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Un anno di Coronavirus, come è cambiata la nostra vita

Lazio zona rossa turismo

Come è cambiata la nostra vita. Nelle scelte, nei tempi, nei modi. Il Coronavirus ha piantato un chiodo sulla linea retta che l’umanità stava percorrendo ininterrottamente da milleni, con una veste di progresso (più o meno diffuso). Tutti a un metro di distanza, le mascherine coordinate sono diventate un accessorio all’abbigliamento senza cui non poter uscire, il caffè non più al bar ma all’aperto, le pizze da asporto come mai prima d’ora, i vetri che dividono gli uffici, il gel igienizzante nella borsetta e quello all’ingresso dei negozi (tanto che si può commentare qual era il migliore), i gomiti e i polsi per aprire o spingere qualsiasi cosa, la paura dell’altro e di quello che ‘mi sta troppo vicino’, la nascita della pazienza arrivata all’improvviso quando fare la fila per entrare al supermercato è diventata una cosa regolare, e la cucina con le ricette mai fatte pronte a esser fotografate; ma anche il pensiero che pur lavorando da casa è ‘meglio-vestirsi’, le riunioni telefoniche e chi le chiama ‘call’, o l’upgrade delle videoriunioni, e via con Zoom e altre applicazioni taglia-distanza spuntate fuori di colpo, la ricerca dell’angolazione e della luce migliore per venir bene, e le camerette ‘per-forza-ordinate’ dei ragazzi dei licei e delle superiori che non possono più andare a scuola come invece sarebbe giusto che facessero.

A questo anno fatto da 12 mesi vissuti in 10, se si calcola il periodo della chiusura forzata, l‘Eurispes ha dedicato un’indagine per dar voce ai cittadini e per raccontare l’impatto dell’effetto del Coronavirus sulla popolazione. Dal paziente 1 le nostre vite sono cambiate, e hanno conosciuto il lockdown di marzo e aprile come punta massima delle misure restrittive anti-contagio. Cambiate in un modo che forse non sarà facile ripristinare: da un lato perché non sarebbe la strada corretta e dall’altro perché ormai (va a finire) che non ce ne ricordiamo più.

La medicina ha conosciuto un nuovo rinascimento, gli infermieri sono diventati gli eroi degli ospedali facendo il loro lavoro negli ospedali; subito ci si è resi però conto di quanto il Sistema sanitario nazionale fosse fragile, e di quanto l’assistenza territoriale sia stata spazzata via dal mercato delle grandi reti. Eppure per il 66% della popolazione i medici italiani sono i migliori del mondo, dovrebbero essere valorizzati e pagati di più. Ora quasi l’80% dei cittadini chiede investire sulla sanità pubblica. Ma guarda caso la fiducia nel nostro Sistema sanitario non è venuta meno: il 71,5% degli italiani gliela riconosce.

Le cose che non ti aspetti: da marzo in poi la spesa a domicilio è entrata direttamente nelle nostre case, ed è stata una prima volta per un italiano su cinque; meno incisiva la percentuale (al 16,8%) di chi per la prima volta ha ordinato la cena, così come l’arrivo dei farmaci sul pianerottolo (13,1%). Tecnologia per tecnologia, dell’e-commerce gli italiani ancora non si fidano granché (3 su 10 non hanno idea di cosa sia), da un lato per via di un analfabetismo digitale e dall’altro perché un’abbondante pezzo di popolazione italiana oltre i 65 anni non ne vuole sentire parlare. E comunque per chi ci crede, negli acquisti on-line si predilige soprattutto abbigliamento, libri, elettronica.

Lavorare da casa, prima dell’emergenza sanitaria, era cosa per pochi eletti: lo faceva infatti soltanto il 4,9% delle persone. Mentre una cosa che la pandemia da Coronavirus ha fatto è stata quella di ridurre un po’ il divario tra Nord e Sud del Paese in un settore appena nato: lo ‘smart working’ è stata infatti roba soprattutto da Meridione che con il 31,8% dei lavoratori in casa superano la media del 23,3% del Nord. Tra le cose naturali, ma che tanto ovvie potrebbero non essere, il fatto che un italiano su quattro ha evitato i mezzi pubblici, preferendo per la prima volta biciclette e monopattini che da maggio in poi hanno invaso il centro delle città italiane. Agli italiani, bravi a gesticolare quanto ti pare, ma manca l’abbraccio: e così 7 italiani su 10 soffrono al dover evitare contatti fisici.

Ci sono poi alcune abitudini che sarà difficile riuscire a togliersi. Quello che resterà e dal quale – almeno per il momento – sembra non si voglia più tornare indietro è la comodità; in particolare quella di poter avere la spesa, la cena, e i farmaci a domicilio. E poi, restano le videochiamate che hanno aperto una finestra che già esisteva ma in pochi usavano dando un’immagine alla voce. Ma anche per biciclette e monopattini, che continuano a sfrecciare in città, sarà dura: la mobilità è del resto uno di quegli ambiti destinati a mutare, necessariamente, con la ripresa.

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