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Licenziamenti, il compromesso difficile

Un compromesso difficile. E, stando alle parole del segretario della Cgil, Maurizio Landini, “una partita che non è chiusa”. Sui licenziamenti si sta consumando un confronto complicato, con Confindustria da una parte e i sindacati dall’altra e il governo, con sensibilità diverse al suo interno, impegnato in una complessa mediazione.

L’oggetto della contesa

Si discute, sostanzialmente, delle nuove date per uscire dallo stop ai licenziamenti imposto dalla gestione dell’emergenza Coronavirus. Palazzo Chigi ha trovato un punto di sintesi modificando il pacchetto voluto dal ministro del lavoro Andrea Orlando. Il blocco dei licenziamenti resta fissato al 30 giugno, per le grandi imprese, e al 31 ottobre per le piccole. Salta la scadenza intermedia, quella proroga al 28 agosto per le aziende che avessero chiesto la cig Covid dall’entrata in vigore del decreto Sostegni bis entro la fine del prossimo mese. Confermata invece la possibilità per le grandi imprese di utilizzare la cassa integrazione ordinaria, dal primo luglio, senza dover pagare le addizionali fino alla fine del 2021 con l’impegno a non licenziare per tutto il periodo in cui ne usufruiscono. E qui è il compromesso: “All’esito di un percorso di approfondimento tecnico svolto sulla base delle proposte del Ministro Orlando in Cdm che prevedono un insieme più complessivo di misure per sostenere le imprese e i lavoratori nella fase della ripartenza, è stata definita una proposta che mantiene la possibilità per le imprese di utilizzare la Cassa integrazione ordinaria, anche dal primo luglio, senza pagare addizionali fino alla fine dell’anno impegnandosi a non licenziare”.

Le posizioni in campo

Il premier Mario Draghi, fin dal suo intervento di esordio ha posto il problema: il blocco ai licenziamenti non può essere infinito e il ritorno alla fisiologica uscita dei lavoratori è requisito essenziale per le riorganizzazioni, gli investimenti e la creazione di nuovi posti di lavoro. Sembra un paradosso, ma è la legge che regola il mercato del lavoro. Questo, però, non si deve tradurre nel segnale opposto. Quello che temono i sindacati: un liberi tutti che comporti un’emorragia di posti di lavoro ingestibile e impossibile da bilanciare con la creazione di nuovo lavoro. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, sostiene una tesi netta: “Più che un blocco dei licenziamenti è un blocco delle assunzioni. Non chiediamo interventi per licenziare ma per assumere”, ha sostenuto più volte.

Un problema di prospettive

La questione centrale riguarda le prospettive da cui si guarda il problema. C’è una crisi da gestire e le misure straordinarie servono a limitare i danni. C’è poi un mercato del lavoro da ricostruire e, in questo senso, servono misure strutturali, dalle politiche attive alla riforma degli ammortizzatori sociali. Un altro dato è sufficientemente chiaro: le posizioni ideologiche non aiutano, così come stare sulle barricate per questa o quella scadenza. E questo vale per Confindustria e vale per i sindacati. Va trovaro un compromesso, difficile, tra le esigenze immediate e quelle di medio-lungo periodo. Per trovarlo, servono una buona politica economica e buone relazioni industriali. E la volontà condivisa di non scaricare solo sui lavoratori il conto, ancora tutto da saldare, della crisi.

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