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Digitale, il treno della rivoluzione 4.0 non aspetta

Tante aspettative sul Recovery plan, un giudizio sospeso sul Governo Draghi e, soprattutto, un pacchetto di proposte concrete: Confindustria Digitale, con il suo presidente Cesare Avenia, traccia una road map verso il futuro in un’ottica rigorosamente 4.0. Dall’audizione, lo scorso 18 marzo in Parlamento, del ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, sul Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia, al “Digital compass” dell’UE che proietta il Vecchio Continente verso il 2030: sono diversi gli spunti di riflessione.

“Sono temi molto cari a noi. E’chiaro che il Recovery Plan è un’occasione unica per recuperare il ritardo digitale dell’Italia. Le priorità definite dal Ministro Colao sono assolutamente condivisibili”, taglia corto Avenia. Il piano Next Generation EU prevede che il 20% dei fondi destinati agli Stati membri sia indirizzato alla trasformazione digitale: per il Bel Paese parliamo di una somma superiore a 40 miliardi di euro. Le risorse, dunque, ci sono. Tanti soldi sì ma guai a sprecarli, è il monito: “Deve esserci un disegno unitario per quanto riguarda l’implementazione delle piattaforme strategiche abilitanti. Se è vero che i fondi sono destinati a cambiare l’Europa e a trasformare l’Italia, è chiaro che tutto ciò non può che avvenire focalizzando l’attenzione su infrastrutture delle reti (il sogno della Giga-bit society entro il 2025), sullo sviluppo delle competenze, digitalizzazione della sanità, Pubblica amministrazione 4.0, accelerazione su ricerca e istruzione, senza dimenticare l’importanza della Cybersecurity“. In linea teorica, “siamo perfettamente allineati con il Governo”. In pratica, però, “siamo in attesa delle modifiche al PNRR del 12 gennaio (il Piano nazionale di ripresa e resilienza firmato dal precedente Esecutivo Conte).

In termini di governance, Avenia auspica che ci sia un salto di qualità: “Ci aspettiamo una stretta collaborazione tra i Ministeri, anche attraverso i Comitati interministeriali ma soprattutto che ci sia una struttura tecnica di project management in grado di verificare l’attuazione dei progetti, rimuovere gli ostacoli”. Non basta un controllo sulla spesa, avverte. “Ciò che è essenziale, come per un maratoneta – mette in guarda – è tagliare il traguardo. Serve, dunque, una struttura che garantisca l’effettivo raggiungimento degli obiettivi”.

Sono diverse le sfide che, quando parliamo di digitale, l’Italia dovrà affrontare nei prossimi anni: dallo sviluppo di una Pubblica amministrazione digitale a una transizione 4.0 che guardi anche alle piccole e medie imprese e, ancora, dalla scommessa sull’alfabetizzazione informatica a quella della cittadinanza digitale e della connettività.

Pubblica Amministrazione digitale.

La riflessione di Avenia nasce da una domanda: “Come si può pensare di avere un’amministrazione dello Stato efficiente, se oggi, in media, un dipendente pubblico frequenta un corso di aggiornamento professionale di 1 giorno all’anno?”. Lo sviluppo e l’evoluzione della macchina pubblica, secondo il numero 1 di Confindustria digitale, deve passare attraverso la riqualificazione del personale. “Attualmente abbiamo una Scuola nazionale della PA che però si rivolge soltanto alle figure apicali delle strutture pubbliche centrali. Io credo che debba essere riformata ampliando lo scopo e coinvolgendo anche amministrazioni periferiche e locali”.

La tecnologia Cloud: verso quale modello?

Un argomento strettamente legato alla revisione della Pubblica amministrazione è la tecnologia Cloud. “La riforma della PA è propedeutica. Dobbiamo chiederci: quali sono i servizi che la Pubblica amministrazionelocale e periferica offre ai cittadini e alle imprese?”, chiarisce Avenia secondo cui “il Cloud è una tecnologia abilitante che (potenzialmente) può trasformarsi in un colpo di spugna nei confronti della burocrazia”, ma per raggiungere questi obiettivi serve una “seria revisione dei processi dei servizi offerti”. In altre parole, la tecnologia, da sola, non basta. Su quale modello si debba perseguire, per definire il “perimetro” del luogo o della nuvola dove far abitare i nostri dati, Avenia non ha dubbi: “Noi siamo innamorati della competizione e dunque siamo favorevoli a soluzioni miste, che dovranno essere abilitate da modelli cloudaperti e paradigmi non proprietari per dare vita a un sistema infrastrutturale ibrido e interconnesso. In definitiva, un “cloud di livello paese aperto e multi-fornitore” per dotare il Paese delle necessarie fondamenta digitali per cogliere le opportunità della nuova economia dei dati.

E’ la blockchain, bellezza!

Ci sono molti processi che è impossibile digitalizzare oggi senza la tecnologia della blockchain. “Penso ad esempio agli atti notarili e alla sicurezza di tali documenti”, ci spiega Avenia secondo cui tale strumento va implementato insieme alla Intelligenza Artificiale per rileggere i processi, sia nelle aziende private così come anche nella Pubblica Amministrazione. Il presidente della federazione che riunisce le imprese che si occupano di Information & CommunicationTechnology fa un esempio: “Basti pensare a quello che è successo con la pandemia. Cosa avremmo potuto fare se avessimo avuto una banca dati sanitaria centralizzata, come prevista dall’Agenza digitale fin dal 2012, beneficiando di algoritmi di IA in grado di analizzare i dati e sviluppare modelli predittivi sull’evoluzione della curva pandemica sicuramente più affidabili delle previsioni fatte finora?”.

