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Piacenza Cashmere, un impegno per la sostenibilità lungo 14 generazioni

Piacenza Cashmere

Luxury&Finance – Una storia secolare alle spalle e un pensiero, una strategia sul futuro che non si esaurisce nemmeno nell’arco di un decennio, ma che guarda alle generazioni future. F.lli Piacenza, con i suoi brand Piacenza 1733 e Piacenza Cashmere, da quella data fissata in un brand produce tessuti alti di gamma e ha la sostenibilità iscritta nel codice genetico. Sarebbe difficilmente spiegabile, diversamente, una storia così lunga che abbraccia secoli e momenti della storia diversi. E oggi è anche capofila di un progetto di blockchain, ‘from sheep to shop’, ‘dalla pecora al negozio’ (con Ibm Research) che consente di “tracciare ogni percorso industriale e digitalizzarlo: dalla pecora, dall’allevamento fino alla produzione del capo finito” spiega a Luxury&Finance il brand director Vasiliy Piacenza. Un aspetto che “riguarda la divisione di produzione dei tessuti, in questo agevolando i nostri partner commerciali, i nostri clienti che possono avere ogni singolo processo industriale tracciato e digitalizzato, per garantire poi al cliente finale una completa tracciabilità”. Oltre al fatto che “ogni singolo prodotto è stato realizzato secondo criteri di sostenibilità” e dunque con la garanzia che l’animale non è stato maltrattato, che non è stato usato lavoro minorile, che ogni processo risponde a standard qualitativi importanti.

Come avviene il tracciamento?

Stiamo applicando sui capi un barcode che consente di tracciare ogni passaggio. Da quale allevamento arriva la lana, dove viene realizzato il filo, dove viene tinto, per garantire un ottimo controllo qualitativo. Se c’è qualsiasi problema su una maglia, sappiamo da quale partita arriva e riusciamo a risalire all’origine per capire se si tratta di un caso isolato o di qualcosa di più generale.

La tracciabilità riguarda soltanto la filiera b2b?

Quando il capo finito non è nostro, la tracciabilità è destinata al cliente che, a questo punto, può a sua volta presentarla al cliente finale. Questa è la strada, questo è il futuro: non si potranno più realizzare prodotti senza sapere qual è la loro origine.

Da tempo si insiste sull’attenzione alla sostenibilità dei consumatori. Ma siete in grado di verificare quale sia l’interesse reale verso il capo sostenibile?

Non è immediato nelle generazioni più avanti con gli anni, ma con Altagamma e altri partner abbiamo studiato e verificato che i Millenials e la Generazione Z vogliono sapere. Con uno smartphone, del resto, possibile passare a raggi X un’azienda. Le nuove generazioni sono attente e noi dobbiamo far vedere che tutta la supply-chain è stata tracciata e digitalizzata. Un capo deve essere ‘bello fuori e bello dentro’. Perché se è bello fuori ma realizzato con sostanze non a norma, da un bambino o dove il lavoro non è rispettato, tutto questo ha un peso specifico sempre più importante.

La Circular Economy è l’obiettivo finale?

I 5 milioni di euro di investimenti dello scorso anno sono stati in gran parte focalizzati sui nuovi impianti ad alto contenuto tecnologico ed elevata efficienza energetica e ambientale. Da 6 anni abbiamo implementato una divisione dedicata alla sostenibilità che conta due persone all’interno. Oggi abbiamo il 70,5% di elettricità che arriva da fonti rinnovabili. Utilizziamo, per le lavorazioni tessili che richiedono molta acqua, il torrente di fianco; il 50% viene riciclato e riutilizzato e poi abbiamo il permesso di scaricare in superficie. Ciò significa che l’acqua che scarichiamo è perfettamente pulita: noi siamo molto, molto attenti.

Da dove arriva la vostra materia prima e perché si assiste a un rincaro delle materie prime generalizzato?

Le materie prime che utilizziamo sono tutte fibre naturali; i migliori cashmere arrivano dalla zona dell’Inner Mongolia, al confine con la Mongolia, al nord della Cina. Le lane arrivano dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, la seta dalla Cina, la vicuna e l’alpaca dal Perù, il mohair dal Sudafrica. Tutte zone molto lontane. Le portiamo in Italia e l’intero processo viene realizzato qui, nel distretto biellese, in un raggio di 10 km. Con il covid, le materie prime come la lana, ma soprattutto il cashmere, hanno visto un crollo dei prezzi e poi una impennata, in particolare con le riaperture in giro per il mondo post lockdown. I prezzi sono tornati a essere quelli pre-covid, anche se l’economia ancora non ha avuto il medesimo recupero, ma si sa che le materie prime i mercati azionari anticipano sempre.

Com’è andato il primo trimestre dell’anno?

Se facciamo un paragone con il primo trimestre del 2020, abbiamo il freno a mano tirato. Mi auguro si possa rapidamente colmare quello che abbiamo perso lo scorso anno. Siamo un’azienda di famiglia, io rappresento la quattordicesima generazione L’azienda è nata nel 1733. Questa è la sua data ufficiale, ma solo perché prima non c’era l’industria. Le nostre origini risalgono all’inizio del 1600 quando già eravamo commercianti di lana. La mia famiglia comincia così e dal 1733 porta avanti la tradizione di famiglia. Purtroppo nel 2020, da che arrivavamo da anni di crescita, è arrivato il covid e abbiamo avuto una perdita di fatturato, ma siamo riusciti a parare perfettamente i colpi. Ora ci stiamo preparando perché ci aspettiamo un ritorno alla normalità, un ritorno al pre-covid per il quale ci vorrà del tempo. Non sarà quest’anno, ma probabilmente il 2022-23. Mi auguro comunque in un’accelerata.

Il capitalismo familiare notoriamente fa meno volumi ma più margini, qual è il suo futuro?

Ci sono fondi o family office che ci fanno la corte. Noi abbiamo, come famiglia, dei target a lungo termine, diversamente da altre realtà che perseguono il raggiungimento di obiettivi di breve periodo, dove essere veloci è necessario. La nostra strategia è decennale e ventennale. Io ho 37 anni. Sono nel pieno del mio lavoro, ma voglio tramandare ai miei figli. Gli utili restano in azienda e vengono reinvestiti per le generazioni future, per i progetti futuri. Non c’è nessuna magia, soltanto mettere al primo posto l’azienda e al secondo posto la famiglia, non viceversa.

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