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Durigon e Cirinnà, le parole e i pensieri pesano

Gli ultimi casi, molto diversi tra loro, sono quelli di Claudio Durigon e Monica Cirinna’. La lunga sequenza di scivoloni, provocazioni e idiozie prodotte dai politici italiani può essere letta con un approccio più ampio rispetto alle singole, spesso misere, performance.

Le parole hanno un peso, sicuramente accentuato dalla velocità e dalla frenetica e confusa corsa con cui rimbalzano sui social network. Nascono nell’euforia di un comizio, o nella foga di raccontare un’estate difficile, e finiscono per diventare la ragione di un siluramento o macigni sulla reputazione personale.

Le parole però sono anche la forma che prendono i pensieri sottostanti. Non si possono sempre derubricare a gaffes, a sfondoni e fortuite cadute di stile. Chi ha un ruolo e una responsabilità dovrebbe avere ancora più cura delle parole. E invece il frullatore della comunicazione, in cui la distinzione fra vita personale e ruolo pubblico è sempre più confusa, alimenta la pericolosa tendenza a parlare troppo, a voler soddisfare con le parole l’ansia di conquistare consenso.

Vale per una proposta (il parco ‘Falcone e Borsellino’ da reintitolare a Mussolini a Latina) fuori dalla storia e dalla Costituzione, come quella dell’ormai ex sottosegretario leghista all’Economia Durigon, e per la sguaiata rappresentazione del rapporto con la ‘cameriera’ dell’esponente Dem Cirinna’.

Durigon, spiegando le sue dimissioni, centra un parte del problema. “Un processo di comunicazione si valuta non in base alle intenzioni di chi comunica, ma al risultato ottenuto su chi riceve il messaggio: è chiaro che, nella mia proposta toponomastica sul parco comunale di Latina, pur in assoluta buona fede, ho commesso degli errori”. Nel suo caso, non solo parole ma anche pensieri in libertà. Pensieri incompatibili con l’antifascismo della Costituzione che lo hanno giustamente costretto alle dimissioni.

Anche Monica Cirinna’ ha dovuto chiedere scusa. “Quando si sbaglia ci si scusa. Mi scuso quindi per le parole errate usate in questo momento difficile per dire che senza l’aiuto prezioso di una nostra collaboratrice ho avuto difficoltà”. Si riferisce alle lamentele per “la cameriera strapagata, e con tutti i contributi Inps in regola” che l’ha abbandonata proprio quando era “già nei pasticci” (la storia dei 24mila euro ritrovati nella cuccia del cane). In questo caso, se non ci sono valori costituzionali violati, c’è la pessima rappresentazione con le parole di un pensiero sottostante (la considerazione della dignità del lavoro e delle persone) che non comporterà dimissioni ma che inevitabilmente compromette quello che dovrebbe essere il bene primario di un politico, la reputazione.

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