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Welfare aziendale, il supporto psicologico

Supporto psicologico: una delle ultime frontiere dei servizi di welfare aziendale introdotti in modo massiccio da un anno a questa parte. L’emergenza Covid ha accentuato le attenzioni delle aziende per i propri dipendenti. Per farli “stare bene”, o almeno il meglio possibile. “Un anno fa la preoccupazione degli Hr manager era far lavorare le persone da remoto. Oggi ci siamo accorti che le persone da casa lavorano, anche troppo. Il problema è farli staccare, creare una separazione tra vita e lavoro, che prima era assicurata dalla diversità del luogo: ufficio o casa”. Monica Bormetti, psicologa del lavoro, fa parte di molti team di supporto piscologico, “per lo più in aziende di grandi dimensioni”.

Il primo problema che si evidenzia è la necessità di assicurare un adeguato “work-life balance”.

“Sì, e non è facile trovare un equilibrio tra il momento del lavoro e quello della ricreazione. Si è imposta una grande fluidità. E’ venuta meno la barriera fisica che distingueva il tempo dell’impegno professionale e quello della dimensione privata, personale o familiare. Si mischia un po’ tutto. E questo contribuisce a creare ed aumentare lo stress”.

Gestire lo stress è quindi una delle emergenze più evidenti in questo anno vissuto così pericolosamente, nel nuovo paradigma del lavoro da case.

“Stress e incertezza. Non eravamo abituati a sopportare questa continua pressione psicologica. Gli affanni del lavoro si aggiungono a quelli di una condizione di lavoro non facile, sia per il luogo in cui si lavora, sia per le prospettive attese nell’immediato futuro. A queste dobbiamo sommare le preoccupazioni della gestione familiare”.

Ha toccato il tema della famiglia. Il supporto psicologico offerto in azienda, o meglio dall’azienda, in modalità remota, riguarda spesso i problemi familiari?

“Soprattutto ci troviamo a dover offrire un supporto alla genitorialità. Non è facile lavorare da casa e in cas dover gestire i figli, che in età scolare, devono vivere a loro volta una condizione innaturale di reclusione e didattica a distanza. Essere genitori è sempre stato difficile. Oggi anche di più”.

Ma ci sono specifiche questioni legate al lavoro, che si manifestano nell’affermazione dello smart working?

“C’è un evidente problema di relazioni. Le persone si trovano più isolate. Da un lato, paradossalmente, ci si può trovare anche più collegato, più vicino, al collega che fa parte dello stesso team. Si crea quasi una nuova familiarità, un’assiduità più intensa di quella sperimentata in ufficio. Ma d’altro canto si affievolisce, e di molto, la relazione con gli altri dipartimenti aziendali. Ci si ritrova isolati, in piccole isole di lavoro. Viene meno l’orizzonte aziendale. Per l’Hr manager questa è una sfida importante: ricreare il team spirit, il sistema di squadra aziendale, in condizioni di lavoro da remoto”.

Lo psicologo non è mai andato così di moda come adesso. L’impulso dettato dall’introduzione del supporto psicologico, da parte dell’azienda, ha finito per sdoganare il ricorso alle sue “cure”?

“Rispetto alla fruizione dello “sportello psicologico”, là dove era stato istituito, all’interno del perimetro aziendale, il consulto da casa ha cambiato di molto la percezione. E’ una modalità avvertita come più protetta. E quindi assistiamo a una maggiore propensione all’uso della prestazione. C’è poi da dire che anche in azienda si è fatto molto per promuovere questo servizio. Lo “sportello psicologico” è frutto di una grande sensibilità di molti Hr director, cha hanno veramente a cuore la condizione di vita e di lavoro dei propri collaboratori. Far stare bene è un obiettivo esplicito delle organizzazioni di lavoro. E la sofferenza psicologica è certamente avvertita come un fronte da presidiare, con lo stesso vigore di quello che viene prestato ai problemi di salute fisica”.

Come funziona praticamente il servizio di supporto psicologico nei pacchetti dei piani di welfare aziendale?

“Ci sono soluzioni differenziate in azienda. Ma per lo più assistiamo all’offerta di almeno 5 incontri di 50-60 minuti ciascuno. Se poi il lavoratore manifesta l’interesse a proseguire subentra una valutazione aziendale, per verificare quanto sia cruciale la continuazione del servizio, altrimenti si suggerisce all’interessato di proseguire il rapporto con il professionista”.

E’ possibile fare un profilo dei lavoratori che più ricorrono al servizio di supporto psicologico tramite l’azienda?

“Nella mia esperienza sicuramente più donne che uomini. Sono quasi sempre le donne a dover sopportare le distorsioni del work-life balance a casa sono chiamate a garantire il lavoro e il supporto di cura per figli e per anziani. Anche per questo vedo che l’incidenza maggiore, per età, è quella degli over 35 anni”.

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