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Evergrande la nuova Lehman Brothers?

Era il 15 settembre 2008 quando crollò Lehman Brothers. Sono passati tredici anni e lo spettro di un nuovo clamoroso fallimento si aggira sui mercati internazionali, quello della cinese Evergrande. Se l’espressione ‘too big to fail‘ divenne allora improvvisamente un ritornello stonato, lasciar implodere la quarta banca d’affari americana sembrò, da subito, un errore fatale. La crisi dei mutui subprime toccò il suo apice e le conseguenze si trascinarono per anni, non solo negli Stati Uniti, ma con una forza e una diffusione globali.

Oggi ci si chiede se una nuova bolla, quella immobiliare cinese, possa creare le condizioni per un nuovo contagio globale. Rispondere con certezza non è facile neanche per gli analisti più attenti. Ci sono però sicuramente dei fattori che evidenziano alcune sostanziali differenze con quanto accaduto tredici anni fa.

Sicuramente il gigantesco gruppo immobiliare cinese è vicino al fallimento. Non ha pagato una somma rilevante di interessi sui prestiti bancari e la scadenza di cedole per quasi 100 milioni di dollari sembra un banco di prova difficile da superare. Il vero interrogativo riguarda l’effetto di un default sull’intero mercato immobiliare cinese e, a catena, l’effetto sui mercati finanziari internazionali. E il nervosismo delle ultime sedute di Borsa, con le perdite accumulate dai colossi di Wall Street, sembra un campanello d’allarme.

Ma c’è una considerazione da fare rispetto alla possibilità che una crisi cinese possa propagarsi direttamente a livello globale. Evergrande non è Lehman Brothers, perché una cosa è il rumoroso crollo di un gruppo immobiliare che ha interessi e investitori quasi esclusivamente in Cina, un’altra l’insospettabile e choccante implosione di uno dei giganti di Wall Street. È vero che i mercati sono globalizzati, ma gli shock non sono paragonabili. Quello legato ai mutui subprime era un problema di sistema e la diffusione di titoli tossici era una tendenza difficilmente controllabile.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è la credibilità e la capacità di reazione delle autorità di regolazione. Se con Lehman Brothers veniva allo scoperto una sostanziale omissione di controllo, che aveva contaminato prima il sistema finanziario e poi l’economia reale, oggi l’attenzione è sicuramente superiore, anche grazie a quello shock. Nel 2008, un sistema evidentemente marcio rischiava di implodere. Nel 2021, nonostante le conseguenze di un anno di pandemia Covid, lo stato di salute dei mercati è sicuramente diverso.

C’è poi un altro aspetto, che riguarda più da vicino il contesto cinese. Negli ultimi tempi, il governo sta stringendo le maglie e imponendo regole severe per riportare entro limiti gestibili la crescita esponenziale e rapidissima degli ultimi anni. Difficilmente potrebbe consentire oggi un default disordinato di un colosso come Evergrande. È quindi presumbile che si stia già lavorando per limitare il rischio di una propagazione rapida e diffusa già da qualche mese. Restano, certo, le conseguenze dello scoppio di una bolla, quella immobiliare, che sicuramente farà sentire a lungo le sue conseguenze.

 

 

 

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