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Pa e smart working. Nasce il ‘telelavoro domiciliare’

coronavirus smart working

A casa come se si fosse in ufficio, con gli stessi vincoli di orario (ma anche annessi buoni pasto e straordinari). E con la possibilità di lavorare anche dall’estero. Si delinea con sempre maggiore precisione il doppio binario dello smart working nella Pubblica amministrazione. In un incontro con i sindacati, il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, ha presentato il testo che, tra l’altro, istituisce una forma di home working non esplicitamente prevista all’interno dalla normativa italiana. La legge 81 del 2017, infatti, parla solamente di organizzazione per obiettivi. E, invece, in questo caso si prevede anche che “il lavoro da remoto può essere prestato anche, con vincolo di tempo e nel rispetto dei conseguenti obblighi di presenza derivanti dalle disposizioni in materia di orario di lavoro, attraverso una modificazione del luogo di adempimento della prestazione lavorativa, che comporta la effettuazione della prestazione in luogo idoneo e diverso dalla sede dell’ufficio al quale il dipendente è assegnato”.

Dunque, nasce il “telelavoro domiciliare”, ma la possibilità di lavorare a casa propria non è l’unica che consente di scegliere l’organizzazione a orario fisso, c’è anche l’opzione “coworking o il lavoro decentrato da centri satellite”.

Ci sono ovviamente alcune condizioni da rispettare. Ci deve essere il reciproco accordo, e quindi “il consenso del lavoratore” e inoltre si precisa che “di norma” esso viene effettuato “in alternanza con il lavoro svolto presso la sede dell’ufficio”. Si deve poi trattare di attività “previamente individuate dalle stesse amministrazioni” in cui “sussistono i requisiti tecnologici che consentano la continua operatività e il costante accesso alle procedure di lavoro e ai sistemi informativi”.

In assenza dei tornelli, come avviene il controllo? Il testo del contratto parla della necessità di “affidabili controlli automatizzati sul rispetto degli obblighi derivanti dalle disposizioni in materia di orario di lavoro”. Infine, “l’amministrazione concorda con il lavoratore il luogo ove viene prestata l’attività lavorativa ed è tenuta alla verifica della sua idoneità”.

Nessun limite territoriale previsto. Sarà possibile fare smart working dall’estero, anche nella versione per obiettivi, purché siano garantite le condizioni minime di tutela della sicurezza del lavoratore nonché la piena operatività della dotazione informatica e la riservatezza dei dati. Rispetto alla bozza iniziale, infatti, èstata cancellata la frase secondo la quale la prestazione può essere eseguita fuori dai locali dell’amministrazione “ma in ogni caso entro i confini del territorio nazionale”.

 

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