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Il ruolo delle foreste per contrastare il cambiamento climatico

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Nella strategia di decarbonizzazione a lungo termine di Eni la CO2 accumulata dalle foreste ha un ruolo rilevante. La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno 2021.

LA DEFORESTAZIONE di milioni di ettari ogni anno è tra le prime cause di aumento della CO2 in atmosfera (si stima che le emissioni annuali di CO2 dovute alla deforestazione siano superiori alle emissioni totali dell’Unione Europea) e la distruzione di un ettaro di foresta può portare al rilascio in atmosfera di quantità di CO2 fino a 20 volte superiori a quelle che vengono catturate da un ettaro di nuova foresta.

Il progetto più importante, quello che ha di fatto inaugurato un percorso che segnerà il futuro di Eni per i prossimi 30 anni, è nato nella Repubblica dello Zambia nel 2014. L’area interessata è quella del fiume Luangwa, un territorio che si estende per quasi 950mila ettari, più della metà dell’intera superficie del Lazio, unisce cinque parchi nazionali, ospita 16mila elefanti, oltre a leoni, leopardi, ippopotami, licaoni, antilopi. Qui, nel 2019, Eni ha aderito a un progetto di conservazione delle foreste del luogo che le ha permesso, nel 2020, di compensare emissioni per 1,5 milioni di tonnellate di CO2 (equivalente a circa 1 milione di automobili in meno sulle strade) con i crediti di carbonio generati.

Il Luangwa Community Forests Project (LCFP) nello Zambia è il più importante progetto REDD+ (Reducing Emissions from Deforestation and forest Degradation, framework definito dalle Nazioni Unite) dell’Africa per numero di beneficiari, oltre che il più ampio per superficie coperta. Il LCFP ha ottenuto il massimo livello (Triple Gold) nella validazione secondo lo standard CCB (Climate, Community and Biodiversity), per l’eccezionale impatto sul clima, sulle comunità locali e sulla biodiversità. Eni nel novembre 2019 ha firmato un accordo per entrare come membro attivo nella governance del LCFP con BioCarbon Partners (BCP), società africana che si occupa di progetti di conservazione delle foreste.

Ma qual è il ruolo di Eni in questo progetto? Fondamentalmente quello di partner. Oltre a partecipare alla governance dell’iniziativa portando le proprie competenze nella gestione di progetti complessi, Eni si è impegnata per 20 anni ad acquistare crediti di carbonio certificati secondo gli standard VCS (Verified Carbon Standard). La sottoscrizione, da parte di Eni, dell’acquisizione di crediti di carbonio assicura un sostegno economico a garanzia della continuità e sostenibilità dell’iniziativa. In altre parole, ogni qualvolta vengano raggiunti risultati in termini di riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e di protezione della biodiversità, i proventi della vendita a Eni dei crediti generati permettono al progetto di sostenere i costi di protezione e salvaguardia della foresta includendo l’assunzione e la formazione di ‘scout’ locali. Contestualmente l’iniziativa provvede inoltre a versare delle ‘conservation fees’ a favore delle comunità locali che vengono riutilizzate, per contribuire ad uno sviluppo locale che contrasti i driver della deforestazione, ad esempio promuovendo l’adozione di pratiche agricole sostenibili, garantendo l’accesso ai mercati per nuovi prodotti come il miele e contribuendo alla costruzione di scuole, di strutture sanitarie e di pozzi d’acqua.

Progetti come quello dello Zambia rientrano nelle cosiddette Natural Climate Solutions (NCS), iniziative che si avvalgono della capacità della natura di assorbire e stoccare CO2 per contribuire alla riduzione dell’impatto delle emissioni causate dalle attività dell’uomo. Il percorso di transizione energetica di Eni prevede una profonda riorganizzazione dei processi e lo sviluppo e applicazione di tecnologie per l’efficienza energetica, l’incremento della componente gas rispetto ai liquidi nel portafoglio di produzione e lo sviluppo di prodotti energetici da fonti rinnovabili e decarbonizzate.

Nella strategia di decarbonizzazione di Eni, le attività di Forestry si affiancano ai progetti di CCUS (Carbon Capture, Utilization and Storage) per la cattura delle emissioni residue difficilmente abbattibili (le cosiddette “hard to abate”) con le tecnologie attuali e con le azioni di efficienza operativa e di business.

I progetti forestali, oltre a benefici climatici e ambientali, garantiscono ulteriori e importanti ricadute in termini di sviluppo sociale ed economico delle popolazioni locali, consentendo la creazione di nuovi posti di lavoro oltre che una reale diversificazione economica, nell’ambito del percorso di crescita dei Paesi e in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite tra i quali, in particolare, gli SDGs 13 (Agire per il Clima) e 15 (Vita sulla Terra).

In partnership con governi e organizzazioni internazionali, Eni sta valutando iniziative in numerosi Paesi, tra i quali Zambia, Messico, Malawi, Ghana, Mozambico, Vietnam e Angola. Eni prevede di raggiungere in maniera progressiva, grazie a nuovi progetti, un portafoglio crediti di carbonio di oltre 6 milioni di tonnellate all’anno di CO2 entro il 2024, 20 milioni di tonnellate/anno entro il 2030 e circa 40 milioni di tonnellate/anno entro il 2050. Nel messaggio agli stakeholder che ha accompagnato Eni for 2020, il 15esimo report volontario di sostenibilità della compagnia energetica, l’AD Claudio Descalzi ha scritto che “la totale decarbonizzazione dei prodotti e delle operazioni di Eni sarà conseguita attraverso le attività e le tecnologie esistenti che consentiranno il raddoppio accelerato della capacità produttiva delle bioraffinerie, l’incremento della produzione e utilizzazione di biogas e idrogeno, l’aumento della capacità delle rinnovabili sino a 60 GW nel 2050, nonché l’ampliamento di sistemi di cattura, stoccaggio e riutilizzo della CO2 e lo sviluppo di piani di gestione delle foreste in vasti compartimenti tropicali, come previsto nello schema REDD+ delle Nazioni Unite”.

Secondo i piani, quindi, per il 2050 Eni sarà diventata totalmente carbon neutral (l’annuncio è arrivato già qualche mese fa, con il Piano strategico che Eni ha presentato nel 2021). Per supportare questo impegno, nei prossimi 4 anni il 20% del capex medio sarà destinato a espandere le attività nelle rinnovabili, nella bio-raffinazione e nell’economia circolare.

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