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Vaccini Covid e ripresa, l’Europa resta indietro

von der leyen SURE

Dispiace, da europeisti convinti, dover dopotutto riconoscere che l’Unione Europea, la presidentessa della Commissione e i governi dei Paesi membri, sui vaccini e la campagna per immunizzare la popolazione dei 27 Stati aderenti da Covid, ne hanno azzeccate veramente poche. Purtroppo. E che, diabolicamente, sembrano incapaci di non perseverare. Non c’è bisogno di essere malati di anglofilia per constatare che il Regno Unito e gli Stati Uniti – insieme a Israele – stanno creando le condizioni per uscire sia dall’emergenza sanitaria che dall’emergenza economica mentre la Ue è ancora pesantemente immersa in entrambe e fatica a vedere la classica luce in fondo al tunnel che non sia il treno in arrivo.

Lo stop temporaneo della campagna vaccinale con AstraZeneca, mentre si contano ogni giorno i morti a centinaia e centinaia e gli ospedali non reggono l’onta d’urto dei malati di Covid, certo non aiuta. Se continua ad accumulare ritardi, l’Europa rischia di andare a fondo, e con l’Europa l’Italia.

Il presidente Usa Joe Biden ha annunciato in questi giorni che il primo maggio tutti gli americani saranno vaccinati – già oggi sono oltre 100 milioni coloro che hanno ricevuto la prima dose – e che il 4 luglio potranno liberamente festeggiare il giorno dell’Indipendenza. Nel Regno Unito il primo ministro Boris Johnson – che di Astrazeneca ha usato 12 milioni di dosi – supera di ben 13 punti nei sondaggi il rivale laburista, Keir Starmer, in virtù dei 24 milioni di inglesi che il Servizio Sanitario Nazionale ha immunizzato: mentre i Paesi europei non hanno ancora raggiunto tutti gli ultra-ottantenni, lì stanno iniziando la leva dei cinquantenni.

Oltre a mettere in pericolo nelle prossime settimane la vita di migliaia e migliaia dei suoi cittadini, senza una forte accelerazione della campagna vaccinale anti Covid che sgombri la strada verso la riapertura e la ripartenza delle attività oggi bloccate – turismo, accoglienza e ristorazione su tutte – l’Europa si gioca non solo una rapida ripresa dopo un annus orribilis, quel +3,8% stimato dall’Unione, bensì il ruolo di colosso economico, lo standing nella competizione globale con le due grandi potenze, Cina e Stati Uniti.

La prima, la Cina, è tornata a crescere già nel 2020, con il prodotto interno lordo che ha segnato un +2,3% mentre le stime per il 2021 indicano un ulteriore sprint con un aumento del 6,8%: l’effetto depressivo del Covid sul gigante asiatico è solo un ricordo e nelle immense metropoli del Paese la vita è ripresa come prima, più di prima. Come la spesa per l’acquisto di beni e servizi, che sta tenendo a galla le aziende esportatrici europee.

Quest’estate la rivale, la locomotiva americana, tornerà a macinare consumi e utili. Camera e Senato degli Stati Uniti hanno approvato il pacchetto di stimolo dell’economia preannunciato da Biden durante la sua vincente campagna presidenziale: l’”America Rescue Plan Act of 2021” metterà in circolo 1,9 trilioni di dollari, sia in spesa corrente che in investimenti, salute e istruzione comprese. E’ la più imponente manovra di bilancio pubblico che si ricordi. In una sua nota Bank of America prevede che quest’anno – quest’anno, non nel 2022 – l’economia statunitense vedrà una crescita che definisce “stellare”, pari al 6,5% del Pil.

Crescita che, prevede l’Ocse, “lascerà segni sullo zerbino di casa” dell’economia globale, ovvero aggiungerà un 1,1% al prodotto interno lordo globale. Significa aumento delle importazioni negli Usa e quindi nuove opportunità per le aziende esportatrici italiane – oltre che europee -, opportunità che possono aiutare la manifattura italiana a tornare a pieni giri e che rischiano, invece, di sfumare se si sarà ancora alle prese con chiusure e lockdown. Il Regno Unito – dove si annuncia una “spending spree”, un’ondata di spese folli da 50 miliardi di sterline non appena le serrande di pubs e negozi si alzeranno, il 26% dei risparmi accumulati in questi mesi – e Israele si presenteranno all’appello della ripartenza del commercio mondiale, come Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone e tigri asiatiche. Basta poco per perdere le posizioni in export conquistate in anni di lavoro. Senza contare i consumi interni, un’estate di turismo e vacanze persa.

Con le parole del Guardian, i quasi 2 trilioni di dollari Usa “will lift all boats”, alzeranno tutte le barche affondate dalla pandemia. Ma se l’Europa sarà ancora alle prese con le vaccinazioni – allo stato dell’arte le previsioni più ottimiste parlano dell’autunno come traguardo per avere l’80% della popolazione italiana immunizzata – le barche Ue rimarranno sul fondo. Con loro la barca dell’Italia, una delle più sensibili all’andamento dell’export. E senza nemmeno aver combattuto e tenuto alto l’onore. Come ha fatto, invece, Luna Rossa con Team New Zealand.

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