnalano che gli investimenti in questa tecnologia innovativa hanno raggiunto più di 60 miliardi di dollari nel 2020 e potrebbero triplicare, arrivando a circa 200 miliardi entro il 2025 se anche il modello di investitore verrò riadattato al contesto tecnologico.

 

L’approccio ‘nature co-design’

 

Il rapporto Bcg parte dal caso dei vaccini mRna contro il Coronavirus per sottolineare l’aspetto fondamentale del deep tech: il suo approccio ‘nature co-design’, che comporta la conoscenza delle forze e dei processi naturali a livello atomico per produrre direttamente le materie prime di cui l’industria ha bisogno, invece di estrarle dall’ambiente. Abbiamo visto l’applicazione di questa metodologia proprio con lo sviluppo del vaccino contro il Covid-19. “Moderna, Pfizer e BioNTech”, scrive Boston consulting group, “hanno adottato un approccio radicalmente nuovo per progettare il vaccino: invece di inoculare una versione neutralizzata del virus per scatenare una risposta immunitaria nel paziente, hanno iniettato le istruzioni utili a riconoscere la parte del virus che scatena questa risposta immunitaria, lasciando alle nostre cellule il compito di produrla. Sono quindi le cellule umane che si occupano dell’ultimo passo nella fabbricazione del vaccino. Questi vaccini sono esempi di nature Co-design, un nuovo modo di progettare e produrre che sta per cambiare profondamente le nostre industrie, il nostro rapporto con la natura” e che, secondo lo studio realizzato da BCG, avrà un impatto del 40% sul PIL globale (esclusi i servizi).

 

È lo stesso approccio della carne ‘impossibile’ prodotta in laboratorio per limitarne l’impatto sul clima, o della plastica prodotta da batteri a partire dalla CO2, o dei mattoni prodotti da microrganismi, o dell’energia ricavata da ‘stelle artificiali’ (il principio della fusione nucleare): molte delle imprese deep tech nascono e crescono nel solco della sostenibilità ambientale. Nonostante questo, l’approccio co-design delle imprese deep tech non ha la strada totalmente spianata, dice Bcg. Da una parte ha naturalmente bisogno del giusto ecosistema imprenditoriale per crescere, fatto di scalabilità, calo dei prezzi delle tecnologie e accesso ai finanziamenti. Un esempio recente in Italia è quello di ENEA Tech, la fondazione che gestisce il fondo da 500 mln di euro istituito dal Mise per il trasferimento tecnologico.

 

 

Ma l’ecosistema ha bisogno di essere sostenuto, e controllato, dal punto di vista non solo normativo, ma anche etico: le prime raccomandazioni dello studio Bcg richiedono la massima anticipazione delle conseguenze delle tecnologie emergenti e il coinvolgimento di tutte le parti interessate – istituzioni, aziende e società nel suo complesso – in una discussione aperta e trasparente sugli usi più responsabili. Di tutte le ondate di innovazione, si legge nello studio, questa promette di essere la più trasformativa di sempre. Essere pronti ad accompagnarla può far sì che questa trasformazione contribuisca a creare un mondo migliore.

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