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Sul Pil peseranno politiche Bce e riforma Patto stabilità

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Ottimismo e cautela. L’economia italiana cresce e per due trimestri consecutivi contende il timone delle economie in ripresa a diversi Stati europei, e persino Oltreoceano. A via XX Settembre confermano quest’anno l’aumento del Pil, il prodotto interno lordo, fino al 5,9% come attesta anche l’Ocsema l’obiettivo resta rendere strutturale l’andamento attuale. Non sarà facile. Le attese principali riguardano l’attuazione degli investimenti previsti dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. I progetti andranno completati e le risorse spese entro il 2026. Centonovantuno miliardi di euro – in parte prestiti, in parte finanziamenti – che il Next Generation Eu mette a disposizione dell’Italia per uscire dalla crisi post-pandemica. Investimenti pubblici che da soli però non basteranno se il mondo delle imprese non procederà di pari passo. “Il ruolo dell’iniziativa e del risparmio privati restano fondamentali”, ha detto il ministro dell’Economia, Daniele Franco, intervenendo al Forum Ambrosetti di Cernobbio.

Ci sono tuttavia due temi, da cui i dati di crescita non possono prescindere. Il primo: le scelte di politica monetaria della Bce. Il secondo: il ripristino o, se l’Ue manterrà le promesse, la modifica a fine emergenza delle regole del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) per tenere a bada il rapporto debito pubblico-Pil degli Stati e il loro deficit.

Sulla direzione che seguirà l’Istituto di Francoforte, che per sostenere l’economia del Vecchio Continente da inizio pandemia sta comprando titoli di Stato per 60 miliardi al mese, peseranno gli indici di inflazione. Ma è improbabile che il Pepp –il Pandemic Emergency Purchase Programme – subisca un’improvvisa frenata che, pure, i cosiddetti Paesifrugali’ auspicano. Di certo, gli imponenti acquisti che l’Eurotower sta effettuando attraverso le Banche centrali permettono una formidabile iniezione di liquidità nelle casse di Paesi come il nostro. Che, avendo fatto ricorso a ulteriore e massiccia spesa a causa del Covid, hanno visto aumentare con scatti poderosi il proprio debito pubblico. Un aspetto questo che resta in cima alle preoccupazioni dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, perché dalla riduzione progressiva del debito dipenderà la tenuta dei conti pubblici e la stabilità della crescita. Assicura il ministro Franco: “I segnali che abbiamo quest’anno sono incoraggianti, chiuderemo con un deficit e un debito un po’migliori di quanto indicato nel Def. L’anno prossimo scenderà ulteriormente e verso la fine del decennio convergerà verso i livelli pre-pandemici”. C’è, dunque, da attendere. L’Italia è al lavoro per stringere i tempi per le nuove regole del PSC, che siano meno rigide e che non mettano a rischio la ripresa. Anche il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, si muove in questa direzione.

In ogni caso il 2022 fissa una doppia scadenza. Entro la fine di marzo dovrebbe terminare il piano straordinario della Banca Centrale Europea per comprare i titoli nazionali, aumentare la moneta a debito in circolazione ed abbassare i tassi di interesse. Alla fine dello stesso anno si chiude il triennio di sospensione del Patto di Stabilità. Un accordo che secondo il sottosegretario agli Affari europei, Enzo Amendola, “anche prima del Covid aveva dato già dimostrazione di non essere un elemento su cui l’Europa poteva costruire competitività a livello globale, e anche tenuta e crescita sociale a livello interno”.

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