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La Lega di lotta e di governo riapre la questione green pass

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La Lega di lotta e di governo, questa volta, si ritrova dalla stessa parte e riapre un capitolo che, almeno nella maggioranza, sembrava chiuso con l’accordo di tutti: l’obbligo di green pass che scatterà dal 15 ottobre – dicono – rischia di creare il caos nei luoghi di lavoro. Lo affermano all’unisono, in due interviste speculari, i due governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga. E Matteo Salvini ci mette subito il carico da novanta. Una manovra a tenaglia nient’affatto casuale che mira, tra l’altro, a far dimenticare l’immagine di un partito che, com’è accaduto spesso nelle ultime settimane, sembra viaggiare in due direzioni diverse. Questa volta la richiesta è unanime: modificare il decreto e allungare la durata della validità dei tamponi rapidi da 48 a 72 ore. Ma il Carroccio resta solo e si becca non soltanto le critiche del Pd ma anche il gelo di Forza Italia.

Il presidente del Veneto, che pure in più occasioni si è mostrato molto lontano da posizioni no vax, avverte: “Non saremo in grado di offrire a tutti i non vaccinati un tampone ogni 48 ore. Gli imprenditori con cui parlo io sono preoccupatissimi”. Anche perché nella sua regione gli anti vaccino sono “sono 590mila nella fascia compresa tra i 18 e i 69 anni“. “Poniamo che la metà di loro lavori. Ebbene, noi in Veneto, facciamo circa 50mila tamponi al giorno per i positivi e i loro contatti stretti, più altri 11 mila nelle farmacie. Sono 60mila test”. Insomma, a suo giudizio, “non c’è la capacità di controllare tutti i non vaccinati ogni due giorni“. Da qui la richiesta: “Semplifichiamo le procedure per il tampone. Se il Veneto non è in grado di garantire la capacità di test non ce la faranno neanche le altre regioni, temo”.

Il governatore del Friuli Venezia Giulia spiega di aver posto la questione anche durante la conferenza Stato-Regioni di cui è presidente. “Non possiamo penalizzare le aziende in questa fase fondamentale di ripresa” dice, spiegando di rietenere “una proposta utile da valutare” quella di autorizzare le imprese all’auto-somministrazione dei test nasali rapidi. “Se si sceglie di percorrere questa strada, però, bisogna fare presto, perché il 15 ottobre è arrivato e le aziende non possono organizzarsi dall’oggi al domani. E in molti casi, pensi ad esempio agli autisti del trasporto pubblico locale, non possono permettersi di lasciare a casa i lavoratori, perché non sanno come sostituirli”.

Il leader della Lega si mette subito in scia e, via Twitter, rilancia: “Allungare il green pass da 48 a 72 ore è possibile, anzi doveroso. Fondamentale evitare caos, blocchi e licenziamenti il 15 ottobre”. Solo che nella maggioranza nessuno li segue, nemmeno Forza Italia che, pur riconoscendo il problema, intravede un’altra soluzione di segno completamente opposto. “Gli imprenditori – spiega la capogruppo azzurra in Senato Annamaria Bernini – giustamente temono di veder ridotta la produttività delle aziende, i sindacati lo scontro fra lavoratori vaccinati e no vax. Va valutata davvero molto seriamente da parte del governo l’opportunità di introdurre l’obbligo vaccinale, perché non si può rischiare di compromettere da una parte la salute pubblica e dall’altra la ripresa economica. Lo abbiamo sempre considerato una misura estrema, che ora va presa in seria considerazione”.

Piccata, quasi sarcastica, è la replica del Pd, attarverso Francesco Boccia. “Sembrava una polemica superata, invece ci risiamo. La Lega torna a cavalcare il no al green pass per chi lavora in azienda, quando sono state le aziende per prime a volerlo. Essere vaccinati tutela tutti, se stessi e chi ci sta accanto”.

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