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Fosun spinge la crescita di Sergio Rossi

(Luxury&Finance) – La Cina è il nuovo bengodi dei marchi del lusso, soprattutto nell’era post Covid. Ne sa qualcosa Riccardo Sciutto, amministratore delegato di Sergio Rossi, uno storico marchio di footwear femminile nato 70 anni fa e che da pochi giorni ha inaugurato il suo nuovo corso: dopo la fase di governance gestita da Kering e, dopo il 2016, da Investindustrial, oggi il brand di San Mauro Pascoli è controllato dal gruppo cinese Fosun International, già proprietario di Lanvin, Wolford, Caruso e Saint John, che ne ha rilevato l’intero capitale.

Una mossa giustificata anche dalla necessità di preservare il Made in Italy e i livelli occupazionali pre-Covid. “Se l’azienda continua a crescere a questi tassi dovremo valutare l’ipotesi di nuove assunzioni” commenta Sciutto, che in questa intervista esclusiva a Luxury & Finance parla dell’acquisizione, delle strategie e delle nuove opportunità di sviluppo di un brand green e contemporaneo, dinamicamente proiettato nel futuro.

Cosa significa esattamente per voi questa intesa con Fosun?

Fin da quando cinque anni fa sono entrato in Sergio Rossi, dopo esperienze manageriali maturate in GFT e in Pomellato, ho sempre puntato a garantire una continuità storica con il passato. Ho sempre pensato a questa azienda come a un hub, e sono certo che questo passaggio di consegne, che non è affatto un tuffo carpiato ma un’operazione assai ponderata dai vertici dell’azienda, non stravolgerà né l’identità del marchio né il suo heritage né tantomeno il suo patrimonio non solo economico, che consiste anche nel nostro magnifico archivio consistente in 11.000 documenti fra foto, modelli e disegni storici. Un fattore che sicuramente ha scatenato l’appetito dei cinesi: nessuno vuole comprare un marchio che non ha una storia e una reputazione. Eppure molti brand di moda in Italia hanno la memoria corta perché non riusciamo a valorizzare ciò che ci rende unici. Con l’Asia poi abbiamo sempre avuto ottime relazioni commerciali anche prima dell’acquisizione: attualmente 3 delle nostre 4 filiali (la quarta è a Parigi n.d.r.), sono dislocate fra Tokyo, Hong Kong e Shangai. E poi Cina e Giappone già prima del lockdown, sommate, generavano circa il 50% del fatturato globale. In Far East, dove progettiamo di espanderci in futuro anche in paesi come Corea e a Singapore, le nostre scarpe più iconiche a punta quadrata, da noi chiamate SR 1, sono bestseller di vendite accanto ai modelli più opulenti e bling, impreziositi da pietre. In generale amiamo trasmettere un’immagine di lusso quotidiano per una donna che porta le stesse scarpe dalla mattina all’ora dell’aperitivo.

Lei manifesta una buona dose di ottimismo. Ma come sta andando attualmente Sergio Rossi?

Dopo aver perso il 25% del suo giro d’affari nell’annus horribilis della pandemia, risultato che peraltro è di molto superiore alle aziende del comparto, l’azienda mira a tornare entro il 2022 al fatturato pre Covid, cioè 66 milioni di euro, superandolo. Per noi la ripresa è già nell’aria: ad aprile di quest’anno il marchio ha messo a segno un +38%. Inoltre la marginalità è a buoni livelli: abbiamo raggiunto risultati più elevati con meno fatturato. E se tutto andrà per il verso giusto, questa azienda potrebbe tornare a essere un gioiello del Made in Italy come quando negli anni’80 il fondatore collaborava per le calzature con Gianni Versace e poi con Dolce&Gabbana. Plexiglas e vinile sono sempre stati un terreno di grande sperimentazione stilistica nel nostro passato. Belle pagine di storia della moda, oggi documentate dai nostri poderosi archivi di cui, ribadisco, personalmente vado davvero fiero.

Attualmente producete ancora per conto di altri brand?

Sì grazie a una struttura produttiva che ce lo consente, parliamo di una fabbrica di complessivi 55.600 metri quadri ubicata a S.Mauro Pascoli che, forte di un’area produttiva di 12.000 mq. Compreso il magazzino, quest’anno produrrà internamente 200.000 paia di scarpe, un vero primato nel settore calzaturiero italiano. L’anno scorso abbiamo contribuito alla collezione di footwear di Bottega Veneta, e il loro ordine di sandali è strato evaso a tempo di record. Inoltre siamo orgogliosi di produrre i modelli ideati da una giovane ma determinata designer di talento, Mina Mouhadi. Attualmente siamo subissati di richieste da parte di innumerevoli griffe e, se accetteremo nuove commesse, dovremo sicuramente assumere del personale extra.

