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Draghi ora deve gestire un eccesso di consenso

Prima ci si interrogava se fosse possibile arrivare a costituire una maggioranza a sostegno di Mario Draghi. Un po’ perché ogni governo che nasce deve andare a conquistarsi fiducia in Parlamento, un po’ per la reazione sconnnessa dei partiti che hanno inziato a porre condizioni e rivendicare spazi di manovra che non hanno più. Oggi, con le consultazioni che avanzano e le prese di posizione pubbliche che si rincorrono, il quadro è cambiato.

 

L’ex presidente della Bce ora può trovarsi a dover gestire un eccesso di consenso. Sembra un paradosso ma la volontà di quasi tutti i partiti di sostenere il nuovo governo comporta anche una sintesi più complessa per trovare un equilibrio, sia nella composizione della squadra sia nella caratterizzazione programmatica. Basta un’istantanea sulle notizie di giornata per inquadrare il problema: il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, chiede con chiarezza l’ingresso di esponenti del Carroccio, “Se ci siamo non facciamo le cose a metà”; immediata la replica di Leu, “i nostri temi sono incompatibili con la presenza della Lega. Difficile stare insieme a chi liscia il pelo ai No vax e vuole la flat tax”. In casa Cinquestelle, sarà probabilmente il garante e fondatore Beppe Grillo a chiedere il sì a Draghi sulla piattaforma Rousseau. In questo caso, il veto da aggirare è rivolto a Forza Italia e a Silvio Berlusconi. E, soffiando sulle ragioni identitarie, resterà comunque un’area di dissenso, fortemente critica con la scelta che arriverà dal Movimento.

 

Meglio fermarsi qui. La lista di veti incrociati, richieste e pregiudiziali continuerà ad allungarsi ancora. Fino a quando non sarà Draghi a chiarire, ascoltati tutti, qual è la soluzione percorribile. L’impegno dell’ex presidente della Bce, concordato con il Capo dello Stato Sergio Mattarella, è di coinvolgere tutti, nel pieno rispetto della politica e delle prerogative del Parlamento. Un approccio corretto, e necessario. A questo serve il tempo che sta impiegando e quello che ancora manca al momento in cui tornerà al Colle per sciogliere la sua riserva.

 

È però evidente che la sintesi sia la conseguenza dell’approccio che si è scelto. Fin dalle premesse dettate da Mattarella, il perimetro della maggioranza è stato indicato potenzialmente nell’intero arco parlamentare. E il Capo dello Stato ha anche puntualizzato che il sostegno al governo non andasse ingabbiato in nessuna formula precostituita. Difficile quindi, se non impossibile, impedire a qualcuno di sostenere il governo.

 

Resta il tema legato al rapporto che il nuovo governo potrà avere con il Parlamento e quello tra le forze che lo sosterranno. L’equilibrio, nelle condizioni straordinarie in cui siamo, va trovato sulle cose da fare. Il programma, i contenuti, le decisioni faranno la differenza. E difficilmente un esecutivo a guida Draghi potrà prescindere da un legame strettissimo, consequenziale, fra le priorità individuate e l’attuazione delle politiche necessarie. Serviranno i voti in Parlamento ma lo spazio per i veti e le rivendicazioni di parte sarà comunque ridotto al minimo.

 

 

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