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Sovranisti sconfitti, Letta festeggia (ma anche Draghi)

Non era, né poteva essere, un giudizio sul governo. Ma questa tornata amministrativa portava con sé talmente tante sfide personali per i leader dei partiti, sia di maggioranza che di opposizione, che l’esito non avrebbe comunque potuto essere indifferente per le sorti di un esecutivo che già deve muoversi tra le turbolenze politiche determinate dall’elezione del prossimo capo dello Stato.

Indubbiamente c’è un vincitore, Enrico Letta, e uno sconfitto, la destra sovranista di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. E, probabilmente, a sorridere in queste ore è anche il presidente del Consiglio perché in fondo a essersi indebolito è il populismo tout court, mentre si rafforzano i partiti che hanno scelto la linea della “responsabilità”. Enrico Letta lo dice esplicitamente: questo risultato “rafforza l’Italia perché rafforza il governo Draghi”. Non è un caso che il presidente del Consiglio abbia deciso di anticipare a domani, invece che aspettare giovedì, il Cdm sulla delega fiscale.

Quanto il risultato lusinghiero (tre città conquistate dal centrosinistra al primo turno e due ballottaggi) sia merito del segretario dem o demerito degli avversari è difficile a dirsi. Di certo, il pasticcio fatto dal centrodestra sulle candidature ha rovesciato un pronostico che appena qualche mese fa era totalmente favorevole. Il leader della Lega fa autocritica, dice che la prossima volta ci si deve muovere per tempo. Non può certo ammettere che l’errore stava proprio nelle persone scelte. O meglio, nella logica con cui sono state indicate: non il migliore che si potesse mettere in campo e non di concerto, ma in competizione l’uno con l’altro, soprattutto tra lui e Meloni.

Gongola invece Silvio Berlusconi. Lontano da tempo dalla scena politica, ha dimostrato non soltanto che contro tutti i pronostici Forza Italia è ancora viva, ma anche che forse nella sedicente coalizione bisognerebbe seguire un po’ di più la linea moderata che indica. D’altra parte, l’unica vera e abbondante vittoria per il centrodestra è quella che porta a casa in Calabria l’attuale capogruppo azzurro alla Camera, Roberto Occhiuto.

Enrico Letta lo sa e mette il dito nella piaga. “Senza Berlusconi che fa da federatore questa destra non vince”, dice. Non parla solo del campo avversario, ma anche del suo. Perché in sostanza è proprio al ruolo di federatore, ovviamente del centrosinistra, che si candida. Soprattutto adesso che, grazie alla vittoria nel collegio di Siena che fu di Pier Carlo Padoan, può tornare in Parlamento e provare a gestire in prima persona quei gruppi in cui a dominare sono ancora gli ex renziani. “Abbiamo vinto perché abbiamo privilegiato l’unità, prima di tutto interna al partito, in secondo luogo unità nel centrosinistra, infine unità del Paese dopo un momento difficile”, dice. Ma soprattutto, aggiunge, “abbiamo dimostrato che la destra è battibile” e che “si vince se si allarga la coalizione, anche oltre il Pd”.

Il tema è ovviamente quello dell’alleanza con il M5s che pure esce abbastanza con le ossa rotte da questa tornata amministrativa: perde le due città che amministrava (Roma e Torino), al Nord praticamente non esiste e, in sintesi, raccatta qualcosa solo dove hanno scelto la strada dell’allenaza giallorossa. “Vanno bene quando sono in coalizione con noi. Sarà un percorso graduale, ma di convergenza credo abbastanza naturale”, è la previsione di Letta.

 

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