Sembra un ottimo segnale. Ma riuscite a mantenere i livelli occupazionali pre Covid nonostante questo momento critico?

Direi proprio di sì, e questo anche grazie a Fosun che dà molto valore al Made in Italy e alla perizia artigianale delle nostre maestranze che siamo impegnati a formare sul territorio attraverso stage e scuole specifiche come la Cercal. Occorrono 120 passaggi e 14 ore di lavoro per ottenere un paio di perfette Sergio Rossi. Vede, noi imprenditori in Italia ce la mettiamo tutta per garantire il lavoro ai dipendenti, ma lo stato forse ci potrebbe aiutare di più: basterebbe detassare i contributi previdenziali, un piccolo gesto che avrebbe però un grande impatto. Del resto noi alla CIG abbiamo ricorso una settimana scarsa durante la pandemia: qualcosa su cui riflettere. Chi non tira i remi in barca ma continua a investire anche quando il mare è in tempesta, dovrebbe essere premiato.

Lei ha una grande passione per la tecnologia: quanto conta il digitale nella nuova Sergio Rossi?

Enormemente. Innanzitutto siamo riusciti ad allestire un e-commerce che è una piccola macchina da guerra, in grado di servire 82 paesi del mondo e che affianca un network retail di ben 63 negozi compresi gli store in franchising e i 49 DOS: le vendite online delle nostre calzature ammontano a un quarto di quelle globali, e di questa quota il 5% è imputabile al nostro e-commerce diretto(dati 2019 n.d.r.). Ciò detto lo shopping online resta una realtà in costante crescita destinata, come auspichiamo, a incrementare le sue quote negli anni successivi. Poi c’è il capitolo omnichannel in cui crediamo moltissimo: abbiamo messo a punto un canale video che ci permette di rispondere in tempo reale ai nostri clienti garantendo loro un servizio di primordine sia in termini di B2B che di consulenza al consumatore finale. E’ indubbiamente un approccio più umano al digitale. Il tutto è disponibile in alcune delle nostre più belle vetrine: quella di Milano in via Montenapoleone che nel 2019 abbiamo ribattezzato la nostra ‘wonder machine’ per esempio, ha attivato già da un po’ questo raccordo fra shopping online ed esperienza fisica di acquisto. Una formula davvero evoluta che oggi si può reperire anche nello store di Tokyo e in quelli di Parigi, Roma e Hong Kong che stiamo testando per collaudare questa tipologia di servizio. In generale il Giappone, che presidiamo attualmente con 20 negozi e 100 dipendenti e dove siamo posizionati fra i primi marchi del lusso globale, è molto avanti nella gestione dell’e-commerce all’interno delle boutiques brick and mortar. E sicuramente la crosscanalità sarà estesa nel futuro a tutti i nostri negozi in Asia ed Europa. Inoltre in azienda abbiamo sviluppato un metodo di campionatura in 3D applicato per ora ad alcune mini collezioni: un’iniziativa che oltre a semplificare il dialogo con i clienti (che possono visualizzare in anteprima il risultato finale del processo produttivo delle singole calzature) è anche altamente sostenibile in quanto ci consente di risparmiare un terzo dei campioni rispetto al passato oltre alla riduzione di materiali e a evitare lo spreco di energia. La sostenibilità è una delle nostre priorità. Lo dimostra l’impianto a pannelli fotovoltaici montato sulla nostra factory che noi chiamiamo il nostro “magic kingdom”, per un totale di 3500 metri quadrati, e anche il fatto che da gennaio 2020 il 100% delle risorse energetiche che sfruttiamo deriva da fonti rinnovabili ed eminentemente green. Infine per ridurre l’emissione di gas a effetto serra monitoriamo costantemente l’impronta di carbonio aziendale e i suoi fattori, ottimizzando altresì l’efficienza energetica degli impianti produttivi e della rete vendita.

Progetti futuri?

Nei nostri piani c’è un’espansione retail in Asia: contiamo di aprire nel secondo semestre di quest’anno due nuovi punti vendita monomarca in Cina a Shangai, uno all’interno dello IFC Mall e l’altro a Shangai Village che andranno a sommarsi alle altre boutique aperte quest’anno a Ningbo Hankyu. Per il resto il volano della nostra crescita sarà sempre più la tecnologia perché la digitalizzazione ormai è un processo irreversibile. La sfida è stare al passo con big del calibro di Dior.

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