Connettività e reti.

“Noi abbiamo denunciato, facendo riferimento alla versione del Piano del 12 gennaio, che i fondi previsti in questo settore non sono affatto sufficienti“, mette in evidenza Avenia secondo cui “affinché il PNRR realizzi le ambizioni di rilancio dell’economia nazionale è necessario assicurare la disponibilità di reti Very High Capacity Network e 5G, sull’intero territorio nazionale entro il 2026. Lo stanziamento previsto nel Recovery, in questo campo, deveammontare a non meno di 10 miliardi di euro. Questo importo rappresenta il minimo indispensabile per raggiungere gli obiettivi della Gigabit society”, è il richiamo di Avenia.
Transizione 4.0 e piccole medie imprese.
E’ uno dei punti su cui, al momento, sembra registrarsi un maggiore grado di soddisfazione da parte delle imprese. “Guardiamo con favore il fatto che la sfida della transizione 4.0 sia stata accolta nell’ambito del PNRR come un intervento strutturale”, evidenzia il presidente di Confindustria Digitale che però chiarisce: “Tutto ciò non basta: per noi è importante che debba esserci una semplificazione degli adempimenti previsti per accedere a questi strumenti, soprattutto per le piccole medie imprese. C’è bisogno di meno burocrazia, stabilità e di una migliore comunicazione”. E’una partita tutt’altro che facile, è il ragionamento di Avenia che parla di “innovazione dei processi”. “La transizione digitale non va interpretata come mero utilizzo delle nuove tecnologie ma come strumento per ripensare e ottimizzare i processi produttivi e affacciarsi così su nuovi mercati, rendendo più competitivi i propri prodotti”.

Cyber-security.

La cybersecurity è fondamentale in ogni settore della trasformazione digitale e deve avere un ruolo centrale nel PNRR. Sarebbe assurdo impegnarsi in un percorso di trasformazione digitale a tutto tondo senza creare i presupposti perché i nuovi processi digitali nascano sicuri e resilienti“, afferma il presidente di Confindustria Digitale secondo cui “bisogna puntare sulla creazione di competenze per la sicurezza digitale e incentivare le aziende a investire sulla cybersecurity per ottenere giusti livelli di protezione delle piattaforme digitali”. Il tema della sicurezza si incrocia con quello dell’identità digitale.

Identità digitale.

Secondo Avenia , la parola chiave, in questo caso, è “proporzionalità”. In altre parole, “bisogna inserire delle regole di autenticazione proporzionali ai rischi insiti nell’uso delle piattaforme”, spiega. In Italia, oggi esistono strumenti come lo SPID (Sistema pubblico di identità digitale) ma che devono essere diffusi nella popolazione. Come fare?, gli chiediamo. “Bisogna creare delle occasioni affinché le persone siano costrette a dotarsi di una carta d’identità digitale ma poi, a un certo punto, bisogna fare lo switch-off, stabilendo che se si vuole accedere ad un servizio della PA, lo si potrà fare solo ed esclusivamente con tale strumento”.

Alfabetizzazione informatica e competenze digitali.

Nel ranking europeo del DESI, l’Italia, in questa “materia”, occupa uno degli ultimi posti. Secondo Avenia, “il tema delle competenze digitali deve essere uno dei capitoli più importanti del Recovery Plan. L’attuale versione del PNRR – fa notare – indica la necessità di potenziamento degli ITS e per la scuola 4.0 oppure di iniziative per il rafforzamento delle competenze STEM ma senza disegnare una strategia per cambiare passo nel metodo di acquisizione delle nuove competenze per una scuola realmente orientata al futuro. Le critiche su questo punto non mancano. “Si tratta, invece, di capitoli chiave su cui concentrare le risorse e intervenire con riforme puntuali, incidendo dai primissimi anni di formazione degli studenti, anche tenuto conto dell’esigenza di attrarre le giovani donne allo studio delle materie STEM e avviarle verso carriere professionali con importanti sbocchi di lavoro, ad esempio nel mercato ICT.

Quanto al mercato del lavoro – continua –, l’attività di reskilling si conferma come prioritaria per far fronte a un sempre più progressivo invecchiamento delle competenze, che investe anche le industrie ICT e più in generale le competenze ICT. Impostare un’attività di formazione per i lavoratori attivi e per quelli che hanno perso il lavoro si conferma un’urgenza ineludibile soprattutto nell’ipotesi in cui, per effetto del termine al blocco dei licenziamenti, si renda necessario reimpiegare lavoratori con qualifiche obsolete. Ciò che serve è un disegno unitario, sinergico coerente”, è il suo monito. “Ma anche le imprese devono fare la loro parte”. Come? Collaborando con le Università per dar vita a corsi di laurea professionalizzanti specifici sul territorio. “Questo è l’appello che noi facciamo: bisogna fare presto”. La transizione digitale è un’opportunità storica per il Paese. Va colta ora in tutta la sua potenzialità, ma bisogna correre.

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