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Bazooka anti-crisi del Fmi da 650 mld di dollari

Gilead

E’ stata decisa il 2 agosto, dopo un complesso confronto fra Stati membri ed economisti, ma è diventata effettiva oggi. Si tratta della più grande iniezione di liquidità finora messa a disposizione dell’economia globale dal Fondo monetario internazionale: risorse pari a circa 650 miliardi di dollari in Diritti Speciali di Prelievo (DSP o Special Drawing Rights, SDR) ovvero “un’allocazione senza precedenti” in risposta alla crisi sistemica provocata dal Covid. Un’iniezione che, “se utilizzata bene, rappresenta un’opportunità unica per combatterla”, ha dichiarato il numero uno del Fondo, Kristalina Georgieva in occasione dell’entrata in vigore della misura straordinaria per dare ossigeno alle economie più povere del pianeta.

Vale la pena ricordare che il ricorso ai prelievi speciali è stato deliberato solo cinque volte nella storia dell’Istituto di Bretton Woods, quasi sempre per spingere la liquidità e calmare i mercati finanziari in momenti di grave crisi. Così è stato, per esempio, nel 2009, durante la Grande Recessione, quando furono mobilitati oltre 204 miliardi di DSP (equivalenti a circa 313 miliardi di dollari) a sostegno della liquidità globale. Operazione che, anche allora, passò attraverso un aumento delle disponibilità concrete di SDR del Fondo deliberato dai suoi paesi membri con voto ponderato (e l’accordo degli Usa, “azionista di maggioranza” del Fmi, che detiene oltre il 16% dei voti e un sostanziale potere di voto su ogni decisione del Fondo).

“L’allocazione di DSP – ha aggiunto Georgieva in una nota – assicurerà liquidità aggiuntiva al sistema economico globale integrando le riserve valutarie dei Paesi e riducendo la loro esposizione ai debiti” dovuta alle maggiori spese per gestire la pandemia.

I DSP, come previsto dallo statuto del Fondo, sono assegnati in base alla quota versata da ogni Paese al FMI – l’Italia con poco più del 3% delle quote del FMI avrebbe diritto a quasi 20 miliardi di dollari in DSP – ma le dichiarazioni della direttrice del Fondo lasciano chiaramente intendere che l’intervento è finalizzato soprattutto a soccorrere le economie più deboli del mondo e colpite più duramente dalla pandemia. Paesi che utilizzeranno le allocazioni per sostenere la propria economia e combattere meglio gli effetti devastanti della crisi attuale. Si tratta quindi di un intervento “convenzionale” di cui difficilmente un Paese del G7 come il nostro (oggi anche presidente del G20) che riceverà dall’Ue quasi 200 miliardi di euro per il proprio Pnrr, potrà beneficiare direttamente. Un’ipotesi che, prima dell’adozione di Next generation Ue, era stata ventilata da economisti come Domenico Lombardi e Jim O’Neill sollevando accesi dibattiti interni.

L’allocazione, precisa non a torto Georgieva, “mobilita circa 275 miliardi di dollari per le economie emergenti e in via di sviluppo, cioè – in alcuni casi – l’equivalente di quasi il 6% del Pil”. I Paesi che utilizzeranno concretamente la loro quota di DSP possono decidere autonomamente, ma in modo “trasparente e rendicontato”, come meglio utilizzare le risorse per massimizzarne i benefici. A tal fine, il Fondo ha anche predisposto un quadro di riferimento per la valutazione delle ricadute macroeconomiche delle allocazioni e ribadito che il loro utilizzo dovrà essere “prudente e ben giustificato”.

Con la valutazione d’impatto, il FMI fornirà anche regolari aggiornamenti sulle quote di SDR detenute o scambiate dai vari Paesi, un annuncio che Georgieva ha formulato invitando ancora una volta i Paesi più ricchi a cedere i loro DSP ai Paesi più poveri e vulnerabili per esempio attraverso il Poverty reduction and growth trust già istituito dal Fondo.

“Negli ultimi 16 mesi – rammenta la direttrice del Fmi– alcuni Paesi membri hanno promesso di devolvere fino a 24 miliardi di dollari, 15 dei quali in DSP, al fondo per la Riduzione della Povertà che concede prestiti agevolati ai Paesi a basso reddito”. Inoltre, l’istituto di Washington, assicura il suo numero uno, “continuerà a lavorare con gli altri Paesi membri per intensificare gli sforzi in questa direzione e per costruire il consenso sulla creazione di un nuovo fondo, il Resilience and sustainability trust, che aiuterà i Paesi più vulnerabili ad utilizzare i DSP per finanziare riforme strutturali e rispondere alla sfida del cambiamento climatico”.

Le nuove risorse, insomma, pur senza corrispondere esattamente a una valuta precisa, non sono un prestito e non dovranno essere restituite. Potranno invece essere “determinanti”, come auspica la direttrice del FMI, per la ripresa post-Covid dei Paesi più deboli perché possono essere “scambiate” con valute forti e finanziare operazioni di sostegno dei Paesi in crisi. Come suggerisce il Fondo, possono essere canalizzate per sostenere prestiti allo sviluppo presso le banche internazionali oppure permettere di pagare vaccini anti-Covid e portare a termine le campagne vaccinali laddove le dosi scarseggiano oppure non riescono a raggiungere ampie fasce della popolazione.

Il bazooka anti-crisi messo in campo dal Fondo Monetario Internazionale a sostegno delle economie colpite dal Covid include anche 117 miliardi di dollari di finanziamenti extra per 85 Paesi, la riduzione del servizio del debito per 29 Paesi a basso reddito nonché una serie di sostegni allo sviluppo di competenze specifiche per incentivare la ripresa in oltre 175 Paesi travolti dalla Pandemia.

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