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Quello di Fanpage è un caso eclatante. E la sintesi del direttore Francesco Cancellato deve essere un punto di partenza per una riflessione seria sulla libertà di stampa.

“Grazie. È l’unica cosa che riusciamo a dire, dopo queste incredibili ventiquattro ore. La polizia postale ci ha notificato il decreto con cui la Procura di Roma ha disposto la revoca del sequestro preventivo e dell’oscuramento dei video relativi all’inchiesta Follow The Money sui fondi della Lega. Grazie, quindi. Perché senza l’enorme mobilitazione in difesa di Fanpage.it di colleghi, politici e di tanti, tantissimi cittadini, non crediamo che tutto questo sarebbe accaduto. Grazie, anche se non c’è nulla da festeggiare perché abbiamo semplicemente difeso un diritto che credevamo acquisito, quello della libertà della stampa, che invece ci era stato improvvisamente e incredibilmente negato”.

E’ indispensabile ripartire da qui. Per farlo, va ricordata anche la motivazione del sequestro.

Nel video del giornale on line, ricorda la redazione di Fanpage.it, “l’onorevole Claudio Durigon diceva a un suo interlocutore che non bisognava preoccuparsi dell’inchiesta della procura di Genova sui 49 milioni di euro che la Lega avrebbe sottratto allo Stato italiano perché il generale della Guardia di Finanza ‘l’abbiamo messo noi'”. Affermazioni che, secondo il decreto di sequestro del Tribunale capitolino, apparivano “lesive dell’immagine e della reputazione professionale e personale del comandante generale della Guardia di Finanza”, il generale Giuseppe Zafarana.

Il rapido passo indietro della Procura di Roma dimostra l’enormità del primo provvedimento e rappresenta un’ammissione implicita di fronte a un eccesso di zelo che calpestava un diritto, la libertà di stampa, e che, evidentemente, non aveva alcuna consistenza giuridica.

Le parole di Cancellato vanno però, giustamente, oltre. Fanpage ha la forza e la massa critica per reagire, per dare a una prevaricazione una risonanza tale da renderla insostenibile.

Ma la libertà di stampa è continuamente messa alla prova da una serie di attacchi più o meno espliciti, più o meno codificati. Arrivano dall’interno e dall’esterno del mondo dell’editoria. Ci sono innanzitutto gli interessi, non solo economici, a fare la differenza. Le pressioni, i ricatti, le intimidazioni passano spesso per le vie legali, anche solo minacciate, e per rapporti di forza che sono sempre più sbilanciati, con i giornalisti e gli editori sempre meno capaci di sottrarsi.

C’è anche la convenienza personale a minacciare la libertà di stampa. E spesso la difesa del giornalismo si perde nell’ipocrisia di posizioni ostentate con la stessa determinazione con cui diventano compromesso, passo indietro, alla prima occasione utile.

La libertà di stampa è un valore assoluto. Ma va difeso tutti i giorni, scelta per scelta, riunione per riunione, pezzo per pezzo. Facendo i conti con le difficoltà e con la tentazione di prendere strade più brevi e meno faticose da percorrere.

La storia di Fanpage e le parole di Cancellato possono aiutare a indicare una direzione. Poi, insieme al rispetto delle leggi, per difendere la libertà di stampa servono soprattutto i giornalisti, e magari anche gli editori, disponibili a onorarla.

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