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Il Bitcoin dei vulcani di El Salvador: è davvero una svolta green?

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Il primo ottobre il presidente di El Salvador Nayib Bukele ha annunciato (su Twitter, dove si definisce il ‘dittatore più cool del mondo’) che la nazione aveva appena estratto il suo primo Bitcoin usando energia geotermica. Energia generata dai getti di vapore provocati da un imponente vulcano circondato dalla giungla tropicale del Paese.

E le borse, affamate di buone notizie sulle criptovalute tanto quanto le criptovalute lo sono di energia, hanno subito reagito, valorizzando i precoci presagi degli investitori di una possibile svolta green all’orizzonte per il mondo delle monete basate su blockchain.

L’eruzione dei mercati

Un’ora dopo l’annuncio, il Bitcoin era salito a 47.300 dollari di valutazione, da 44.900, superando la soglia dei 48mila nel pomeriggio americano, totalizzando una crescita del 6,9% e una valutazione di 58 mld di dollari.

Queste oscillazioni sono, molto spesso, legate alle notizie relative all’energia utilizzata dai pc dei miners. L’energia, con una certa regolarità, guida le oscillazioni del prezzo soprattutto da quando Elon Musk (che resta uno dei maggiori fan delle criptovalute) ha lasciato di sasso i crypto-entusiasti annunciando che Tesla non avrebbe accettato pagamenti in Bitcoin fino a che non si fosse raggiunta un’accettabile quota di energia rinnovabili nel processo di estrazione informatica (il mining) necessario per produrli.

In questo caso è molto probabile che gli investitori si siano lanciati pensando che la notizia su El Salvador e l’energia pulita dei suoi vulcani avrebbe attenuato le preoccupazioni relative all’inquinamento generato dalla produzione della criptovaluta. Recentemente, anche l’Fmi ha ricordato il problema in un paper. Nel Fondo monetario internazionale l’ecosistema crypto comincia ad essere accettato, perché non si può ignorare un mondo da duemila mld di dollari. Ma restano le preoccupazioni sulle conseguenze per la stabilità finanziaria, oltre a quelle relative alle emissioni.

Gianluca Grossi di Criptovaluta.it definisce quella di El Salvador una “notizia straordinaria per tutti gli appassionati di BTC, ma anche per chi ha già investito nel coin. Il motivo è semplice: questa potrebbe essere la svolta green che tutti aspettavano per un’ulteriore espansione di BTC in ambito corporate e finanziario”.

L’annuncio del presidente salvadoregno risale al giugno scorso, quando ha assegnato a un’azienda, LaGeo Spa, il compito di creare una rete per sfruttare l’energia geotermica “100% rinnovabile” sprigionata dai vulcani mettendola al servizio dell’estrazione di Bitcoin. Un’estrazione alla quale potrebbe aver partecipato direttamente lo Stato.

“In prima battuta si era parlato di offrire questa opportunità a società di mining private – prosegue Gianluca Grossi – mentre da quanto si potrebbe comprendere dallo screenshot offerto da Bukele, potrebbe trattarsi di un’operazione con partecipazione statale”.

Quelle che stanno nascendo a El Salvador come in altri Paesi emergenti “sono possibilità che sono nate anche grazie al passo falso della Repubblica Popolare Cinese – prosegue Grossi – che ha costretto alla fuga imprese e privati che si occupavano di Mining Bitcoin”.

epa09470641 Thousands of people participate in a day of protests against the Government of President Nayib Bukele, in San Salvador, El Salvador, 15 September 2021. Thousands of Salvadorans protested in the streets of the capital of El Salvador against the Government of Nayib Bukele for various decisions taken in just over two years of administration, such as the adoption of bitcoin and the ‘authoritarian’ drift of the president, according to various sectors. EPA/Rodrigo Sura

La tappa del 7 settembre

Il piano di Bukele è stato incentrato sul rendere El Salvador il primo paese ad accettare Bitcoin come moneta legale, un piano annunciato sempre a giugno. Il 7 settembre, il Bitcoin è diventato una valuta ufficiale nella nazione, che si è riempita di sportelli Bitcoin, mentre le aziende locali ora sono costrette ad accettarli come pagamento, nonostante la volatilità della moneta virtuale rappresenti un problema per chi protesta perché vede un determinato incasso diminuire (o aumentare) di valore nel giro di ore o minuti.

Ma quanto è valso il debutto di El Salvador nel mining? Il primo ottobre, l’impianto geotermico ‘Berlino’ ha prodotto solo un centesimo di Bitcoin, per ora.

Quanto vale la scommessa di El Salvador sul Bitcoin?

Il primo screenshot twittato dal presidente riportava la creazione di poco più di 0,01 BTC, che ai prezzi attuali valgono poco più di 450 dollari, riporta Criptovaluta.it. “Una piccola somma ma siamo ancora in fase di test e con ogni probabilità con soltanto una frazione delle macchine ASIC (i processori utilizzati per l’estrazione, ndr) online”.

Alex de Vries, un economista olandese il cui sito web tiene traccia del profilo ambientale di Bitcoin, ha detto a Shawn Tully di Fortune che l’iniziativa di El Salvador sia “principalmente una trovata pubblicitaria”, e che a giudicare dal primo output di un centesimo e dalla scarsa quantità di macchine a disposizione per l’estrazione (mostrate dallo stesso Bukele in un video) ci si possa aspettare l’estrazione di un Bitcoin al giorno dal centro di mining. Poche migliaia di dollari. “L’intera operazione è stata una buona pubblicità per il Bitcoin”, afferma de Vries. “Ma El Salvador è totalmente non competitivo come luogo per l’estrazione mineraria”.

D’altra parte, il fatto che sia una trovata pubblicitaria non significa che la notizia non possa avere conseguenze importanti.

Va ricordato che oltre ai tentativi di produrli, Bukele si è portato molto avanti sull’adozione da parte della nazione della criptovaluta (tra le proteste di molti cittadini).

Proprio Bukele ha riferito che 2,73 milioni di cittadini stanno usando il wallet Chivo, il principale strumento di gestione di Bitcoin del Paese.

Le conseguenze sull’energia

El Salvador ha due impianti geotermici che producono un quarto della capacità elettrica del Paese. Mostrarli al mondo potrebbe convincere i miners senza casa cacciati dalla Cina a trasferirsi all’ombra dei vulcani del centro America.

Eppure, nota ancora Shawn Tully di Fortune, a El Salvador il costo dell’elettricità per scopi industriali va dai 12 ai 15 centesimi al MWh. Sembra che gli esiliati da Pechino stiano preferendo trasferirsi in Iran e Kazakistan, ad esempio: due nazioni ad alta intensità di carbone, con costi per l’elettricità tra i 3 ei 5 centesimi. Un nuovo progetto ad Alberta, in Canada, che funziona a gas naturale, offre energia a 3 centesimi. Non proprio un mining ‘pulito’.

Oltretutto El Salvador importa già ora il 20% della sua energia. Offrire parte di quella pulita dei vulcani ai miners significherebbe doverne importare un’ulteriore quota dall’estero per soddisfare la normale domanda interna (con i consumatori che potrebbero ritrovarsi con bollette più alte). E il principale fornitore del Paese è il Guatemala, che produce il 40% della sua energia attraverso combustibili fossili.

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